SCHWAZER E DONATI INCANTANO NELLA SERATA CONTRO IL DOPING
Redazione Panathlon Verona UniVr Area1 Veneto Trentino A/A
L’incontro, voluto dal sindaco Ivo Bernard e da Michela Marangoni dell’Associazione culturale Antermoia, ha riservato momenti di autentica commozione- La presentazione de “I Signori del doping” e di “Dopo il traguardo” ha consentito di gettare nuova luce sul complotto orchestrato dalla Wada- Elena Betteghella ha portato una testimonianza di stima e di solidarietà da parte del Panathlon Club Mantova.
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“I Signori del doping” e “Dopo il traguardo”, due bestsellers librari al centro dell’attenzione sabato sera a Campitello di Fassa, dove il pubblico ha riempito la piazza per la presentazione e si è messo in coda per farsi firmare le copie (tutte esaurite, sold out!). Una dimostrazione spontanea di affetto che ha commosso al di là di ogni frase di convenienza ma Sandro Donati e Alex Schwazer hanno giustificato ampiamente l’attesa onorando la serata con interventi di elevato spessore, sia tecnico che umano e culturale. Perché proprio di cultura dobbiamo parlare nell’accezione più rigorosa del termine, cultura come conoscenza. Non c’è stato bisogno di perifrasi per andare al cuore di un argomento che sta appassionando il pubblico: una storia, quella cui Alex Schwazer e Sandro Donati hanno dato vita con le loro denunce, che attende ancora la parola fine e che le quattro puntate del docufilm mandato in onda su Netflix hanno costantemente attualizzato portandola a conoscenza di un pubblico internazionale.
Accogliendo l’invito del sindaco Ivo Bernard e di Michela Marangoni dell’Associazione culturale Antermoia è toccato al prof. Adalberto Scemma, in rappresentanza del Panathlon Club Gianni Brera-Università di Verona, il compito di moderare un incontro che ha trovato un nuovo innesco mediatico grazie alla battaglia condotta da “La Gazzetta dello Sport” accanto ai due protagonisti con tre firme d’eccellenza in prima linea: Pier Bergonzi, Franco Arturi e Valerio Piccioni. Proprio nel giorno della presentazione di Campitello di Fassa la “rosea” ha realizzato infatti altre quattro pagine (oltre alle tredici già uscite nel mese di luglio) per testimoniare l’accanimento con cui la WADA, l’agenzia mondiale antidoping, e la World Athletics, la federazione internazionale, stanno orchestrando il complotto (perché di questo si tratta) per impedire ad Alex il ritorno alle gare e per togliere a Sandro la credibilità acquisita come icona dell’antidoping.
Mai un quotidiano sportivo si era spinto a tanto per condurre un’inchiesta. Prima de “I Signori del doping”, un libro-denuncia che ha il ritmo della spy story, Sandro Donati ha scritto altri due libri persino più esplosivi per i contenuti, per il periodo in cui sono usciti (erano gli anni bui dell’editoria sportiva) per la caratura dei personaggi coinvolti: “Campioni senza valore”, uscito nel 1989, e “Lo sport del doping”, edito nel 2012. Nessuno di questi due libri, divenuti comunque dei best sellers – anche se il primo era stato fatto sparire subito dalle librerie- ha avuto però il successo mediatico de “I signori del doping”, edito da Rizzoli con la prefazione di Attilio Bolzoni. Perché dunque tutto questo interesse improvviso? La risposta è semplice: perché questa è una storia che contiene tutti gli elementi cardine del romanzo popolare: l’energia e la fragilità, la caduta e la risalita, e poi la doppia verità di Alex, prima colpevole e poi innocente.
