Sport non di contatto, assurde limitazioni
di Alberto Capilupi
Alberto Capilupi, per tanti anni docente presso la Facoltà di scienze motorie di Verona, entra a far parte della redazione di Panathlon Planet. Giornalista pubblicista, ha lavorato per i quotidiani L’Arena di Verona e La Voce di Mantova, per il settimanale Verona Sette e ha diretto il mensile Lo Sport Veronese. Maestro nazionale di tennis F.I.T e giudice arbitro nazionale di tennis, è stato il fondatore della CAPDI (Confederazione Associazioni Provinciali Educazione Fisica) che ha presieduto per molti anni. Ha praticato a livello agonistico tennis e atletica leggera. Vanta due titoli italiani Masters nel salto in alto. E’ socio del Panathlon Club Gianni Brera-Università di Verona BENVENUTO NELLA NOSTRA REDAZIONE.
L’Italia continuerà a partecipare alle Olimpiadi perché è stata sancita (o ribadita in extremis) l’autonomia del CONI. Probabilmente, però, ci si è dimenticati di sancire anche la reciprocità, cioè l’autonomia dello Stato rispetto al CONI. Lo si è visto in questo periodo di pandemia, in riferimento alle competenze in campo sanitario per quanto riguarda la prevenzione del contagio. Il CONI, infatti, non può pretendere di avere competenze in questa materia, mentre lo Stato (tramite il Governo di turno, le Regioni e i Comuni) le ha totalmente.
Il pasticcio è nato quando alle limitazioni imposte dal governo nei confronti della popolazione è stata chiesta e ottenuta dal CONI l’eccezione per gli atleti di interesse nazionale. Questa sembrava essere una concessione abbastanza accettabile e ragionevole. Il punto debole della proposta era però che molti atleti di interesse nazionale si sarebbero potuti allenare e gareggiare anche in condizioni di rischio di contagio. Ma quali atleti avrebbero corso il rischio di contagiarsi? Non tutti. Sicuramente l’avrebbero corso quelli degli sport di contatto, come infatti è avvenuto e sta continuando ad accadere. Al contrario non ci sarebbe stato alcun rischio di contagio per chi praticasse sport di contatto, come infatti si è registrato e sta accadendo. Sarebbe stato sufficiente partire da questa distinzione: limitazioni per gli sport di contatto e libertà di pratica per gli sport e le attività amatoriali non di contatto.
Purtroppo si è presa invece un’altra strada. Il CONI, preoccupandosi di non bloccare gli allenamenti e le competizioni in calendario, ha chiesto, imposto e ottenuto che le eccezioni non riguardassero soltanto gli atleti di interesse nazionale, ma che fossero estese alle gare di interesse nazionale e ai relativi allenamenti. Ma chi avrebbe potuto usufruire di tali agevolazioni? Tutti e soltanto gli atleti in possesso di tessera agonistica. Così quella che avrebbe dovuto rappresentare un’eccezione limitata a pochi atleti di eccellenza si è trasformata in una scappatoia di massa.
Una situazione avvilente. In certi sport, si verifica addirittura che dei principianti possano praticare attività sportiva per il solo fatto di essersi procurati la tessera agonistica (semplicemente grazie alla visita medica agonistica, che però non ha nulla a che vedere con il rischio del contagio). E quando si legge che può essere richiesta al possessore della tessera la partecipazione a gare in calendario, viene proprio da sorridere (o da ridere), perché basta presentarsi alla gara o esibire rimanendo a casa certificato medico per giustificare la propria assenza alla gara in cui ci si è iscritti.
Il CONI, quindi, ha imposto al Governo estensioni di massa per le eccezioni, cercando di tutelare il calendario agonistico. Nessuna preoccupazione invece, da parte del CONI, sulla tutela sanitaria nel campo della prevenzione dei contagi. Ma d’altra parte questa è una materia in cui il CONI non ha alcuna competenza: al contrario queste spettano allo Stato. L’errore, perciò, è da imputare al Governo, che ha accettato tale imposizione, sposando l’impostazione delle estensioni allargate dal CONI.