Piera Vettori – Redazione Castelfranco Veneto Area1 Veneto – Trentino/AA
E’ sempre più difficile scrivere di festa della donna di questi tempi…fino a qualche anno fa il rischio era quello di essere retorici, di dipingere una festività creata quasi più per motivi estetici ed economici che di sostanza. Negli ultimi anni in aggiunta a situazioni sociali molto difficili (pandemia e guerre) si registra un peggioramento delle condizioni della donna in generale: pensiamo all’Afganistan dove alle donne non è più consentito il diritto allo studio, pensiamo all’Iran dove qualche ragazza è stata uccisa per aver indossato in maniera non corretta il velo o per non averlo voluto indossare; pensiamo alle donne della striscia di Gaza; pensiamo alle donne vittime di femminicidio che diventano sempre più frequenti.
La violenza nei confronti delle donne sta raggiungendo livelli di quotidiana follia; sembra quasi che sia impossibile trovare metodi di confronto e di dialogo “normali”, civili; ci sono continui casi di bullismo anche adolescenziale nei confronti delle ragazze e tra ragazze, di stupri di gruppo e non, di omicidi con armi “domestiche”.
Qui non si tratta di violenza, di tipo militare, sempre condannabile perché foriera inevitabilmente di altra violenza (si vedano ad esempio allargamenti dei fronti di guerra).
Qui si tratta di violenza nei confronti di singole donne, spesso ex compagne dei loro assassini.
Forse l’aver cominciato a denunciare (a quanto sembra dai dati a disposizione delle questure e degli uffici dedicati) può essere un tentativo ed un mezzo di contenimento di questa strage ma probabilmente bisognerebbe partire da più lontano, dalla famiglia, dalla scuola, dalle società sportive. Il rispetto per la persona di entrambi i generi e quindi anche della donna deve essere un principio inalienabile, un obbiettivo che dovrebbe essere intrinseco nei valori educativi per i quali non dovrebbe esistere una formazione specifica ma la cronaca quotidiana sembra smentire questa mia opinione. E quindi servono strategie per acquisire quanto già dovrebbe essere lapalissiano, palese ed evidente.
Non solo educazione al bello, al fiore, al regalo dunque, pur importanti, ma educazione al rispetto reciproco di idee, opinioni in tutti gli ambiti, professionale sociale politico religioso.
Lo sport potrebbe essere -e spesso lo è-un mezzo utile: lo sport insegna importanti valori tra cui anche il rispetto per l’avversario e l’accettazione delle sconfitte, insegna il fair play che trasferito dal mondo dello sport al “mondo reale” potrebbe venire in aiuto come una delle possibili strategie antiviolenza. Ma bisogna farlo conoscere di più, divulgare di più, insistere nell’insegnarlo a scuola fin dalla prime età se vogliamo che nei prossimi decenni le nuove generazioni non debbano continuare ad affrontare casi di mancanza di rispetto in tutti i sensi, dentro e fuori la famiglia e che possano davvero festeggiare finalmente una Festa della Donna con pari opportunità non solo il giorno dell’8 marzo ma sempre.