Da Verona, Romano Mattè
Non possiamo cogliere a fondo la vera causa di quanto ora sta accadendo a livello muscolo-tendineo (soprattutto muscolare!) nel nostro massimo campionato se non guardiamo a quanto è avvenuto nella seconda parte dello scorso torneo. Nulla accade per caso! Le scorie accumulate a causa degli stravolgimenti avvenuti nella preparazione fisico-atletica alla ripresa dopo la lunga, sofferta, tragica serrata di allora (quasi tre mesi!) sono in buona parte responsabili remote di quanto sta avvenendo. I giocatori furono costretti a effettuare preparazioni individualizzate, personalizzate, anche innovative per certi aspetti, che li hanno esposti tuttavia a un maggior rischio di infortuni muscolari (il 30 per cento in più secondo recenti studi, soprattutto alla coscia, ai flessori, agli adduttori e al soleo.
La mattanza muscolare si è iniziata alla ripresa del campionato. Si richiedeva la massima intensità, quando è ben noto che il ritmo di gara può garantirlo soltanto la gara stessa. Nessuna metodologia di allenamento, per quanto moderna e sofisticata, può sostituire il ritmo dato dal confronto agonistico. La ripresa di quel campionato dopo la lunga serrata avvenne in condizioni a dir poco proibitive: gare forzatamente ravvicinate in condizioni meteo (alta umidità relativa) anti-atletiche per eccellenza che non consentivano adeguati recuperi, soprattutto a livello nervoso.
Tutte le squadre hanno pagato un pesante pedaggio, soprattutto il Verona di Juric per la sua peculiare filosofia di gioco. L’Hellas non gioca quasi mai di ripartenza individuale. (la rete di Pessina, su splendido assist e pallonetto di Verre, è stata una rara spettacolare eccezione) ma attacca di ripartenza collettiva portando ben 6-7 uomini negli ultimi 20-30 metri offensivi. Queste ripartenze a valanga corta, compatta, ordinata, intelligentemente propositiva e aggressiva, sostenuta sulle corsie esterne da una tambureggiante manovra avvolgente (Lazovic-Faraoni) richiedono un grande dispendio psico-energetico. Le seconde linee devono affondare e strappare per 70-80 metri tra andata e ritorno mentre per i “martelli” esterni la distanza è doppia. Ovvio allora che l’Hellas pagasse più di altri, per la sua stessa filosofia di gioco, in intensità e tenuta alla distanza.
Tutto ciò accadeva nella parte terminale dello scorso torneo. La sosta troppo breve tra i due campionati ha costretto le squadre a preparazioni di base troppo ridotte, compresse, approssimative, senza amichevoli per paura di contagi in sostituzione dei tradizionali 30-35 giorni di carichi di lavoro con impegni agonistici sempre crescenti. Di qui il pesante pedaggio da parte dei giocatori ed e la nuova mattanza a livello muscolari. I calendari supercompressi con le varie gare di recupero e Coppe varie infrasettimanali hanno dato infine il colpo di grazia.
Quali le cause, oltre a ciò che abbiamo evidenziato? Due le ragioni, essenzialmente. La lesione ai flessori è dovuta (anche) errori nei carichi di allenamento: si potenzia a dismisura il quadricipite creando così uno squilibrio dinamico con il suo antagonista, che è appunto il flessore della coscia. Viene toccato anche il soleo, che appartiene alla loggia posteriore della gamba e che è il muscolo deputato al puntamento del piede (ha come antagonista il tibiale). Non vi è una predisposizione genetica per la lezione al soleo (prognosi di 30-40 giorni) ma impegni agonistici ravvicinati senza adeguati recuperi (specie a livello nervoso) a un’età atletica non più verde (i quasi 40 per Ibra e i 36 per Veloso) sono concause predisponenti.
Vi è anche un’altra importante e subdolamente devastante concausa che viene spesso sottocitata. L’atmosfera cupa, tragica, depressiva, allucinante che stiamo vivendo (pensiamo ai giocatori che devono sottoporsi a ripetuti controlli giornalieri) crea un grave stato di stress psicologico, conscio o inconscio, che abbatte le nostre difese immunitarie e ci rende pertanto più vulnerabili, soprattutto là dove il nostro corpo viene più sollecitato nella prestazione agonistica. Ricordiamoci di una massima che così recita: “Natura salva lo stanco atleta infortunandolo o rendendolo abulico oltre misura”. Oppure, memorizziamo ciò che disse Walter Bragagnolo, il nostro venerato maestro: “Nulla accade per caso, tutto avviene per una ragione”.