“Sagace, ironico, pungente, Riccardo Magrini, da buon toscano, telecronista dei Eurosport, ci racconta le imprese dei ciclisti nel suo inconfondibile stile naif”.
Di Federica Zaniboni
A quattordici anni, si sa, non c’è desiderio più grande che poter sfrecciare con gli amici su due ruote. A volte, però, succede che oltre a quelle due ruote si aggiungano anche un paio di pedali e una catena. E che invece del motorino ci si ritrovi, inaspettatamente, in sella a una bicicletta. Ecco, se poi ci si chiama Riccardo Magrini, quello è esattamente il momento che segnerà per sempre il resto della vita. Vent’anni da corridore, una parentesi come direttore sportivo e infine la professione del telecronista. Una voce inconfondibile, che dal 2005 commenta le gare di ciclismo su Eurosport, portando con sé il pubblico nel mondo delle “fagianate”, del “veglione del tritello” e di tutto un linguaggio nuovo e unico nel suo genere.
«Mi hanno attribuito questa maniera innovativa di fare telecronaca, ma per me non si tratta di una cosa costruita: sono sempre stato un po’ burlone, è il mio modo d’essere» spiega Magrini, 66 anni. «L’espressione “veglione del tritello”, ad esempio, la uso quando un atleta scatta su una grande salita e provoca una selezione così netta degli altri corridori da sparpagliarli tutti da una parte all’altra. Il veglione è una festa e il tritello fa riferimento alla frantumazione. Ecco, questo termine nasce da un episodio di anni fa, accaduto in Maremma» racconta divertito il commentatore toscano. «Un amico urta una credenza piena di bicchieri, la fa cadere e va tutto in mille pezzi. Il proprietario del mobile dice: “hai fatto un bel veglione del tritello”». E poi naturalmente, c’è la famosa “fagianata” che, come dice il telecronista, «è quando un corridore non scatta subito ma adotta la tattica del fagiano: un animale che prima di spiccare il volo si aiuta con le zampette».
Nel 2019 esce anche un libro con il titolo Fagianate, scatti e scie, firmato da Riccardo Magrini e Luca Gregorio, che raccoglie tutte le espressioni e le parole che contraddistinguono le telecronache dei due autori. «In quel periodo raccontiamo le corse dal Bianchi Caffè in zona San Babila a Milano, dove il pubblico può venire a seguirci dal vivo. Tra queste persone c’è anche Raffaella Ricci, che lavora all’ufficio comunicazione di Rizzoli. Sentendo le nostre telecronache, ha l’idea di proporci un libro». Un’occasione non soltanto per offrire ai lettori una cospicua selezione di episodi e racconti, ma anche per incontrare la gente e parlare di ciclismo. Come sottolinea Magrini, «durante le presentazioni si trova tanto affetto ed è bello vedere quante persone seguono questo sport».
Ma il suo primo approccio con il ciclismo avviene proprio in sella ad una bicicletta, quando nel 1972 inizia come dilettante, per diventare poi professionista cinque anni dopo. «Nel 1983 riesco anche a vincere una tappa del Giro d’Italia» racconta. «Mia mamma registra tutto su una cassetta vhs, ma tempo dopo scopro che per sbaglio ci sovrascrive un altro programma. La mia vittoria di Montefiascone non c’è più» dice Magrini. «La cerco ovunque, su internet, alla Rai, mi metto perfino in contatto con alcuni collezionisti… Niente, non si trova assolutamente. Poi, giusto un mese fa, faccio un appello alla tv ed ecco che ricevo un messaggio da un appassionato che la possiede. Come diceva Jannacci, la televisione ha una forza da leone». E così finalmente Magrini recupera la sua vittoria al Giro d’Italia di quell’anno: due ore di filmato con tanto di interviste. «L’ho riguardata con grande soddisfazione, è un bellissimo ricordo» spiega. «Devo solo dire grazie allo sport, se oggi sono qua. Non sono una di quelle persone che guardandosi indietro rifarebbero tutto, anzi, cambierei tantissime cose. Ma il ciclismo mi ha dato un’immensa gratificazione. E non tanto con le vittorie, quanto più con la conoscenza. Mi ha permesso di girare il mondo, di visitare tantissimi Paesi: Giappone, Hawaii, Scandinavia, Olanda, Belgio… Ho conosciuto culture e persone. Il ciclismo è fatica, sacrificio, e ti permette di entrare nel cuore della gente. Il Giro d’Italia, per dire, passa sotto casa tua, ed è un immenso privilegio».
Un grande amore, quello di Riccardo Magrini, che gli permette di vivere lo sport a trecentosessanta gradi, e che nasce quasi per caso, quando da adolescente desidera tanto un motorino e riceve in regalo dai genitori una bicicletta. «È una bellissima bici da corsa, costa 50mila lire» ricorda. «Un cugino di mio padre è un cicloamatore: a quei tempi, negli anni ’70, non ce ne sono tantissimi. Così un giorno mi porta con lui a fare un giro, e io lo stecco» racconta con un sorriso. «A quel punto la passione nasce da dentro e cresce sempre di più anche attraverso i risultati».
Eppure, quello con la bicicletta, non è il solo incontro importante nella vita del telecronista toscano: i cavalli, a un certo punto, gli entrano nel cuore. «Sono animali fantastici, che hanno sempre accompagnato l’uomo nel corso della storia, in tutte le sue malefatte e nelle guerre. Il cavallo è una roba fantastica» dice Magrini quasi emozionato. «Essendo cresciuto a Montecatini Terme, che è un paese soprattutto turistico, da sempre ho una passione mai espressa direttamente per i cavalli. Vado alle corse, ma non sono nemmeno un giocatore». Ed ecco che di nuovo un episodio inaspettato stravolge la vita dell’ex corridore, portandolo direttamente sulla pista di un ippodromo. «Non sono mai salito su un cavallo prima di allora, non so nemmeno come fare… Ma una volta lì è pazzesco. Dopo questa prima corsa ne seguono altre, mi parte la frenesia: ne faccio 52 per beneficienza, a volte pure vincendo e togliendomi qualche soddisfazione». E anche se adesso non va più a cavallo, ammette che questi animali gli piacciono ancora molto.
Dieci anni della vita di Magrini vengono consacrati al ruolo di direttore sportivo. «Sono stato uno dei pochi a lavorare sia con Pantani che con Cipollini, uno nel 2002 e l’altro nel 2004. Io e Marco ci conoscevamo da tempo, era una persona molto intelligente» ricorda. «Insieme ci piaceva cantare, soprattutto durante i viaggi in macchina: lui era convinto di essere bravissimo ma io gli dicevo che stonava. Era una persona molto profonda, di grande carisma». E senz’altro un campione fenomenale: uno, sempre, da “veglione del tritello”.