-Da Pesaro, Angelo Spagnuolo–
Negli ultimi anni il portiere di calcio ha visto il proprio ruolo mutare profondamente. E sì è dovuto adeguare ai tempi, a prospettive diverse, alle nuove qualità richieste. Non è più solo l’estremo difensore, il guardiano un po’ solitario, malinconico e spesso guascone della propria porta, il padrone incontrastato della propria area di rigore. Non deve più utilizzare in modo impeccabile solo le mani. Ma anche i piedi, affinando le capacità di passaggio, di palleggio. Quando la propria formazione riprende il gioco, nella maggioranza dei casi non rilancia più lungo, ma appoggia per i compagni di difesa che spesso gli ripassano il pallone. Il gioco moderno prevede l’impostazione dell’azione dal basso, con una fitta rete di passaggi, talvolta anche orizzontali. La palla va sempre giocata, mai buttata. E occorre aggirare il pressing degli attaccanti avversari, sempre più alto e asfissiante, per creare, se non si perde la sfera, superiorità nell’altrui metà campo. Con rischi enormi e nuove responsabilità addossate sul portiere. Come se non ne avesse già abbastanza un giocatore che se para fa solo il suo dovere, che se si tuffa fa “teatro”, che se respinge “poteva trattenerla”, che se sbaglia diventa capro espiatorio di una sconfitta. E che qualche soddisfazione se la toglie solo nel caso in cui riesca a parare un calcio di rigore, unica situazione in cui tutto il peso dello sbaglio ricade sull’attaccante.
Anche se partecipano al gioco, hanno educato e raffinato i piedi, in Italia è assoluta rarità vedere dei portieri segnare dei gol, incaricati di calciare rigori o punizioni dal limite. Di solito varcano le aree avversarie solo nei minuti di recupero, in situazioni “disperate”, con la propria squadra che batte un calcio d’angolo ed è in svantaggio di una rete. Tentativi estremi di riacciuffare una partita, di segnare un gol qualificazione, alla ricerca di un colpo di testa o di una deviazione salvifica, sfruttando l’elevazione e l’altezza di cui proverbialmente dispongono. Lasciando nel frattempo incustodita la propria porta, supremo rischio per un portiere
In epoca più risalente si ricordano gli exploit di Sentimenti IV, che con Modena, Juventus e Lazio realizzò ben 5 reti, tutte su rigore, tra il 1940 e il 1959, e di Antonio Rigamonti che, tra il 1967 e il 1986, ne fece 3 dal dischetto con il Como. In tempi più recenti, il primo a segnare su azione fu Michelangelo Rampulla che, prima della carriera juventina, con la maglia della Cremonese insaccò di testa il gol del pareggio al 92’ a Bergamo contro l’Atalanta. Lo imitarono nel 2001 Massimo Taibi durante Reggina-Udinese e nel 2017 Alberto Brignoli, portiere del Benevento, che realizzò sempre di testa al 94′ la marcatura che consentì alla squadra campana di pareggiare 2 a 2 contro il Milan e conquistare il primo storico punto in serie A. Non solo campione del mondo nel 2006, Marco Amelia ha un interessante primato. Resta l’unico portiere italiano ad aver segnato nelle Coppe europee, con la maglia del Livorno, a Belgrado, contro il Partizan in Europa League, stagione 2006-07.
In Sudamerica invece molto più frequente è la scena di un portiere che segna e festeggia un gol. Tutti ricordiamo i rigori parati e soprattutto quelli segnati, i dribbling, la straordinaria abilità con la palla fra i piedi e nei calci piazzati, il desiderio spasmodico di regalare spettacolo al pubblico di Renè Higuita, ilportiere colombiano unico nel suo genere. Un rivoluzionario, così diverso dal prototipo tradizionale del suo ruolo, 1 metro e 75 centimetri appena di altezza compensati da tanta lucida follia, simboleggiata a perfezione dalla sua “parata dello scorpione”.
62 reti, di cui otto con la maglia della sua Nazionale, li ha realizzati il celebre estremo difensore paraguayano José Felix Chilavert, portiere volante per eccellenza, carattere straripante, piede divino, eletto miglior giocatore sudamericano nel 1996. Altro protagonista indimenticabile, famoso per i gol segnati e le divise sgargianti che disegnava e indossava, Jorge Campos, l’ex portiere messicano con licenza di offendere, autore di oltre 40 reti totali, diverse delle quali su azione.