Questo è lo scenario, però c’è un’altra domanda che attende una risposta. Perché questa storia è rimasta incompiuta? Perché dopo sette anni non è stato ancora emesso un verdetto definitivo? Qui c’è un problema di fondo: la giustizia sportiva o meglio, le istituzioni sportive, preferiscono tirare i fili per mantenere lo status quo pur di non emettere quel verdetto di innocenza che qualsiasi tribunale penale, non soltanto quello di Bolzano che si è già espresso ufficializzando l’idea del complotto, avrebbe già emesso.
“Per fare sport ad alto livello – ha ribadito Donati – non servono farmaci. Io l’ho dimostrato e sono cominciate le disgrazie. Schwazer si è allenato con me a Roma senza assumere farmaci o integratori e dismettendo tutte le sporcizie che venivano somministrate a lui dai medici federali e dai medici del Coni. Aveva dichiarato di assumere antiasmatici per un’asma che non ha mai avuto! La tecnica e la tattica di per sé rappresentano l’elemento culturale che fa da antidoto al doping. Il problema sono le federazioni dove contano soltanto la forza e la resistenza, la tecnica è secondaria. In quelle federazioni si sono imposti dirigenti tecnici e medici che sono vissuti nel doping e lo hanno coltivato per tutta la vita corrompendo le generazioni successive. Non possiamo lasciare la formazione dei tecnici alle organizzazioni sportive perché le organizzazioni insegnano soltanto le tecniche e le metodologie di allenamento. Cioè addestrano gli atleti a essere quasi esclusivamente dei produttori di risultati. E allora ecco che un giovane tecnico, dovendo ottenere risultati, deve utilizzare gli strumenti del doping in maniera sempre più elevata”.
Il docufilm di Netflix e il supporto fornito da “La Gazzetta dello Sport” sono stati accolti da Alex Schwazer con estremo favore proprio per il riscatto mediatico che innescano. “La serie -dice- è stata vista in vari paesi del mondo e ha rappresentato per me la liberazione di poter comunicare. Si tende troppo spesso a interpretare i fatti in maniera provinciale, le notizie passano con difficoltà da un paese all’altro: mi aspetto riflessioni a livello internazionale. Nel villaggio globale dello sport le multinazionali dominano il mercato e operano con una mancanza di rispetto totale nei confronti della giustizia ordinaria. Il problema è che le istituzioni che governano lo sport e i controlli antidoping se la fanno e se la disfano calando con protervia una sola carta: l’autoreferenza”. Tutti concetti espressi con chiarezza anche nel coinvolgente “Dopo il traguardo”, edito da Feltrinelli.
“Quando ho toccato il fondo – sottolinea Alex- mi sono chiesto come mi fossi cacciato in quella situazione. Quel giorno ha segnato la rinascita dell’uomo che avevo dentro e che da tanto tempo non trovava spazio per uscire. Quel giorno ho capito di essere in un labirinto immenso e apparentemente senza via d’uscita, nel quale brancolavo da anni. Un labirinto nel quale avevo perso tutto. La persona che ero, la mia fidanzata, la credibilità, la dignità. Solo ora ne sono uscito. Sono sopravvissuto a un’imboscata, una macchinazione subdola e crudele che in altri momenti mi avrebbe annientato. Ancora oggi, a distanza di cinque anni, non so come ho fatto a mantenere l’equilibrio. Questa è la storia che voglio raccontare. Il libro è un resoconto sincero, schietto, fedele di ciò che mi è capitato. Non è la confessione di un diavolo e neppure l’apologia di un angelo. Chi vuole leggere la biografia di un uomo senza peccati ne deve scegliere un’altra, non la mia.”
In rappresentanza del Panathlon è intervenuta anche l’avvocatessa Elena Betteghella, vicepresidente del club mantovano intitolato a Tazio Nuvolari e Learco Guerra, portando ad Alex Schwazer e a Sandro Donati la testimonianza di stima e di solidarietà da parte di un ente come quello panathletico che all’interno del CIO, il Comitato Olimpico internazionale, ha la delega per le iniziative di cultura sportiva e di fair play. Accanto a lei anche il delegato del Coni prof. Giuseppe Faugiana.
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