VENINI, UNA CORSA LUNGA CENT’ANNI
LETTERATURA DELLO SPORT
In un libro l’epopea del mezzofondo azzurro e di un tecnico che ha lasciato un segno indelebile nella storia dell’atletica leggera
di Adalberto Scemma – Redazione Verona G.Brrera Univr Area1 Veneto Trentino/AA
Il titolo è emblematico: “Coach Carlo”. Chi conosce ed ama l’atletica leggera, e il mezzofondo in particolare, non ha alternative: sa che un epiteto così diretto, e così esaustivo, non può che riferirsi a Carlo Venini, leggendario guru della corsa di lunga lena. Una corsa, nel suo caso, lunga cent’anni: lo specifica il sottotitolo dello splendido libro curato da Roberto Venini, figlio di Carlo, nel centenario della nascita del “Coach”.
Uscito nella prestigiosa collana di letteratura sportiva “La Coda del drago” (Edizioni Zerotre), il volume verrà presentato in anteprima a Varenna, nella sala municipale, il 9 ottobre prossimo, e successivamente a Mombercelli, nell’Astigiano, ma godrà della massima visibilità in occasione della vernice ufficiale nella Sala stampa dell’Arena Civica Gianni Brera di Milano.
Carlo Venini, il “Coach”, ha lasciato una traccia indelebile nella storia del mezzofondo innovando le metodologie allenanti e battendosi con coraggio per una pratica sportiva mai disgiunta dall’etica. È stato con Sandro Donati tra gli antesignani della lotta al doping. Il rapporto personale con tecnici leggendari come Gösta Hollander, Arthur Lydiard e Percy Cerutty gli ha consentito di ampliare le proprie conoscenze e di proporsi con successo, da autentico visionario, sul terreno della sperimentazione. Alla guida della Pro Sesto ha creato una scuola che ha prodotto campioni come Francesco Bianchi, Marisa Masullo, Letizia Bertoni e Antonio Ambu.
Per ricordarlo degnamente nel centenario della nascita, il figlio Roberto ha raccontato la storia del “Coach” con un’attenzione agli aspetti cronistici che fa onore a chi, da “storico per caso”, ha potuto osservare il mondo dell’atletica leggera, per oltre vent’anni, dalla buca del suggeritore, come lui stesso ama evidenziare. Tutto questo per dire che l’affetto filiale traspare in ogni pagina, come è naturale che sia, senza tuttavia sovrapporsi agli elementi di una realtà (anche scomoda, se ricordiamo la lunga e sofferta diatriba con la Fidal di Nebiolo) filtrata attraverso gli interventi di carattere tecnico o umano di chi ha accompagnato il “Coach” nel suo percorso di vita.
La figura di Carlo Venini è stata tracciata splendidamente, nella prefazione, da Sandro Donati, ancora una volta attento agli aspetti imprescindibili, e a lui da sempre cari, dell’etica. È toccato invece a Saturno Brioschi, geniale creatore di “situazioni vincenti” il compito di introdurre l’evento (occasionale? non è mai così…) che ha portato alla scelta di ricordare e onorare con un libro la presenza da protagonista del “Coach” nella storia dell’atletica leggera italiana.
Le varie sfaccettature del carattere e della professionalità di Carlo Venini emergono dagli interventi affettuosi (ma non solo) di Gabriella Buizza, seconda moglie del “Coach” e già atleta della Pro Sesto come Giuliana Cassani, Alessandro Ravaglioli e Chiara Veronesi. Sergio Giuntini, celebrato storico dell’atletica leggera, ha raccontato l’epopea del “Gösta Hollander italiano”, affascinato dal guru del fartlek. Erminio Piccinelli, prima atleta e poi medico, come Rudy Tavana, hanno aggiunto elementi di vibrante interesse così come Mauro Pascolini e Albino Portini, che hanno contribuito ad ampliare la conoscenza su Venini e sui rapporti con l’establishment dell’atletica leggera.
Dulcis in fundo (ma l’ho riservato volutamente in coda per estrarre dagli antichi gorghi della memoria un episodio personale) l’intervento di Adolfo Rotta, attuale presidente della Pro Sesto, l’uomo che ha rilevato dal “Coach” il bastoncino della staffetta dirigenziale. Adolfo è stato un atleta-emblema della Pirelli prima di seguire la scia di Venini e mi piace ricordare l’occasione di una gara (siamo nel maggio 1960!) coincisa con il mio debutto sulla pista in carbonella dell’Arena, la mia prima gara fuori dai confini provinciali mantovani. Semifinale dei 1500, dunque, del campionato regionale lombardo juniores: tre batterie, i primi quattro di ogni batteria in finale. Adolfo Rotta vince la prima batteria, io arrivo secondo nella volata battendo però Massimo Begnis, futuro primatista italiano dei 3000 siepi, e Giulio Salamina, azzurrino della stessa specialità. Mi sento un leone e in finale “bracco” Adolfo puntando ingenuamente a prendergli le misure per…vincere la volata finale. Illusione. Vengo stroncato su un ritmo per me insostenibile e corro…in salita gli ultimi 300 metri. Non vince Adolfo Rotta, tuttavia, ma Cobelli, suo compagno di squadra nella Pirelli, che gestisce la gara in maniera tatticamente perfetta seminando nel finale la compagnia. Io finisco nono, deluso ma capace di memorizzare successivamente i miei limiti: buon finisseur nelle batterie (mi sono capitati dei testa a testa con Della Minola, Frassi, Bargnani…) ma mai in grado di reggere il doppio impegno in finale. Piccola storia personale tornata a galla – nostalgia di quei tempi! – quando Roberto Venini mi ha girato il puntuale intervento affettuosamente rievocativo di Adolfo Rotta. Il mio amore per la corsa riemerge tuttavia nella postfazione di “Coach Carlo” nel ricordo di ciò che Carlo Venini ha rappresentato per i ragazzi della mia generazione.