–Caro Ludovico, grazie per questo splendido pezzo. Ero certo che avresti messo il cuore per raccontare l’epopea di Cesare Maestri. Ti confesserò che proprio perché sei “Uomo di mare del Sud”, ed hai poca dimestichezza con le montagne, che ti ho affidato il compito. Se vuoi, mi sono sfidato…ed ho vinto. Massimo Rosa
Di Ludovico Malorgio
Prima di entrare in argomento, ritengo utile per quanti mi leggeranno far saper come é nata nel nostro direttore l’idea di affidarmi l’incarico di ricordare Cesare Maestri. Al suo generico invito a scrivere del grande alpinista italiano, in occasione della Sua morte, avevo manifestato la mia disponibilità, ma più per un atto di cortesia che per altro. Essendo fresco d’ingresso in redazione mi ero fatto avanti, come per dire che c’ero anche io, invece, nel giro di pochi minuti ho ricevuto l’incarico, che tutto sommato ho accolto con piacere. A questo punto é doverosa una precisazione. Sono nato e vivo nel Salento, ‘terra di mare, di sole e di vento’, quindi ho una formazione ‘marinara’ e non tanta dimestichezza con la montagna. Per scrivere qualcosa di interessante, ho cercato anche di attingere ai miei ricordi d’infanzia, vissuta negli anni ’50, gli stessi in cui nasceva la grande epopea dell’alpinismo sportivo italiano, che si sarebbe protratta fino agli anni ’70 e oltre. In quegli anni si impose all’attenzione del mondo la straordinaria pattuglia di alpinisti italiani composta da Cesare Maestri, Carlo Mauri (1930), Walter Bonatti (1930), Achille Compagnoni (1914) e Lino Lacedelli (1925), gli ultimi due conquistatori del K2 nel 1954.
Mi sono venute in soccorso le immagini che da ragazzino ammiravo sulle copertine, illustrate a colori, de ‘La Domenica del Corriere, storico ‘settimanale degli italiani’ (1899/1986). Non c’era ancora la televisione e ciò che accadeva in Italia e nel mondo veniva raccontato, con l’ausilio di fotografie e disegni, soprattutto da questa rivista, che affidava le copertine alla mano sapiente di un grande vignettista e fumettista Walter Molino (1915/1997), molto bravo a rappresentare con i suoi bozzetti le commedie e i drammi, i piccoli e i grandi fatti di cronaca, di politica e di sport del momento. Cesare Maestri e gli altri grandi alpinisti occuparono spesso la copertina della ‘Domenica’, poiché in quegli anni furono protagonisti di grandissime imprese, tra cui la conquista del K2 (Pakistan 1954, m.8.609 ndr), seconda vetta più alta del mondo dopo l’Everest, ad opera di Achille Compagnoni e Lino Lacedelli. Ed io, già da allora appassionato di sport e di cronaca, imparai a conoscerli e ad apprezzarli. Una persona cara, che se ne va per sempre, lascia un grande vuoto nelle persone che l’hanno amata. A colmare quel vuoto ci aiuta la memoria che, come dice il Poeta, non é solo tenere a mente fatti, parole e immagini, ma catturare e conservare nel proprio intimo l’essenza di una vita. Ciò vale anche per le persone con le loro gesta hanno catturato l’attenzione della gente, acceso grandi passioni e regalato emozioni forti. E’ accaduto di recente con due amatissimi campioni del calcio, Diego Armando Maradona e Paolo Rossi. Dopo i giorni del dolore, sono entrati nella memoria collettiva e vi rimarranno per sempre, come miti di un’epoca passata. Accadrà anche per Cesare Maestri, la cui morte é stata più accettata per la sua veneranda età, ma ugualmente dolorosa, soprattutto per i Suoi più convinti estimatori. Con lui se n’é andato un pezzo di storia dell’alpinismo mondiale. Lo chiamavano il ‘ragno delle Dolomiti’. Scalatore temprato da grandi fatiche ed eccezionale arrampicatore, Maestri é stato uno dei più grandi alpinisti di tutti i tempi. Ha avuto una carriera lunga; tra i primi ad affrontare il sesto grado, sia in salita che in discesa; tra i primi al mondo a realizzare in solitaria ed aprire vie di estrema difficoltà. Sono state circa 3.500 le sue ascensioni. Insomma, se n’è andato un grandissimo un campione.
IL CERRO TORRE – Per Cesare Maestri la vita non é stata tutta rose e fiori. La sua vicenda umana e sportiva è fortemente legata al Cerro Torre, la montagna della Patagonia, per lui fonte di grandi amarezze. Questa montagna, non altissima con i suoi 3.128 metri, per la sua ripidissima parete finale di 900 metri ed il mastodontico fungo di ghiaccio terminale, era stata per molti anni considerata inaccessibile. Nel 1958 Maestri tentò una prima scalata, che si concluse con il ritiro. Vi tornò l’anno dopo e riuscì a compiere l’impresa, ricordata anche per la morte di Toni Egger, suo compagno di cordata. Una decina di anni dopo furono avanzati dei dubbi sulla reale riuscita di questa impresa, poiché Maestri non disponeva di alcuna documentazione fotografica. E molti si chiesero se realmente il “ragno delle Dolomiti” avesse raggiunto la vetta del Cerro Torre. Per tutta risposta Maestri nel 1970 tornò in Patagonia per riconquistare il ‘Cerro’ e portò con sé un pesante compressore, che usò per bucare con un trapano il duro granito della montagna in cui fissò 360 chiodi a espansione. Giunto al termine della parete rocciosa, Maestri non scalò il fungo di ghiaccio. Nel percorso di discesa ruppe a martellate i chiodi e abbandonò il compressore sulla parete.
Per Cesare la montagna è stata una ragione di vita. Gli ha permesso di essere protagonista, a volte amato e ammirato, in altre occasioni invidiato e discusso. Disposto al dibattito, polemico e passionale, é stato a lungo protagonista nel mondo alpinistico internazionale. Reinhold Messner (1944), il più grande alpinista italiano di seconda generazione, famoso per aver scalato le 14 montagne più alte del mondo (oltre gli 8.000 metri), ha sempre contestato la conquista del Cerro da parte di Maestri. Al contempo ha detto di Lui: << Cesare é stato il miglior arrampicatore del mondo della sua epoca, non arrivò in cima al Cerro, ma ho sempre riconosciuto la sua grandezza >>. Leggendario scalatore e arrampicatore, partigiano, guida alpina, maestro di sci, scrittore, Cesare Maestri é stato uomo di grandissima cultura alpina, sempre impegnato nella tutela ambientale, funzionale alle prospettive di lavoro delle popolazioni montane. Il ‘ragno delle Dolomiti’ era nato a Trento il 2 ottobre 1929, lo scorso 19 gennaio ha compiuto l’ultima vittoriosa scalata, la più bella. E’ salito al Cielo.
P.S. – Per il direttore Massimo Rosa
Può accadere di entrare anima e corpo nell’argomento da trattare e di perdere le misure del tempo e dello spazio (soprattutto di questo). Mi é capitato approfondendo la conoscenza di questo grande personaggio,campione di alpinismo e di vita. Me ne scuso. Se ritiene che il pezzo sia troppo lungo (o pesante) chiamami e provvederò io stesso ai tagli. Un caro saluto
LUDOVICO (attenzione: non Federico….) …Caro Ludovico”Errare humanun est”