-di Alessandra Rutili-
Secondo il mito Pigmalione era uno scultore così bravo da aver forgiato con la sua arte una statua così perfetta da farlo innamorare. Dormiva e trascorreva tutto il suo tempo accanto a questa donna bellissima, in attesa che si svegliasse. Grazie all’intercessione degli dei, la sua creatura prese vita. Nell’uso comune si designa con il termine “pigmalione” chi scopre e valorizza le doti di una persona portandola al successo. Seguendo la Bundesliga ho subito pensato ad Arnobio ed Ovidio nel momento stesso in cui vidi per la prima volta Negelsmann.
A molti questo nome potrà non dire tanto, ma il mio consiglio e di prendere nota e ricordarlo. Julian Negalsmann è un giovane allenatore di soli 33 anni. Il più giovane della serie maggiore tedesca. La sua è storia da romanzo. Julian nasce in Alta Baviera a Landsberg am Lech, cittadina famosa solo per il carcere dal quale Adolf Hitler dettò a Rudolf Hess il Mein Kampf. Gli studi, il campo da calcio che lo porta tra i professionisti. Una vita difficile la sua, la morte del padre quando ha soli 20 e una carriera, che poteva riservagli molti successi, interrotta a 21 per i troppi infortuni. Quanto però tutto sembra andare nel modo peggiore ecco apparire nella storia di Negelsmann Tuchel, all’epoca allenatore dell’Asburg II. Tuchel gli offre una grande opportunità; seguire, osservare e studiare le squadre avversarie. Il giovane ex difensore, che per due anni ha frequentato economia, prima di passare a Scienze motorie, prende l’incarico molto sul serio. Fornisce alla società dati, statistiche dettagliate di ogni squadra, di ogni giocatore. ricompensa la fiducia di Tuchel. Da quel momento il romanzo si tinge si verde. Tutto inizia a decollare. In breve tempo passa al Monaco 1860 nell’Under 17, poi all’Hoffenheim. Qui a soli 26 anni riesce a salvare la squadra diventando il più giovane allenatore della Bundesliga. Nel 2019 lo chiama Rangnick, il direttore generale del Lipsia. Una squadra che nella stagione 2012-2013 giocava in quarta serie. Poi,grazie al Miliardario austriaco Mateschitz, patron della Red Bull, la società dell’ex D.D.R ha iniziato la sua inarrestabile ascesa. Il Lipsia punta sul promettente Nagelsmann, giovane, ambizioso e con tanta voglia di rivalsa. Una scelta vincente che la scorsa stagione ha portato la squadra in finale di Champions contro il Psg.
Come nei romanzi i protagonisti si rincontrano e succede che il pigmalione Tuchel, colui che per primo diede una chance al giovane Julian, riesca a ritrovare sulla panchina avversaria il suo protetto. La storia è ancora tutta da scrivere. A vincere l’ultima Champions sono stati i francesi con Tuchel, che per la cronaca ha solo 45 anni. Nagelsmann, definito il “mini Mourinho”o il “Principe di Baviera” persevera nel suo modus allenandi. Plasma le sue formazioni sulla conoscenza di infiniti schieramenti, che alterna anche nel corso della stessa partita. Punta sul recupero palla e sul pressing, il tutto eseguito alla massima velocità. Prende appunti e studia l’avversario. Vedendolo in panchina ho sorriso, pensando che in Italia a quasi nessuno è stato concessa una carriera simile. