-di Alessandra Rutili–
E’ servito un neologismo. Si è dovuto coniare un termine ex novo per tentare di definire un fenomeno; l’uccisione di una donna da parte di uomo, che diceva di amarla. Femminicidio. Furono due docenti americane ad inventarlo, Jane Caputi e Diana Russel nel 1990. Le studiose volevano che femminicidio rendesse in maniera nitida il vero motivo per cui tante donne venivano uccise. La loro colpa era essere donne. I loro assassini le strappavano alla vita per odio, disprezzo o senso di possesso. I femminicidi nel mondo sono in costante aumento. In Italia ogni 3 giorni viene uccisa una donna. Numeri in crescita, la punta di un iceberg. Gli omicidi sono il gesto estremo di uomini vigliacchi, ma la violenza domestica, economica e psicologica è la quotidianità per 3 donne su 10. Picchiate, molestate, umiliate, private della propria libertà. Vivono così molte donne, che non trovano il coraggio di chiedere aiuto. Per paura, per smarrimento o perché indotte a credere dai carnefici che tanto nessuno crederà loro. Tutti noi, uomini e donne, dobbiamo impegnarci affinché venga condannato nel modo più assoluto ogni forma di violenza contro le donne e allo stesso tempo vengano aiutate le persone a denunciare. Chi sa deve parlare, chi vede deve dare l’allarme. E’ un problema culturale che non può trovare giustificazioni. Da alcuni anni è stata istituita la giornata contro la violenza sulle donne. Il mondo dello spettacolo e dello sport, della scuola e della politica si unisce per promuovere dibattiti e iniziative volte a squarciare il muro della paura. Due segni rossi sul volto, come fossero lividi, per dire basta.
Scenderanno in campo così i giocatori di Serie A il prossimo fine settimana. Ma tutti noi possiamo fare la nostra parte. Il Panathlon Club aderisce con entusiasmo ad ogni iniziativa volta a sensibilizzare l’opinione pubblica contro ogni forma di violenza. Tanti sono stati i Club che hanno concesso il proprio patrocinio per eventi organizzati su tutto il territorio nazionale.
La parità di genere ed il rispetto per la persona sono valori fondanti del Panathlon.
Considerato però, che ogni socio rappresenta nella propria comunità un punto di riferimento sono certa che non mancheranno iniziative personali.
Una foto sullo stato, una frase su facebook. Cerchiamo insieme di diffondere il più possibile il numero messo a disposizione dal Ministero delle Pari Opportunità per richiedere aiuto. 1522.
Durante il lookdown le telefonate sono aumentate del 120%.
Ogni Panathleta faccia ciò che ritiene più opportuno per sconfiggere questa mentalità misogina che spesso giustifica gli uomini.
Il linguaggio che usiamo, le battute sessiste che possiamo fare, le opportunità che possiamo negare ad una donna in quanto tale, sono atteggiamenti da condannare senza ma e senza se.
Non solo, le donne vittime di violenza sono bravissime a mentire. A se stesse e agli altri. Può esserci capitato di incontrare una di queste vittime. Prestiamo attenzione. Sensibilizziamo i giovani. Scendiamo in campo anche noi con i tanti sportivi che hanno aderito alla campagna #unrossoallaviolenza. Non voltiamoci dall’altra parte. Essere panathleti ci impegna anche a farci promotori di valori troppo spesso calpestati. Primo fra tutti il rispetto.
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