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La prima conferenza stampa ufficiale di Danzi, nuovo C.E.O. dell’Hellas, non ha rivelato alcunché di nuovo e non ha acceso il cuore dei tifosi. La parola “fiducia”, più volte citata, è stata il mantra di tutto l’incontro unitamente a un cordiale buffetto all’ex-presidente Setti, “dichiarazioni incaute” per le sue esternazioni a una radio romana.
Si è prudentemente glissato sul nuovo stadio, che è la vera sottaciuta ragione dell’arrivo della cordata texana. Venendo al mercato, si è ceduto alla Lazio il giovane talentuoso franco-marocchino Belajane – per ora solo un aiuto play – e sono arrivati cinque giocatori tutti da scoprire e (eventualmente) da recuperare. Il match-massacro con la Dea (gli ospiti si sono fermati per non infierire) ha messo a nudo in modo spietato e brutale i limiti dell’Hellas. Vi è stata però – lo dobbiamo sottolineare per onestà critica – la contemporanea e penalizzante assenza di due giocatori fondamentali per l’Hellas: Duda, il solo vero play disponibile, e Serdar, uomo di sbarramento e ripartenza. La mancanza quasi totale di filtro e drenaggio nella terra di mezzo ha travolto in modo imbarazzante la linea difensiva e nel vuoto pneumatico là in mezzo è stato risucchiato sino a spegnersi Suslov, che nelle precedenti partite era stato tra i migliori.
In avanti, dove dovrebbe cominciare la prima difesa, non si inchioda palla, cosicché la squadra non può prendere campo, salire e portare in batteria, sulla distanza medio-lunga, le seconde linee. I difensori Ghilardi, Coppola e Dawidowitz non si sono improvvisamente imbrocchiti. Una massima tattica recita: “Nessuna difesa, per quanto forte possa essere, può reggere senza copertura, senza filtro nel suo avanterra, (il vorland tedesco)“. Il reparto di mezzo ha compiti tattici fondamentali: coprire la linea difensiva, dare equilibrio, recuperare palla per far ripartire la squadra e accompagnare, se possibile, l’azione offensiva. Quando tutti saranno recuperati, occorrerà varare un centrocampo a tre con Duda play basso e con ai lati due incontristi, due “cagnacci” nel senso nobile del termine (Serdar-Kastanos in primisi) per sollevare il play dalla quantità e avere da lui più qualità). Sulla riconquista di palla il play, primo costruttore di gioco insieme con il portiere Montipò, si abbassa tra i due centrali della linea a quattro (ma questo vale anche per la difesa a tre) per impostare gioco, mentre gli esterni bassi si allargano dando ampiezza con le mezze ali pronte a smarcarsi proponendosi per il passaggio. Il play in quel preciso istante tattico vede più campo e può verticalizzare meglio con più velocità e libertà (questa mossa tattica è la “salida”, inventata dall’argentino La Volpe.
Certi falli di Duda, che dovrebbe però essere più riflessivo e meno istintivo, sono dovuti a stanchezza e a frustrazione: ecco perché gli dobbiamo sottrarre la quantità! Un centrocampo “a tre” più muscolare e fisico dà maggiore equilibrio alla squadra, maggiore copertura alla linea difensiva e consente di sganciare più uomini in proiezione verticale. Manca all’Hellas in avanti una punta centrale fisica forte nel gioco aereo che inchiodi palla in attacco, che faccia salire la squadra a prendere campo, che dia un senso tattico compiuto alla costruzione lunga, alla manovra avvolgente sugli esterni e che serva palle d’incontro portando in batteria le seconde linee. Una soluzione questa riscoperta persino da Guardiola con il gigante Haaland sconfessando la sua nota iperbole). Sogliano, formidabile uomo-mercato. Conosce perfettamente il problema ma probabilmente per problemi di bilancio non ha potuto colmare questo limite tattico.
Sempre in avanti i vari Tengstedt, Mosquera, Sarr, Livramento, non inchiodano palla e non vincolo duelli aerei: costringono a giocare solo di ripartenza individuale e a mordere le seconde palle con un dispendio psico-energetico che poi si paga. Solo portando sottomisura i “lunghi” (Coppola, Ghilardi, Dawidowitz) sulle palle inattive l’Hellas può risultare pericoloso nel gioco aereo.
Pochi i cambi rapidi sul fronte dell’attacco con palle a traiettoria semitesa, spiccia e battente per smuovere le difese avversarie, battere pressing, marcature a scalare e raddoppi. Il talentuoso Suslov è solo un trequartista e va impiegato come tale in funzione prevalente mente offensiva dove deve rifinire o finalizzare egli stesso (il suo sinistro è secco e preciso nel medio-lungo). Pertanto il giovane nazionale slovacco può essere impiegato in alcune precise formule offensive: nell’”1+2”. Nel “2+1” o nell’”1+1” se ci si dispone a “3-5-1-1”.
Una buona costante condizione fisico-atletica collettiva, unitamente a un equilibrio tattico ritrovato (sempre corti e compatti nelle due fasi) e ad una forte empatia tra giocatori e tra questi e il tecnico, possono consentire una salvezza che è obiettivo primario di questo Hellas nell’attesa che la cordata texana possa battere colpi importanti nel futuro prossimo.