Di Alessandro Fontana – Redazione Panathlon G. Brera Università di Verona
Misurarsi con la figura di Gianni Mura non è impresa semplice. Personalità eccentrica e di indiscusso carisma, va annoverato di diritto nella ristretta schiera di quei giornalisti che potremmo definire rivoluzionari, tanto profondo e folgorante è stato il suo impatto nel rinnovare l’estetica e i canoni linguistici della professione.
Lui che con umiltà si schermiva (e si stupiva) quando lo paragonavano ad un altro fuoriclasse del giornalismo italiano come Gianni Brera, al pari dell’inarrivabile maestro ha lasciato un vuoto struggente e incolmabile quando il 21 marzo 2020, all’età di 74 anni, se n’è andato, in punta di piedi, lontano dai riflettori come era nella sua indole schiva e riservata.
Ineguagliabile cantore di storie e personaggi legati al mondo dello sport (calcio e ciclismo su tutti), ma anche di osterie, musica e poesie, è stato fonte di ispirazione per tantissimi colleghi. Lo stile asciutto, immediato e coinvolgente descriveva il suo modo di essere.
Detestava l’ipocrisia e l’arroganza, che non mancava di mettere alla berlina nei suoi articoli o nella sua imperdibile rubrica “Sette giorni di cattivi pensieri”, che usciva la domenica sul quotidiano La Repubblica.
Gianni Mura era un personaggio profondo e complesso, talvolta imperscrutabile, ma capace di emozionarsi e di emozionare.
All’apparenza burbero e introverso, sapeva toccare con grande sensibilità le corde più profonde dell’anima di chi ha avuto il privilegio di conoscerlo e di condividere insieme a lui esperienze professionali o momenti di grande convivialità.
E sono stati proprio loro, amici di lunga data e colleghi, a tributargli un caloroso omaggio in occasione della presentazione del volume curato da Adalberto Scemma “Per Gianni Mura. Saggi, ricordi e testimonianze” (Edizioni Zerotre, collana “La coda del drago”).
<<Solo verso fine agosto, primi di settembre, abbiamo definito le coordinate per la pubblicazione di questo libro, – così Scemma – cercando di coinvolgere personalità di spicco del giornalismo sportivo e della cultura. In soli due mesi abbiamo portato a compimento l’opera, un risultato straordinario che dimostra quanto entusiasmo e quanto affetto richiamasse la figura di Mura.>>
In occasione dell’evento, organizzato presso l’Auditorium della Corale Verdi di Parma, sono intervenuti con le loro appassionate testimonianze il direttore della Gazzetta di Parma Claudio Rinaldi, i giornalisti Vittorio Testa, Fabrizio Ravelli e Adriano Ancona, il professor Gilberto Lonardi, docente di Letteratura italiana presso l’Università di Verona nonché componente del Centro nazionale di studi leopardiani di Recanati, e il campione del mondo di ciclismo Vittorio Adorni, che a 84 anni (splendidamente portati) resta ancora un’icona senza tempo di classe, stile ed eleganza.
<<Gianni era una persona buona – ricorda Fabrizio Ravelli – di lui mi colpivano l’umiltà, la dolcezza ma soprattutto l’innata curiosità. Faceva tante domande, voleva capire, era un uomo di cultura e aveva una memoria straordinaria. Si poteva stare ore ad ascoltarlo.>>
E proprio questa sua grande curiosità, questa costante e, per forza di cose, incompiuta tensione verso la conoscenza erano una delle cifre stilistiche di Gianni Mura:
<<Era un fuoriclasse, un predestinato – così Claudio Rinaldi – all’inizio della sua carriera non aveva una grandissima considerazione dei giornalisti sportivi, ma dopo l’esperienza alla Gazzetta, in cui scoprì che c’erano anche colleghi appassionati di letteratura, teatro e cultura, dovette ricredersi. Gli bastò poco per trovare il suo stile, non prima però di aver imparato una lezione fondamentale, che gli impartì il direttore della Rosea Gualtiero Zanetti dopo la sua prima intervista importante: “Di Brera ce n’è già uno ed è bravissimo, ma basta lui. A noi ci deve capire il muratore della Bovisa, che poi con il tuo pezzo ci fa anche il cappellino”. Il messaggio tra le righe era: scrivi semplice e non imitare nessuno.>>
Un insegnamento che lo accompagnò per tutto il resto della sua carriera e che ha contribuito a regalarci pagine memorabili di grande giornalismo, non solo sportivo. Mura infatti era un grande appassionato, quasi un cultore, della buona cucina e del buon vino (Gigi Garanzini per lui ha prodotto un Nebbiolo in purezza che ha chiamato Suiveur), di cui gli piaceva dissertare nella rubrica che curava sul “Venerdì” di Repubblica assieme alla moglie Paola. Ed era a tavola, con gli amici, che sapeva aprirsi e rivelare la parte più genuina e spontanea di sé:
<<Quando eravamo in compagnia sapeva sempre accendere la serata – così Vittorio Testa – memorabili le partite a carte all’osteria di Montisola, la sua oasi di pace e tranquillità sul lago d’Iseo, dove amava rifugiarsi per riscoprire i tempi lenti, il mangiar bene e quella dimensione familiare che gli era difficile ritrovare nel caos della metropoli milanese.>>
Queste ed altre testimonianze arricchiscono un volume che ripercorre con tocco delicato la vita e la carriera di uno dei più grandi giornalisti italiani, maestro, compagno di avventure e fratello maggiore per generazioni di colleghi.
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