L’allenatore leccese sta guidando il Napoli alla scudetto. Non mollerà fino alltimo istante di campionato. Ha recuperato e rilanciato giocatori importanti, Napoli e i napoletani lo amano. Comunque vada sarà un successo.
di Ludovico Malorgio – Redazione Panatlon Lecce
Antonio Conte non è cambiato. E’ sempre lui, un allenatore vincente! Ancora una volta si è preso la scena da del calcio italiano. Era accaduto con la Juventus, con cui ha conquistato tre scudetti, con l’Inter e in Inghilterra con il Chelsea con cui ha messo in bacheca uno scudetto e una Coppa d‘Inghilterra. Ha vinto tutto, nel suo ricco ‘palmares’ ci sono scudetti, coppe, supercoppe e una Champions. E’ stato vice campione del mondo con la nazionale di Sacchi a ‘Usa 1994’,vice campione europeo nel 2000 ed ha condito questi successi con tre ‘panchine d’oro. Mai sazio di vittorie, ambizioso, pragmatico, instancabile nel lavoro, fine mental-coach, non ha paura di mettersi in gioco, anzi il rischio lo affascina, è stimolato dalle imprese difficili. Anche per questo ha scelto di allenare il Napoli.
NUMERO UNO – Antonio Conte è un numero uno del calcio italiano. Con Guardiola e Ancelotti è anche ai vertici nell’attuale panama calcistico internazionale. Sempre primo nella vita e nel lavoro. Lo chiamano il “martello” per quel suo modo di tenere sempre sulla corda i suoi giocatori, di stimolarli negli allenamenti e in campo. Volontà, grinta, sacrificio, voglia di vincere, intelligenza calcistica sono impressi nel suo Dna.
UOMO DEL SUD – E’ nato a Lecce il 31 luglio del 1969, sin da piccolo, per lui lo studio e il calcio hanno sempre avuto un percorso parallelo. Bravo a scuola e leader in campo ca calciatore. Il diploma di ragioniere, il diploma ISEf, poi la Laurea in Scienze motorie all’Università degli Studi di Foggia sono le tappe del suo percorso di studente. Dopo aver appeso le scarpe al chiodo ha scelto di fare l’allenatore, ma il dottor Conte non ha mai smesso di allargare le sue conoscenze per applicarle nella vita e nel lavoro.
CARATTERE – Il segreto del suo successo è anche nel carattere forte, determinato, risoluto che gli permette si sopportare e superare qualsiasi avversità. In carriera non gli sono mancate le preoccupazioni per gravissimi infortuni. Da ragazzo a 16 anni in uno scontro di gioco riportò la frattura di tibia e perone. Ne uscì alla grande con un meticoloso recupero fisico e mentale. Anche da calciatore affermato ha dovuto fare i conti con infortuni molto seri. Il primo di carattere muscolare nel 1995 gli impedì di prendere parte al Campionato Europeo con la Nazionale italiana dell’anno successivo. Appena ripresosi, in un incontro Italia- Georgia, subì il secondo ancora più grave, la rottura del legamento crociato. Ne venne fuori bene e la carriera prosegui sempre intoppi, da carismatico capitano della Juventus.
PREDESTINATO – Nella vita e nel calcio la famiglia ha avuto un ruolo importante. Papà Cosimo e mamma Ada hanno inciso molto sulla sua formazione.
