Di Ludovico Malorgio – Lecce Area8 Puglia Calabria Basilicata
Giovavamo con la maglia della Samdporia e destavamo interesse e simpatia. Accadeva negli anni ’60, a Cavallino, un paesino di 4000 anime, nel cuore del Salento, a 4 km da Lecce. Erano gli anni del boom economico, delle grandi trasformazioni sociali ed economiche, di nuovi fermenti culturali, dei grandi cantautori genovesi, della contestazione studentesca. Anche il calcio dava segnali di una ripresa che culminò con la vittoria del Campionato Europeo del 1968, dopo le cocenti delusioni maturate nei precedenti campionati mondiali. Nel 1959, avevamo meno di 15 anni, quando costituimmo la nostra squadra di calcio, in assoluta autonomia, dando fondo ai nostri risparmi. Eravamo una ventina, ragazzi di scuola media e garzoni di bottega con tanta voglia di giocare a pallone. La scelta del nome fu facile, la chiamammo Virtus, tutti convinti di dare un nome ‘nobile’ che esprimeva il senso e il valore della nostra iniziativa. La scelta della maglia della Sampdoria, invece, fu più complessa per le difficoltà di contemperare le tendenze del tifo di ognuno di noi. Alla fine si raggiunse il compromesso con una maglia ‘neutra’, ma la bellezza e l’eleganza della casacca blucerchiata, le fasce orizzontali rossonere listate di bianco sul fondo blu ebbero, comunque, un ruolo importante. Di certo non fu una scelta di cuore e non poteva essere diversamente a oltre 1000 km di distanza da Genova, in un feudo juventino con una larghissima presenza di tifosi del Milan. Ma col tempo imparammo ad amare quella maglia. Come tutte le storie di provincia, anche questa ha il sapore antico delle cose buone, del pane cotto nei forni di pietra e dei giochi in strada con vecchi cerchi di bicicletta e palloni di cuoio ad ogni colpo di testa lasciavano un bozzo in fronte. Avevamo una grande passione calcistica, voglia di giocare e confrontarci. E non c’erano alternative. I campionati giovanili Figc? All’epoca una chimera. Seguivamo il grande calcio sui settimanali dell’epoca, ‘Il calcio e ciclismo illustrato’, ‘Il campione’, Foot ball’ e la ‘Domenica pomeriggio tutti attaccati alla radio per seguire ‘ Tutto il calcio minuto per minto’, la radiocronaca del secondo tempo con i collegamenti sui vari campi della serie A coordinati dal ‘mitico’ Roberto Bortoluzzi, che negli anni successivi ha avuto tra i radiocronisti di spicco anche il nostro Tonino Raffa, panathleta e past presidente del Club di Reggio Calabria. La Juventus infiammava l’animo di milioni di sportivi italiani con Omar Enrique Sivori, fantasista irriverente arrivato dall’Argentina, e John Charles, il gigante buono gallese, ispirati da Giampiero Boniperti per il quale il mitico Gianni Brera coniò il termine centrocampista. Anche il Milan di Liedholm, Schiaffino, Altafini, Maldini e Buffon , con l’astro nascente Gianni Rivera, polarizzava il tifo calcistico soprattutto al nord Italia. I colori del momento’insomma, erano il bianconero e il rosso nero. Noi, invece, eravamo orgogliosamente ‘doriani’ e la domenica mattina scendevamo in campo sui campetti di casa e dei comuni vicini per affrontare vere e proprie battaglie calcistiche, spesso vittoriose. Noi ‘virtussini’ conserviamo un bel ricordo anche delle lunghe e pesanti pedalate, anzi autentiche sfacchinate, che precedevano e seguivano la partita quando si giocava in trasferta. In casa era diverso, ma ugualmente impegnativo in quanto giocavamo su un campo inventato in una campagna abbandonata, che dovevamo liberare da sterpaglie, curandone il terreno con zappette e rastrelli. Le porte erano costituite da due paletti senza traversa, lo segnavamo con il gesso spalmato con le mani. Che tempi! Della Virtus, sono stato calciatore, presidente e capitano, avevo tre ruoli che mi garantivano il posto in squadra. A prescindere. Così usava all’epoca, ma devo dire che questa mia peculiarità non é stata mai motivo di screzio con i compagni. Quando riguardo le foto della Virtus, ci scappa un sorriso e qualche lacrima ricordando Mario e Giorgio, che non ci sono più. Eravamo ragazzini, a volte capricciosi, ma molto uniti. Anche con i vecchi avversari di Lizzanello, San Cesario, Merine, Arnesano, i paesi vicini con cui ci affrontavamo in accesissime sfide é rimasta negli anni una bella amicizia. L’esperienza ‘virtussina’ di giovane squadra autogestita durò circa tre anni, fino a quando un appassionato sportivo cavallinese, il ‘maestro’ Oronzo che faceva il cantoniere, che da tempo ci seguiva da lontano, assorbì la Virtus e la iscrisse al campionato Juniores Figc, che si disputava a Lecce, al campo ‘Bisanti’ di proprietà federale, appena inaugurato al Rione Castromediano. La nostra squadra fu l’unica di provincia ammessa perché l’impianto ricadeva nel territorio comunale di Cavallino. Al primo campionato mantenemmo la divisa doriana, poi le vecchie maglie blucerchiate finirono in soffitta, la Virtus si trasformò in Libertas e la maglia blucerchiata venne sostituita da quella bianca con lo scudo crociato sul petto. Il gruppo virtussino continuò ancora per qualche anno a tenere in alto il nome del calcio giovanile cavallinese, ma di fatto si estinse gradualmente anche per l’innesto di nuovi calciatori.
