di Lorenzo D’Ilario – Redazione Roma Area 14
Tiziana Nasi, presidente della Federazione Italiana Sport Invernali Para(O)limpici e vice presidente del Comitato Italiano Paralimpico, ci ha gentilmente tracciato un bilancio dell’ultima edizione delle Para(O)limpiadi con uno sguardo a tutto tondo sui suoi prestigiosi incarichi federali e sul mondo degli sport invernali para(O)limpici.
Appena due settimane fa si sono concluse le Paralimpiadi di Pechino. Come sono andate? “È stata un’edizione molto particolare anche a causa dell’assenza di pubblico ma il Comitato organizzatore cinese è stato bravissimo a gestire l’emergenza Covid. Dal punto di vista sportivo i risultati sono stati sicuramente buoni perché abbiamo vinto due medaglie in più rispetto alle Paralimpiadi di PyeongChang 2018, guadagnando anche una posizione nel medagliere”.
Oltre alla conferma di Giacomo Bertagnolli, che in Corea del Sud aveva vinto due ori, un argento e un bronzo, chi sono i volti nuovi? “Nello sci alpino, alle medaglie straordinarie di Giacomo Bertagnolli e della sua guida Andrea Ravelli nella categoria ‘visually impaired’ (due ori e due argenti), si sono aggiunte quelle di René De Silvestro, che aveva già conseguito ottimi risultati in Coppa del Mondo e ai Mondiali, nella categoria ‘sitting’ (un argento e un bronzo). Infine, il bronzo di Giuseppe Romele nello sci di fondo è stata la ciliegina sulla torta perché si tratta di una disciplina molto difficile dove storicamente l’Italia non figura tra le nazioni più forti. Sette medaglie sono davvero un bel bottino, non fatevi ingannare dai numeri!”
In che senso? “Le medaglie conquistate nelle Paralimpiadi invernali possono sembrare poche rispetto a quelle che l’Italia ha vinto nei Giochi estivi. Ma non dobbiamo dimenticare che in occasione delle Paralimpiadi la FISIP è presente soltanto con le discipline dello sci alpino, dello sci nordico e dello snowboard, mentre la Federazione Italiana Sport del Ghiaccio con l’hockey e il curling, che purtroppo stavolta non era riuscito a qualificarsi. Di conseguenza, le sette medaglie di Pechino assumono un valore molto più alto, a maggior ragione se torniamo con la mente a Sochi”.
Come si spiega quel passaggio a vuoto? “Eravamo agli inizi, la nostra Federazione esisteva da pochissimo tempo e noi per primi avevamo bisogno di rodaggio. Diciamo che non è stata colpa degli atleti se siamo tornati dalle Paralimpiadi invernali senza alcuna medaglia, loro ce l’hanno messa tutta e sono stati anche un po’ sfortunati”.
Ma adesso guardiamo avanti. Nel 2026 le Paralimpiadi torneranno in Italia. Cosa si aspetta da Milano-Cortina? “Il solo pensiero mi fa battere forte il cuore. Non posso non tornare con la mente alle Paralimpiadi di Torino, in occasione delle quali sono stata presidente del Comitato organizzatore e gran parte delle gare si sono svolte sulle nevi “di casa mia” del Sestriere, dove ho lavorato per 24 anni. Non vedo l’ora di rivivere quelle emozioni straordinarie ma adesso dobbiamo pensare soltanto a prepararci per la prossima stagione e poi per le tre successive che ci traghetteranno verso Milano-Cortina. Ovviamente ci aspettiamo che la prospettiva di disputare le Paralimpiadi in casa possa attirare tanti giovani. I nostri tecnici, così come le guide, sono pronti ad accoglierli e avviarli al mondo degli sport invernali paralimpici”.
A proposito di guide, in tutti gli sport paralimpici in cui gareggiano atleti con disabilità visive sono una parte essenziale della competizione. Qual è il loro ruolo nello sci? “La guida ha un compito molto delicato e difficile, anche dal punto di vista atletico, perché nonostante la velocità sostenuta e le difficoltà della tracciatura deve essere in grado di parlare e voltarsi in continuazione durante la discesa per accertarsi che venga mantenuta la giusta distanza dallo sciatore ipovedente o cieco totale. Non a caso nello sport paralimpico la guida prende il nome di “atleta guida” e, in caso di podio, riceve sia la medaglia che il premio come gli stessi atleti che sono chiamati a guidare”.
Come valuta, invece, la presenza femminile nello sci paralimpico? “Dai tempi di Melania Corradini nello sci alpino e Francesca Porcellato nello sci di fondo, fatta eccezione per Veronica Plebani che prima di transitare alla canoa e al triathlon ha partecipato alle Paralimpiadi di Sochi nel cross-snowboard, non abbiamo avuto più atlete. Per fortuna a Pechino sono state protagoniste Martina Vozza e Chiara Mazzel e, come hanno dimostrato i Campionati Italiani di Folgaria dello scorso fine settimana, dietro di loro il movimento femminile è in grande crescita”.
Una donna, invece, dal 2010 è Presidente della Federazione Italiana Sport Invernali Paralimpici e dallo scorso maggio Vice Presidente del Comitato Italiano Paralimpico. Cosa si prova a ricoprire cariche così prestigiose? “Nel 2010, al momento della nascita della FISIP, era quasi una conseguenza logica che ne venissi eletta alla presidenza dopo essere stata già presidente del Comitato organizzatore delle Paralimpiadi di Torino 2006 e aver maturato tantissima esperienza nell’organizzazione di gare al Sestriere per normodotati e all’interno del CIP Piemonte, dove mi occupavo molto principalmente di sport invernali. Sono stati anni intensi e appassionanti, ricchi di gioie e delusioni, che nello sport non mancano mai. A partire da maggio lascerò l’incarico perché dopo tre mandati non sarò più rieleggibile ma proprio del tutto non scomparirò. Lo scorso anno, infatti, sono stata nominata Vice Presidente del CIP dopo che il Presidente Luca Pancalli in persona mi aveva chiesto di candidarmi. Per me è stata una gioia enorme guidare per dodici anni consecutivi la FISIP e adesso mi sento onorata di aver ricevuto questo ulteriore incarico, che mi riempie di orgoglio perché negli ultimi trent’anni la famiglia paralimpica è divenuta parte integrante della mia vita quotidiana”.
E non dimentichiamo che è anche Vice Presidente della Fondazione Giovanni Agnelli. “Sì, anche se dal 2008 la Fondazione ha deciso di concentrare il proprio impegno di ricerca sulla scuola e sulla formazione non perdiamo di vista il focus sullo sport dal momento che si tratta di tematiche che riguardano molto da vicino tutti i giovani che praticano attività sportiva. Ad esempio nel 2016, nell’ambito dei festeggiamenti per il suo 50esimo anniversario, la Fondazione, in collaborazione con il CONI e la Gazzetta dello Sport, ha promosso un’importante iniziativa benefica che è stata realizzata in occasione dei Giochi Olimpici e Paralimpici di Rio”.
Ringraziandola per la grande disponibilità e l’inconfondibile simpatia, potrebbe porgere un saluto ai soci del Panathlon Distretto Italia? “In qualità di socia del Panathlon Club Torino Olimpica ho presenziato a diverse premiazioni di sciatori, dirigenti e anche guide piemontesi. Inoltre, mio padre Giovanni Nasi e mio zio Emanuele Nasi furono tra i soci fondatori del Panathlon Club Torino. Quindi non posso non mandare un saluto affettuoso a tutti i soci del Panathlon Distretto Italia!”
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