di Angelo Spagnuolo
L’abbiamo distintamente avvertita anche nelle Marche, la terra che generosamente ospita Overtime da dieci anni, colpita al cuore dai terremoti del 2016 e 2017 ma che non si è mai arresa, grazie alla tenacia e al coraggio della sua gente mai doma nonostante tutto, la burocrazia soffocante, lo stillicidio di decreti, i tanti commissari succedutisi senza accelerare l’opera di ricostruzione. Ha fatto riaffiorare vecchi fantasmi, riemergere angoscia e ferite mai cicatrizzate, scattare un’istintiva e sincera vicinanza alle popolazioni colpite, la violenta scossa di terremoto che alle 12:19 del 29 dicembre ha devastato Petrinja e altri piccoli centri a una cinquantina di km a sud est di Zagabria in Croazia. Non appena sono uscite le prime agenzie di stampa con l’indicazione dell’epicentro, abbiamo tutti pensato: “se l’abbiamo sentita così forte qui, figuriamoci gli sconquassi che avrà provocato là”.
Lo sciame sismico ha interessato una zona del Paese balcanico non ricca, lontana anni luce dal Palazzo di Diocleziano e dal brulicante dinamismo di Spalato, dalle feste in spiaggia di Hvar e Pag, dal meraviglioso verde smeraldo dei laghi di Plitvice, non raggiunta dal turismo interno e internazionale. Colpita duramente dalle bombe della guerra degli anni ’90, a fatica si stava riprendendo da quella pagina tragica, con un’economia prevalentemente basata sulla produzione di ottimi salami.
In questo clima di distruzione, di terrore, di lutto, ancora una volta lo sport prova ad essere fonte di sollievo, svago, ispirazione, strumento di rinascita e resilienza. Un termine molto in voga di questi tempi, a volte abusato, ma appropriato e pertinente in questa circostanza. Ha molto colpito ad esempio la voglia dichiarata di tornare ad allenarsi, di riaggregarsi ai suoi compagni di squadra, di Toni Tomusic, il 17enne cestista che milita nella formazione Under 18 della Pallacanestro Trieste, sopravvissuto insieme ai familiari al crollo della sua casa di Petrinja. Lo sport come ragione di vita, formidabile occasione per andare avanti, cullare sogni e speranze.
La volontà di non fermarsi e di non arrendersi ha spinto le Autorità croate e la Federazione Internazionale Sciistica a decidere di confermare il 3 e il 6 gennaio lo svolgimento dei due Slalom speciali, femminile e maschile, sulla pista Crveni Spust, nella zona collinare di Sljeme, a pochissimi chilometri dal centro di Zagabria. Una città, la splendida capitale, ancora alle prese con i danni provocati da un altro recente terremoto, quello dello scorso 22 marzo. Uno sforzo organizzativo imponente, un’ulteriore sfida che si è accompagnata a quella tradizionale di rendere praticabile a questi livelli una pista allestita a pochi metri di altitudine, e a quella, inedita e probante, legata al rispetto dei protocolli e alla sicurezza in tempi di pandemia. “Da tutta la Croazia e da varie parti del mondo, è stato mostrato un grande cuore inviando aiuti a Petrinja, Clina, Sisko e dintorni. E’ altrettanto importante per tutti noi, non pensare continuamente a quanto successo e continuare a lavorare in vista della gara regina”, hanno dichiarato gli organizzatori alla vigilia delle competizioni, non nascondendo preoccupazioni e problematiche, ma neppure la fierezza per quanto stavano compiendo.
Il 3 gennaio è stato portato a termine con successo lo slalom femminile. Con la vittoria appannaggio della campionessa slovacca Petra Vhlova che ha preceduto di pochissimo la giovanissima austriaca Katharina Liensberger e la polivalente svizzera Michelle Gisin. La pattuglia delle atlete azzurre, come accade da un po’ di tempo in questa specialità, non ha ottenuto risultati brillanti e significativi.
Il 6 gennaio sono stati gli uomini a disputare la gara. A trionfare il tedesco Linus Stasser, alla prima vittoria in Coppa del Mondo, sugli austriaci Feller e Schwarz. Poche soddisfazioni per gli atleti italiani, anche a causa dell’“ìnforcata” di Alex Vinatzer, il nostro talento emergente, che l’anno scorso proprio su questa pista ha conquistato il primo podio in carriera.
Una pista che in passato ha regalato ai colori azzurri grandi emozioni, come la vittoria di Giuliano Razzoli nel 2010 e il trionfo, datato 2017, di Manfred Moelgg che, grazie a una seconda manche da urlo, si impose con 72 centesimi di vantaggio su Neureuther e 77 su Kristoffersen.
Ciò che conta davvero è che lo Snow Queen Trophy – questo il nome tradizionalmente dato alla competizione – abbia battuto Covid e terremoto. E che sia stato deciso di devolvere una quota del montepremi a favore delle popolazioni delle aree più martoriate. Aspetteremo invece le prossime edizioni per tornare a godere dello straordinario spettacolo offerto dalla cornice di pubblico croata, dal 2005 tratto distintivo e peculiare di questa tappa della Coppa del Mondo di Sci Alpino. Inserita in calendario soprattutto grazie a Janica Kostelic, la campionessa nativa proprio di Zagabria, in virtù delle cui imprese la Croazia si è appassionata allo sci tanto da convincere la FIS ad organizzare lo Slalom sulla collina di Sljeme nonostante l’oggettiva difficoltà ad assicurare agli atleti un buon manto nevoso ad altezze cosi modeste – peraltro la Kostelic non è mai riuscita ad aggiudicarselo -.
Per concludere, ricordiamoci di tenere sempre accesi i riflettori su tutte le popolazioni che subiscono tragedie di questo tipo. L’iniziale attenzione col tempo si affievolisce e poi svanisce. Occorre fornire aiuti materiali e psicologici, ricostruire case e centri di aggregazione, recuperare anche i luoghi deputati allo svolgimento della pratica sportiva. Perché, non ci scorderemo mai di ribadirlo soprattutto in questi tempi complicati, ad ogni latitudine lo sport non è un’attività non essenziale.
Questo articolo di Angelo Spagnuolo, rielaborato per Panathlon Planet, è tratto dal blog di Overtime Festival, la Rassegna Nazionale del Racconto, dell’Etica e del Giornalismo Sportivo, che si svolge da dieci anni a Macerata nel mese di ottobre (https://overtimefestival.it/blog-overtime/)
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