- di Francesco Schillirò – Napoli Area 11 Campania
Da quel che abbiamo visto e letto in questo ultimo periodo, senza voler scendere nei particolari ormai triti e ritriti sui mezzi di divulgazione e sui social, ritengo che siamo passati, ma già da molto tempo, dal De Coubertinismo all’Orwellismo, caratterizzato da questa frase di George Orwell soprannome di Eric Arthur Blair: ”lo sport serio non ha nulla a che fare con il fair play, è legato all’odio e alla gelosia, alla vanagloria, all’inosservanza di tutte le regole e al sadico piacere della violenza inutile”. Ricordando Eraclito, vi è un “ logos”che governa in modo oscuro e inconoscibile? La frase di Orwell di circa ottant’anni fa è ancora attuale. però, i nost ri tempi consentono di prendere contezza di quel che avviene a “ tempo zero” con più o meno dovizia di particolari che attentamente analizzati, ci fanno capire che qualche gesto condannabile dell’atleta ,specialmente negli sport di squadra in campo aperto, sono dovuti allo stress ed all’obbligo del risultato imposto e che spesso lo condiziona nel suo stesso modo di vedere e amare lo sport. Mi torna in mente una frase di Kurt Russell: ”Ho giocato a livello agonistico in vari sport, ma quando giochi per soldi la questione cambia completamente”. Certamente per gli atleti professionisti tesserati per Federazioni che riconoscono il professionismo ma anche per gli atleti non professionisti che dalla loro attività sportiva traggono notevoli guadagni economici ,il risultato vincente ,diventa quasi un dovere contrattuale per i primi e una via di guadagno per la seconda categoria. Rendiamoci conto di ciò e cerchiamo di essere divulgatori dei principi della nostra Associazione Panathlon nei diritti dei giovani nello sport e dei doveri dei genitori evitando che il “ Ludis iungit” non diventi in alcuni “ ad ludendumne an ad pugnandum”.