Nel calcio è stato un predestinato. Il padre Cosimo era il presidente e allenatore della Juventina Lecce, una società con una lunga e gloriosa storia. La maglia bianconera, insomma, era nel suo destino. Dopo i primi calci con papà, a12 anni finì nel mirino di Carmelo Russo, responsabile del settore giovanile del Lecce Calcio, che ne chiese il cartellino. Non fu facile per il compianto ‘don Carmelo’ ottenere il trasferimento di Antonio al Lecce. Ci riuscì dopo alcuni tentativi, ma a condizione che continuasse a mantenere la media alta che aveva a scuola. Così fu e Antonio sì impose anche nelle ‘giovanili’ del Lecce negli anni ’80 cui sbocciavano fior di calciatori, Moriero, Garzya, Morello, Petrachi, Monaco, finiti tutti in serie A. Eugenio Fascetti, allenatore del momento (1984/85) notò subito quel ragazzino che in campo non si fermava mai e lo fece esordire a 17 anni. Furono anni felici e importanti trascorsi da Antonio nelle giovanili giallorosse e nella ‘primavera’, sotto la guida di Ciccio Cartisano, un grande maestro di calcio. Nell’autunno del 1991, dopo 9 presenze nel Lecce di Carletto Mazzone in serie B, fu ceduto alla Juventus di Trapattoni per 7 miliardi di lire. In 13 anni juventini Antonio Conte a Torino ha vinto tutto.
LAVORO – Ai successi da calciatore nella Juventus e in Nazionale, Conte ha aggiunto quelli conquistati in panchina. Da allenatore si è buttato a capofitto in nuovi ed elettrizzanti avventure, rivendicando il diritto di fare le sue scelte professionali in assoluta libertà, senza vincoli campanilistici o sentimentali. ‘Vado dove c’è il lavoro ’, ha sempre detto e disinvoltamente è passato dalla panchina del Lecce a quella della grande rivale Bari, generando reazioni violente dei suoi ex tifosi. Poi ha ripetuto il salto della quaglia passando dalla Juventus all’Inter. Da gran conoscitore dell’ambiente calcistico e dei personaggi che gravitano in quel mondo Antonio si è scelto un ruolo importante, chiaro e coerente con le sue idee. Non è mai stato uno che le manda a dire. E’ accaduto ai tempi delle dispute bianconeroazzure con Mourinho e Materazzi. E’ accaduto anche di recente in Napoli-Juventus con una polemica, spenta sul nascere, con Tiago Motta, causata da una battuta ironica dell’allenatore juventino.
PRIVATO – La sua vita per tutto l’anno si snoda quasi sempre attorno ad un pallone con i suoi collaboratori ed i ragazzi, che sa guidare al successo come pochi. Nel privato Antonio è un uomo di sani principi, di grandi sentimenti e di ammirevoli slanci. Vive a Torino con la moglie Elisabetta e la figlioletta che si chiama, manco a dirlo, Vittoria. Nella città della mole è stato raggiunto anche dai fratelli Gianluca, suo collaboratore tecnico, e Daniele il più piccolo che fa l’imprenditore. Antonio é molto legato a Lecce dove torna spesso per trovare i genitori e d’estate per brevi periodi di vacanza. Ama intrattenersi con i vecchi compagni di giochi e di calcio, tra un bagno ed una partita di calcetto ritrova la spensieratezza e l’allegria. E sul suo volto spesso serio e concentrato torna il sorriso.
A NAPOLI – L’estate scorsa Conte ha preso in mano il Napoli, una squadra ridotta a brandelli con giocatori ‘persi’ dopo l’anno dello scudetto, alcuni dei quali in rotta con la società e con un piede fuori. Esemplari i casi di Di Lorenzo, Anguissa, Rhahmani, Juan Jesus Politano. Antonio li ha recuperati e rilanciati a livello internazionale e li sta guidando con i compagni verso la scudetto. Per strada ha perso Kvaratskhelia, ceduto per 70 milioni al Pais Saint Germain. Non ha battuto ciglio obbedendo alla ragion di stato. Attende un degno sostituto, ma nel frattempo la sua squadra continua a giocare bene e a vincere. Ha già conquistato lo scudetto della stima e dell’affetto dei tifosi napoletani. Ora vuole vincere quello tricolore ben più importante. Si può essere certi che non sarà facile per nessuno privarlo di questa ambita e meritata vittoria alle falde del Vesuvio.