Di Angelo Spagnuolo – Pesaro Area Emilia Romagna Marche
E’ pronto all’esordio con la nuova maglia della Virtus Bologna Daniel Hackett, dopo aver lasciato il CSKA Mosca, una delle franchigie cestistiche più forti e titolate d’Europa, in cui militava dal 2018 e con cui ha anche vinto una Eurolega, la massima competizione per club d’Europa.
La decisione di lasciare la Russia, comune a quella di tanti suoi – ormai ex – compagni di squadra, è maturata dopo l’invasione dell’Ucraina da parte delle forze militari comandate dal Cremlino e in seguito alla decisione del comitato esecutivo degli azionisti di Euroleague Basketball di sospendere la partecipazione delle squadre della Federazione Russa dall’Eurolega e dall’EuroCup.
Il suo ritorno in Italia suscita attesa e curiosità, dopo tanti anni trascorsi a giocare nelle formazioni più blasonate e ricche del Vecchio Continente. Prima dell’esperienza russa, ci sono state quella al Brose Bamberg, in Germania, e soprattutto quella in Grecia, nelle file di un Olympiakos in cui si ritagliò uno spazio importante, un ruolo che andava ben oltre quello di semplice fido scudiero di Vasilis Spanoulis, la formidabile guardia greca entrata nella storia di questo sport. Il suo temperamento, lo spiccato agonismo, la naturale propensione a prendersi responsabilità, a inventarsi iniziative e giocate decisive anche nei momenti cruciali furono arma in più e viatico fondamentale per entrare nei cuori dei tifosi del Pireo, per farsi valere al meglio nel clima surriscaldato, anzi infuocato, dei palazzetti ellenici.
Ne ha fatta di strada il ragazzo nato a Forlimpopoli e cresciuto a Pantano, un quartiere di Pesaro a cui è rimasto indissolubilmente legato e che menziona e saluta sempre, ad ogni occasione utile, in ogni intervista sulla sua vita e sulla sua carriera. La passione per la palla a spicchi e i geni del basket gli sono stati tramandati dal padre, Rudy, giocatore statunitense con presenze in NBA e un’esperienza decennale nel campionato italiano, a fine carriera divenuto ristoratore con il suo locale messicano a ospitare per anni clienti di tutte le età sul lungomare pesarese.
Figlio d’arte dunque Daniel, con tutto il peso che ciò può comportare, con i paragoni che scattano inevitabili e inesorabili. Come racconta il libro della giornalista Elisabetta Ferri “Daniel Hackett. Dal campetto al sogno NBA” (Minerva Edizioni), i rudimenti della pallacanestro li ha imparati sull’asfalto dei playground della città rossiniana, in estate il campo del Basket Giovane, in inverno quello più nascosto della parrocchia di Cristo Re. Sfide interminabili con gli amici di sempre, fino al sopraggiungere del buio, fino a quando il parroco non serrava i cancelli.
Da ragazzo veniva considerato un giocatore talentuoso ma anarchico, tutto istinto, da campetto appunto, difficile da inquadrare tatticamente, con un carattere ribelle compensato da una grande forza di volontà, dal desiderio dirompente di imparare tutti i trucchi e le alchimie di quel gioco. Poi, nelle giovanili della allora Scavolini Pesaro, imparò spirito e regole di squadra, si diede una disciplina che non faceva parte del suo dna naturale.
Nel 2003, a soli 15 anni, la scelta che ha indirizzato vita e carriera: l’iscrizione con borsa di studio, grazie alle referenze del padre, alla St. John Bosco High School, una scuola di Los Angeles gestita da Gesuiti, con una rinomata squadra di basket in cui poter affinare il talento. L’attraversamento dell’oceano comportò un cambio di vita radicale, con notevoli difficoltà iniziali di ambientamento anche perché Daniel, come racconta spesso, era arrivato in America parlando pochissimo inglese e comprendendolo ancor meno nonostante il padre americano. L’avventura a stelle e strisce proseguì alla University of Southern California con tre stagioni agonistiche che ne forgiarono carattere e mentalità, lo resero giocatore vero e uomo maturo anche grazie agli insegnamenti di coach Tim Floyd.
Dopo la delusione del draft NBA 2009 con nessuna franchigia a sceglierlo, Hackett fu ingaggiato dalla Benetton Treviso. L’impatto con la serie A italiana fu alquanto problematico e la sua prima stagione da professionista deludente, anche a causa di uno scarso feeling con l’allenatore dell’epoca, in virtù di percentuali e medie ben inferiori a quelle che tutti – e lui per primo – si attendevano dal suo talento.
Il pronto e repentino riscatto avvenne l’anno successivo, stagione 2010/11, quando decise di tornare alle origini, di rivestire quella maglia biancorossa della Victoria Libertas Pesaro che aveva indossato fino a 15 anni. Un ritorno a casa quanto mai salutare e decisivo per la sua carriera, in quanto Hackett giocò un campionato strepitoso, replicato l’anno dopo, con la Scavolini a giocarsi un’isperata semifinale scudetto contro Milano. Quel biennio pesarese rappresentò un trampolino di lancio fenomenale, che lo proietterà prima a Siena dove vinse campionato, Coppa Italia e Supercoppa – successivamente revocati per le note vicissitudini del club toscano -, poi all’Olympia Milano dove conquistò nel 2014 uno scudetto che non entrava nella bacheca meneghina dal lontano 1996.
Ora la nuova avventura a Bologna, sponda Virtus, a cui è approdato insieme a un altro giocatore proveniente dal CSKA, l’ala grande georgiana Tornik’e Shengelia, cestista di caratura internazionale protagonista per anni anche in NBA con Brooklyn Nets e Chicago Bulls. La sfida contro Milano si prospetta entusiasmante e Hackett arricchirà di certo il roster delle V Nere con la sua esperienza, i punti, gli assist, la sua immensa generosità.
Una generosità che ha dimostrato tante volte anche fuori dal campo. Chi vi scrive non dimenticherà di certo la sua disponibilità a partecipare ad Overtime Festival 2011, a presenziare nonostante i tanti impegni a un Galà dello Sport della Provincia di Pesaro e Urbino organizzato da Pindaro Eventi, a firmare decine e decine di autografi a ragazzini entusiasti di vederlo e scambiarci una battuta, a fare salti mortali per trovare tempo e modo di farsi immortalare in uno scatto fotografico destinato a un calendario.
Il tutto sempre accompagnato dal sorriso e dall’entusiasmo di un ragazzo da playground.
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