Scelti i sei finalisti del Premio Bancarella Sport 2023
Di Alessandro Giusti, addetto stampa Panathlon International Area 6 Toscana.
Per il tredicesimo anno consecutivo la Città di Lucca, con tutte le sue bellezze storiche e paesaggistiche, ha ospitato l’anteprima del “Bancarella Sport”.
Lunedì 15 maggio 2022 la sede della Fondazione Banca del Monte di Lucca ha infatti ospitato gli autori dei sei libri finalisti del premio Selezione Bancarella Sport, giunto alla 60esima edizione, in attesa che venga poi proclamato il vincitore assoluto il prossimo 15 luglio, nella splendida cornice di Piazza della Repubblica a Pontremoli.
Per organizzare questo grande evento hanno ancora una volta unito i loro sforzi la Fondazione Città del Libro, il Panathlon International e il Panathlon Club Lucca in collaborazione con la Fondazione Banca del Monte di Lucca.
Grazie a questa straordinaria vetrina di rilevanza nazionale anche la cittadinanza ha potuto quindi incontrare veri e propri numeri uno dello sport italiano e importanti firme del nostro giornalismo sportivo; ormai Lucca si è legata indissolubilmente al Premio Bancarella Sport visto che , anche storicamente, la sezione Lucchese del Panathlon Club fu tra i fondatori del Premio quando fu ideato nel 1964.
Il Premio Bancarella,che nacque per volontà dei librai di Pontremoli nel 1952, venne così descritto dalla giornalista Oriana Fallaci che era presente all’evento :” Non avevano confidenza con l’alfabeto, ma “sentivano” quali libri era il caso di comprare e quali no: in virtù di un sesto senso che,dicono, è stato loro donato dal demonio in un’ora di benevolenza”(hanno nella valigia i cavalieri antichi, “Epoca”, 6 settembre ’52 ).
La nascita del Premio Bancarella Sport avviene invece una decina di anni più tardi quando, il 18 marzo del 1964 un gruppo di amici,soci del Panathlon Club di Carrara e Massa, si ritrovò attorno ad un tavolo della tipica trattoria pontremolese “La Manganella” per attendere l’arrivo di Carletto Bardi, primo segretario del Premio, reduce da una malattia. Uno di loro, Renzo Chiappale, ebbe l’idea di organizzare a Pontremoli un premio di letteratura sportiva da affiancare al bancarella e al Bancarellino ( riservato alla letteratura per ragazzi); un sogno che non tardò a realizzarsi visto che già il 9 agosto dello stesso anno ,in piazza della Repubblica, venne proclamato il primo vincitore , Cesare Bonacossa con il libro “lo sport nasce in Asia” che la giuria, presieduta da Giancarlo Dosi Delfini, aveva scelto tra i quindici più significativi libri pubblicati fino alla fine del 1963.
Il premio letterario Bancarella rimane ad oggi l’unico premio nazionale che favorisce davvero la diffusione in libreria di queste opere. lo scopo del Bancarella Sport è infatti quello di avvicinare il grande pubblico appassionato di sport, che di solito si limita a leggere solo i grandi quotidiani, alla lettura sportiva per diffondere sempre di più il piacere della lettura.
Il premio Bancarella Sport vanta una lunga storia e molti sono nel tempo i vincitori importanti quali ad esempio : Reinhold Messner, Clay Ragazzoni, Dino Buzzanti, Gianni Brera, sandro Ciotti, Gianpaolo Ormezzano, Gino Bartali, Gelindo Bordin, Michel Platini, Alex Zanardi, Gianfelice Facchetti, Giovanni Trapattoni, Bruno Longhi, Marco Pastonesi, Pietro Trellini ed il vincitore assoluto dell’edizione 2022 Marino Bartoletti.
