Di Alessandra Rutili – Verona 1954 Area1 Veneto Trentino/AA i
Solo chi è innamorato fa delle pazzie. Perché la passione spinge l’essere umano a seguire il cuore, l’istinto e non solo la logica. Questo era Silvio Berlusconi, un uomo che con entusiasmo e generosità si buttava a capofitto in tutto ciò che lo appassionava. Il calcio di certo è stato uno dei suoi più grandi amori. Una storia che parte da lontano. Nel 1963 Silvio Berlusconi diventa Presidente di una piccola squadra dilettantistica di Milano, la Edilnord. Ma non gli basta, in breve tempo opta anche per diventarne l’allenatore. La rosa di cui dispone, e alla quale chiede un calcio offensivo, vede sulla distinta le persone che gli rimarranno accanto per tutta la vita. C’è il fratello Paolo e gli amici Adriano Galliani e Fedele Confalonieri. Ma un visionario non può accontentarsi. Così, con il passare del tempo e con l’aumentare della disponibilità economica, matura in Berlusconi l’idea di fare qualcosa di importante nella sua Milano. L’occasione si concretizza il 20 febbraio del 1986. Il Milan non naviga in buone acque, serve un acquirente. Silvio Berlusconi accetta la sfida e rileva il club. Possibilità economica e capacità di affidarsi a persone competenti. L’obiettivo è ambizioso e ben chiaro nella mente di Silvio, che si presenta alla stampa e ai tifosi promettendo di portare i rossonero sul tetto d’Europa. Decide per esempio di portare in Italia Claudio Borghi, un argentino di cui si è invaghito ancora prima di diventare il Presidente del Milan. Per quello che fu definito al tempo l’erede di Maradona Berlusconi userà le parole che tutti abbiamo usato per il nostro primo grande amore. Ci mette pochissimo per realizzare ciò che ha in mente. Gli addetti ai lavori, i Presidenti storici delle squadre italiane ed estere guardano con velata sufficienza la sua discesa in campo, quasi certi che le sue idee innovative e fantasiose non si tramuteranno mai in realtà. Ma si sbagliano. In soli tre anni Silvio rivoluziona il calcio. Lo fa con il suo sorriso e con quel modo un po’ snob di definirlo “giuoco”, un licenza letteraria. Chiama alla sua corte Arrigo Sacchi, spende milioni di lire, miliardi per dare all’allenatore i giocatori migliori. E’ la scelta vincente. E sarà cosi per tutti i suoi 31 anni di presidenza. Il numero di trofei conferma, qualora ce ne fosse bisogno, che aveva ragione lui. Che quello che aveva deciso di fare si sarebbe realizzato. Lo scudetto arriva nel 1987 e da qual momento le vittorie dei rossonero sono un susseguirsi di capolavori. in bacheca a “Casa Milan” ci sono 29 trofei. 13 dei quali internazionali. 8 scudetti, 1 Cappa Italia, 7 Super Coppe, 5 Coppe dei Campioni, 5 Super coppe Uefa. Osserva, sceglie e porta a Milan 5 Palloni d’oro. Uno di questi e George Weah che nel 1995 sarà il primo giocatore non europeo a vincere il riconoscimento assegnato dai cugini francesi. Gli altri sono Ruud Gullit, Marco Van Basten, Ibraimovic e, Andry Sevchenko e Kaka. Punta su allenatori che rimangono ancora oggi delle istituzioni; dopo “Arrighe”, Fabio Capello e Carlo Ancellotti. Investe il Cavaliere, perché i successi lo esaltano ed essere amato e osannato dai tifosi confermano che aveva ragione lui. Il Milan diventa un brand, il Club entra nell’Olimpo delle squadre internazionali che contano. Innumerevoli i giocatori che devono a Berlusconi molto. Grandi campioni, ma anche giovani promesse che grazie a lui hanno avuto una possibilità. Il cigno di Utrecht Marco Van Basten è stato un altro amore del Presidente. Come Dejan Savicevic che Berlusconi adorava e difese a spada tratta davanti alle critiche dei media. Berlusconi impazziva per gli uomini talentuosi, geniali. Li voleva composti, ordinati nell’aspetto, ma ribelli nell’animo. Ragazzi che appassionassero il pubblico, che trascinassero la folla. Questo era il suo Milan. Poco importa se il mecenate del calcio ha speso cifre esorbitanti per realizzare il suo sogno. Qualcuno ipotizza 900 milioni di euro. Silvio Berlusconi ha regalato al calcio anni magnifici e questo gli bastava. Anzi, nemmeno aver raggiunto tale obbiettivo ha placato la sua esuberante voglia di fare. Nel 2008 quando Galiani e Confalonieri gli propongono di rilevare il Monza accetta. Non vuole fare però il Presidente. Lui è e rimarrà solo quello del Milan. Lascia agli altri tale onere. Si ritaglia tuttavia un ruolo importante e promette di portare il Monza in alto. Promessa mantenuta, anche questa volta. Incontra i giocatori, motiva l’allenatore, festeggia con loro. E spende perché crede in ciò che dice. Il Presidente allenatore è invecchiato, ma rimane lo stesso di sempre. Un uomo innamorato del pallone. Ora che Berlusconi è mancato in tanti lo ricordano. Gli amici, i calciatori, il mondo dello sport tutto. Tutti gli riconoscono il merito di aver lasciato un segno, di aver cambiato il modo di fare calcio. Appresa la notizia ho pensato a che cosa mi ha lasciato dentro Silvio Berlusconi come Presidente di calcio. E’ merito suo se quando giocavo a calcio mi chiamavano Gullit. Devo a lui le belle partite viste durante la mia adolescenza. Poi ho fatto uno sforzo e ho provato riflettere su che cosa avessimo in comune. E ci sono riuscita. Anche Silvio Berlusconi come me amava Armando Maradona. El Pibe de Oro è stato forse uno dei suoi più grandi rimpianti. Come me era attratto dallo sguardo e dalle movenze dell’argentino, dal suo essere un sanguigno. Anche Silvio Berlusconi ammirava Francesco Totti. Lessi una sua dichiarazione in merito che cito a memoria “Le bandiere devono restare dove sono.”. E Berlusconi sapeva che Er Pupone sarebbe rimasto a Roma, anche davanti ad una grande offerta economica. Lo sapeva perché intelligente com’era era consapevole del fatto che certi amori non sono in vendita, Amori che non finiscono mai. Come il suo per lo sport. Oggi chi ama il giuoco del calcio sa che difficilmente ci saranno altri uomini come il Presidente Berlusconi. E non solo perché il mondo del calcio è cambiato, ma perché nessuno vuole più metterci il cuore. Come ha sempre fatto lui.
NB Brava Alessandra, la tua penna è delicata come i sentimenti espressi nel ricordare un personaggio entrato nella storia del calcio italiano. MR