L’ALTRA ‘VIRTUS’ – La nostra Virtus non c’era più, quando una decina di anni dopo scoprimmo che a Martignano, comune a una decina di km da Cavallino, un’altra squadra di ragazzini giocava con la maglia della Samdporia. La cosa ci sorprese non poco. Si chiamava ‘Sandrino Mazzola’, in onore del grande calciatore interista e il suo fondatore era stato un ragazzino tredicenne, Luigino Sergio, desideroso di mettere in mostra il suo talento calcistico. Non c’era stata emulazione, solo una singolare coincidenza organizzativa. Il bravo e ambizioso ragazzino attinse a fondi del nonno, titolare di un avviato forno del paese e con l’aiuto di un amico più grande di lui acquistò la divisa della Sampdoria per evitare attriti da i compagni di vario orientamento del tifo. Tutto esattamente uguale a quanto avvenuto nella Virtus. Il piccolo Luigino, oggi affermato Dirigente ASL Lecce, coronava il sogno di aver una squadra tutta sua, di cui fu presidente, calciatore e capitano. Anche a Martignano l’esperienza dei ragazzi in maglia blucerchiata si esaurì dopo alcuni anni di intensa attività.
INTRECCI – Come tutte le vicende della nostra l’adolescenza, l’esperienza della Virtus mi ha segnato. La maglia blucerchiata mi é rimasta nel cuore. Seguo la Sampdoria dai tempi di Sergio Brighenti ed Ernesto Cucchiaroni, passando per Barison , Frustalupi e Lippi ed arrivare a Vialli e Mancini , i gemelli del gol, protagonisti del miracolo-scudetto firmato da Vujadin Boskov. Negli anni successivi un sottile filo rosso, inoltre, ha legato la mia vita professionale alla Sampdoria. In varie occasioni le nostre strade si sono incrociate. Nel 1979, alla vigilia di un Lecce-Samp, in un albergo cittadino, ebbi modo di incontrare la squadra allenata dal mio amico Lamberto Giorgis, che l’anno prima aveva guidato il Lecce.
Conservo ancora il gagliardetto son la sua firma e quella di Marcello Lippi, capitano di quella squadra. Entrando nel Panathlon Club di Lecce, nel lontano 1982 ebbi il piacere e l’onore di conoscere e frequentare un panathleta molto speciale,
Bruno Venturini (1911-1991), che era stato il portiere della nazionale italiana, medaglia d’oro alle Olimpiadi di Berlino del 1936. All’epoca il caro Bruno era il portiere del Sampierdarena/Liguria, che qualche anno dopo con la fusione con Andrea Doria avrebbe dato vita alla Sampdoria. L’8 novembre del 2004, a seguito di episodio di fair play, che coinvolse Bazzani, in Sampdoria- Atalanta (il giocatore doriano attese che Nobili, suo avversario, colpito involontariamente, si riprendesse per rientrare in campo insieme con lui), premiai il giocatore con una targa fair play al ‘via del mare’. L’ultimo mio ‘contatto’ con la Samp é abbastanza recente, risale al 29 novembre 2018 in occasione della manifestazione ‘Liber libri’ di Gallipoli. Insieme con l’allenatore Aldo Sensibile, già braccio destro di Vujadin Boskov, partecipai alla presentazione del libro ‘Pallone entra quando Dio vuole’, alla presenza dell’autore, lo scrittore piemontese Danilo Crepaldi, che ha magistralmente ripercorso l’intera vita dell’allenatore di Novi Sad, attraverso le vittorie, episodi, i miracoli e gli aforismi che lo hanno consegnato alla storia del calcio. Non so dire se in futuro avrò ancora modo di incrociare ancora vecchia e cara Samp. Potrà accadere se il Lecce andrà in serie A. Ovviamente me lo auguro. Per ora mi affido ai ricordi, da vecchio e appassionato ‘doriano’ del Salento.