La presentazione è stata introdotta dal presidente del Panathlon Club di Lucca Guido Pasquini. Hanno quindirivolto il loro saluto ai presenti il presidente della Fondazione Banca del Monte Andrea Palestini, il sindaco di Lucca MarioPardini, che era presente assieme all’assessore allo sport del Comune di Lucca Fabio Barsanti, quindi l’assessore allo sport del Comune di Capannori Lucia Micheli,che ha anche consegnato agli autori un riconoscimento a nome dell’amministrazione e il componente del consiglio d’amministrazione della Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca Claudio Montani.
Coinvolgente come sempre la relazione di Giuseppe Benelli, anima e padre nobile del Premio Bancarella Sport.
A rappresentare le alte cariche del Panathlon la vice presidente del Panathlon International Orietta Maggi, il presidente del Distretto Italia Giorgio Costa, il vice presidente del Distretto Italia Leno Chisci, il governatore dell’Area 6 del Panathlon Andrea Da Roit, il vice governatore Area 6 Gianfilippo Mastroviti, il presidente del Panathlon Club Versilia Viareggio Vittorio Giusti, il presidente del Panathlon Club Castelnuovo Garfagnana Ezio Pierotti, il presidente del Panathlon Club Pontremoli Lunigiana Aldo Angelini, il Presidente del Panathlon Club Pisa Mirko Di Cristofaro e tra gli ospiti il presidente della Federazione Italiana Nuoto Andrea Pieri.
Spronati dalle domande del gionalista Sirio Del Grande tutti e 6 i finalisti del premio hanno presentato le loro opere al pubblico che affollava la sala.
Ad aprire le presentazioni è stato Emiliano Tozzi con il suo libro “Cristian Amon. La sfortuna non esiste”( Minerva Edizioni). Si tratta di un’opera di indiscusso valore della quale Leo Turrini, che ne ha curato la prefazione, ha detto :”A questo splendido libro di Emiliano tozzi siamo debitori, noi appassionati di motori, di una riscoperta. Quasi del ritrovamento di un prezioso reperto archeologico”.
Quando il mitico “Drake” Enzo Ferrari decise di allestire la miglior vettura possibile per una totale assunzione di responsabilità, difronte ad una sorte potenzialmente nemica disse :” La sfortuna non esiste. Il destino lo creiamo noi con le nostre mani e con le nostre azioni”.
A cavallo tra gli anni sessanta e settanta la carriera di Chris Amon fu condizionata da moltissime rotture meccaniche che finirono per delinearlo, nel mondo delle corse e nell’inconscio collettivo , con il luogo comune del “pilota sfortunato”. Tutto questo finì per far dimenticare ad addetti ai lavori e non la storia di un pilota e di un campione che fu in grado di aggiudicarsi un leggendario titolo iridato nel campionato sport prototipi, regalando alla Ferrari l’indimenticabile vittoria in parata nella 24 ore di Daytona del 1967 a bordo della bellissima P4 assieme al compiantocompagno di squadra Lorenzo Baldini.
Vincolare la carriera dell’unico pilota neozelandese della stora alla guida delle vetture del cavallino rampante al giogo della sventura non sarebbe ne giusto ne onesto; ripercorrere l’epopea di Chris Amon, dagli esordi in patria fino alla telefonata che fece conoscere Gilles Villeneuve a Ferrari, aiuterà a conoscere, o anche solo ad immaginare, i risvolti di un pilota straordinario che, nonostante un talento fuori dal comune, non vada ricordato soltanto per la sua incapacità di vincere un Gran Premio di Formula 1.
Segue poi il giornalista del Sole 24 Ore Marco Bellinazzo con “Le nuove guerre del calcio. Gli affari delle corporation e la rivolta dei tifosi .” (Feltrinelli).
Un’inchiesta che, da Maradona al metaverso, indaga su quella deriva autoritaria e oligarchica che minaccia di trasformare per sempre il calcio.