Ma il primato di portiere con più gol segnati nella storia del calcio appartiene a un ex numero uno forse meno conosciuto in Europa, ma dalla carriera lunga e leggendaria, protagonista di una vera e propria epopea: il brasiliano Rogerio Ceni, non a caso definito nel suo Paese “o Mito”. Un portiere che, in un calcio generalmente sempre più caratterizzato da repentini cambi di casacca e trasferimenti al miglior offerente, è stato innanzitutto “bandiera” del San Paolo. Con cui ha disputato la bellezza di 1198 partite superando il record di Noel Bailie, calciatore nordirlandese del Linfield fermo a 1013, come giocatore con il maggior numero di apparizioni con un solo club. Record difficilmente battibile. Presenze accompagnate dalla conquista di ben 26 titoli tra cui 3 Campionati Brasiliani, 3 Paulisti, 2 Coppe Libertadores, 1 Coppa Intercontinentale e un Mondiale per Club. Un palmares eccezionale in un Paese, il Brasile, in cui c’è una forte e variegata contendibilità della leadership nazionale.
Successi raggiunti da Ceni per gradi, con tanto sudore, pazienza e duro lavoro, senza regali di nessuno. Sfruttando le occasioni giuste, quando finalmente gli si sono presentate dopo lunghi anni di gavetta e panchina. Arrivato dal Sinop – la sua prima squadra professionistica – al San Paolo a 17 anni, dal 1990 al 1996 è stato terzo o secondo portiere, riserva di monumenti come Gilmar e Zetti. Solo da quando quest’ultimo cambiò squadra, Rogerio ricoprì finalmente il ruolo di portiere titolare, agognato da ben sette stagioni.
Difendere i pali però non gli bastava. Tra una parata e l’altra, durante gli allenamenti, sentiva di avere un forte talento anche per altro. Ed ebbe la voglia e la costanza di coltivarlo e allenarlo quel talento. Il suo piede destro non era solo educato, ma prezioso, sontuoso. Con un’ottima predisposizione per il calcio da fermo. “Arrivavo un’ora prima all’allenamento, mi portavo un sacco con 20 palloni e calciavo con una barriera mobile”. Il San Paolo nel 1997 non aveva nella squadra titolare calciatori specialisti del calcio di punizione. Il 15 febbraio, in una partita del campionato paulista contro l’União São João, il San Paolo conquistò negli ultimi minuti del primo tempo un calcio piazzato. Abbandonando i pali, provò a batterlo proprio Rogerio tra la sorpresa e lo scetticismo di molti. Il tiro fu potente e angolato. La palla terminò in rete. Fu l’inizio della leggenda. Il primo di una lunghissima serie di gol.
Saranno in totale 131, 61 da calcio di punizione, 69 su rigore, uno su azione. Per intenderci, più del doppio di quelli realizzati da Chilavert. In una sola stagione, quella 2005-06, ne ha segnati addirittura 21. Gol tra l’altro caratterizzati da eleganza e classe non comuni. Cecchino infallibile – un solo rigore sbagliato in carriera –, per 25 anni Ceni è stato il terrore delle difese avversarie e soprattutto dei suoi colleghi portieri. Il suo tiro di punizione una sentenza.
Giocatore carismatico, erano celeberrimi i suoi discorsi motivazionali all’interno dello spogliatoio. Soprattutto nei momenti di difficoltà della squadra, da leader vero. Dimenticavamo: tra un gol segnato e l’altro, tra un dribbling e l’altro – si dilettava anche in quelli – ha continuato a parare, a svolgere egregiamente il suo lavoro tra i pali. Non è stato un portiere fuoriclasse, occorre dirlo. Ha avuto alti e – pochi – bassi, con alcune topiche inevitabili in una carriera così lunga. Ma è stato comunque un ottimo estremo difensore. Lo dimostrano le presenze in Nazionale brasiliana con cui, seppur da riserva, ha vinto il Mondiale 2002 e la Confederations Cup 1997. Lo hanno constatato direttamente Steven Gerrard e il Liverpool durante il Mondiale per Club 2005: Rogerio parò di tutto e di più, consentendo al San Paolo di vincere per 1-0, con la ciliegina sulla torta di essere stato eletto miglior giocatore del torneo.
Appesi guanti e scarpette al chiodo nel 2015, “o Mito” ha intrapreso la carriera da allenatore. Ultimo prestigiosissimo approdo, il Flamengo. Chissà che non scovi qualche terzo portiere dal piede fatato.
Questo articolo di Angelo Spagnuolo, rielaborato per Panathlon Planet, è tratto dal blog di Overtime Festival, la Rassegna Nazionale del Racconto, dell’Etica e del Giornalismo Sportivo, che si svolge da dieci anni a Macerata nel mese di ottobre (https://overtimefestival.it/blog-overtime/)
I gol più belli di Rogerio Ceni in carriera
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