E’ ormai da oltre vent’anni che il calcio moderno ha compiuto uno straordinario sviluppo economico e tecnologico superando ogni crisi, dalla bolla della New Economy ai postumi del fallimento di Lehman Brothers, arrivando addirittura ad incrementare la propria penetrazione nei mercati internazionali. Una cavalcata che ha generato la polarizzazione di vere e proprie corporation sportive capaci di creare gravi disuguaglianze e squilibri. L’ abbattersi della pandemia ha poi messo a nudo tutto questo sistema rendendolo vulnerabile e trasformandolo in un campo di battaglia dove fondi d’investimento, broadcasters, imprese di telecomunicazione e giganti del web sono pronti a spendere enormi somme ur di accaparrarsi squadre o asset nevralgici come i diritti tv e i relativi dividendi.
I governi autocratici cercano di accaparrarsi sportivi ai vertici, club calcistici in particolare, per farne piattaforme mediatiche e potersi legittimare a livello geopolitico attuando veri e propri sportwashing. Il calcio, tramutato ormai in una sorta di faglia democratica messa in pericolo da una deriva oligarchica, si trova nel mezzo ad un conflitto, destinato a divenire sempre più aspro, tra chi ambisce a edificare un calcio elitario e orientato allo show business e chi, nel solco di ciò che è stato il calcio popolare dei Maradona e dei Paolo Rossi, auspica il ritorno ad un modello più sostenibile ,con meno sprechi e mega-ingaggi, che riconosca e valorizzi il ruolo dei tifosi. Chi vincerà questo scontro ?
Che volto avrà da qui al 2030 lo sport più amato e praticato del pianeta? il pallone scivolerà sempre più nei pixel , negli stadi-teatro e nel mondo virtuale delle PlayStation o rimbalzerà ancora tra i vicoli delle città e nei campetti di periferia ?
Anche il notoproduttore cinematografico, per una volta scrittore, Domenico Procacci presenta il suo libro “Una squadra”(Fandango Libri)
Se parliamo di tennis negli anni dal 1976 al 1980 il trofeo per cui si lotta è la Coppa Davis e la squadra da battere è l’ Italia, una squadra formata da quattro giocatori : Adriano Panatta, Corrado Barazzutti, Paolo Bertolucci e Tonino Zugarelli.
In quei cinque anni raggiungono la finale ben quattro volte ma solo una volta, nel ‘ 76 contro il Cile, ne escono vincitori. Dopo tanti anni i cinque giocatori si raccontano liberamente a Domenico Procacci, abbandonando tutte quelle remore nel rivelare segreti e divisioni di una Nazionale scanzonata e indisciplinata ma che nonosante tutto, in quegli anni è stata la squadra più forte del mondo. Quella finale da giocare con i colori dell’Italia nel Cile del dittatore Pinochet è diventa un vero e proprio caso politico . Le finali raggiunte e poi perse sono nel ’77 contro l’ Australia, nel ’79 contro gli USA e nell’ 80 contro la Cecoslovacchia.
Il capitano non giocatore delle prime due edizioni, ’76 e ’77 è la leggenda del tennis italiano Nicola Pietrangeli. A sua volta finalista nel 1960 e nel 1961, Pietrangeli verrà esonerato dalla sua stessa squadra dopo la sconfitta del ’77 in Australia. lo considera tuttora un vero tradimento. E’ lui il quinto protagonista della nostra storia. Una squadra è la voce degli artefici di una delle vittorie più epiche dello sport nazionale.
Tocca poi al giurnalista del ” Corriere della Sera” Paolo Tommaselli presentare il suo libro “Giuliano Giuliani, più solo di un portiere”.
Nei dodici mesi tra il maggio 1989 e l’aprile del 1990 il portiere Giuliano Giuliani alza la prima Coppa Uefa nella storia del Napoli e celebra il secondo scudetto dell’era Maradona. questo è l’apice di una carriera che lo ha portato a competere con Zenga e Tacconi per il ruolo di miglior numero uno italiano.
Giuliano, a differenza dei rivali, è un ragazzo taciturno e malinconico e sia dentro che fuori dal campo è essenziale, affidabile , spesso decisivo, ma concede poco allo spettacolo che invece in quegli anni ottanta stà già diventando parte integrante del mondo del calcio .
Ma proprio quando la favola della sua carriera sembra aver cancellato i brutti ricordi di una vicenda famigliare drammatica, tutto va in frantumi: Giuliani diventa il primo (e finora unico) calciatore italiano sieropositivo. Probabilmente il contagio è avvenuto all’addio al celibato prima del matrimonio di Maradona , a Buenos Aires e certamente Giuliani è sceso in campo già malato con la maglia dell’Udinese. Un libro che esplora il “Giulio” più profondo e che apre punti di vista differenti sul calcio di quegli anni e sul perchè Giuliani sia stato rimosso dal ricordo collettivo; e’ la storia viva e bruciante di una persona più che quella di un personaggio.
A presentare il suo libro “Un gioco da ragazzi. Dalla Roma alla Nazionale, il mio calcio di una volta ” è ora una vera e propria leggenda come Bruno Conti, presente con il giornalista Mediaset Giammarco Menga.
Bruno racconta di quando, da giovane, venne reclutato dalla squadra di basebal del Santa Monica ; quando il dirigente della squadra disse al padre “Signor Conti,suo figlio Bruno è davvero bravo e vorremmo portarlo con noi in America”sua madre chiese senza pensarci due volte “scusate, ma l’ America dove si trova ?” facendo cadere in cucina il silenzio assoluto. Dopo qualche minuto il padre rispose ” Mio figlio è piccolo e da Nettuno non si muove”; se il padre avesse detto si non ci sarebbe stato Bruno Conti, il più brasiliano dei calciatori italiani.
La prima passione del piccolo Bruno fu il baseball, racconta Conti per la prima volta in questa autobiografia vivace e sincera, ma ad attenderlo c’era una lunga ed emozionante carriera che avrebbe fatto di lui una colonna della Roma e un uomo chiave nel mitico mondiale dell’82. Proveniente da una famiglia semplice e unita, Bruno si fa la sua gavetta per i campetti ei dintorni deella Capitale, lottando contro i pregiudizio verso la sua piccola statura e confidando nelle sue doti da funambolo e nella sua personalità testarda e pugnace . Racconta poi un susseguirsi di aneddoti come Liedholm che allineava supestiziosamente le scarpe nello spogliatoio , Pruzzo con la sua guida spericolata o alcune partite memorabili. Si ricordano i tempi in cui il calcio era ancora “un gioco da ragazzi”, fatto di fatica, polvere e fettuccine al ragù fino a quel mitico mondiale dell’ 82.
A concludere la fantastica sestina di autori è stata la mitica campionessa Sara Simeoni che ha scritto, assieme al giornalista Rai Marco Franzelli, “Una vita in alto” (Rai Libri).
Nel libro Sara si racconta a Franzelli parlando della sua carriera che, tra retroscena e inediti la hanno portata ad essere eletta “Atleta del Centenario” nel 2014 in occasione dei 100 anni del Coni. Sara Simeoni è sicuramente tra i campioni più amati della storia italiana sia per i risultati che ha saputo raggiungere nella sua lunga carriera, che per essere stata una vera apri pista per le donne nello sport ad alto livello, facendo cadere tabù e pregiudizi. Una forza di carattere che le ha permesso di superare non solo l’aticella in pedana ma anche le varie difficoltà della vita. Un personaggio Sara che è prima di tutto persona, come ha mostrato ai telespettatori nella trasmissione Rai “Il circolo degli Anelli”, dedicata alle Olimpiadi di Tokyo la scorsa estate.
Sara appare sempre come l’eterna ragazza di Rivoli Veronese che adesso è ritornata ad essere popolare sui social e sulle riviste quasi come le accadeva quando viceva negli anni ’70 e ’80 ; Sara Simeoni riesce a raccontarsi a Franzelli con una tale leggerezza che solo una campionessa di salto in alto come lei può avere .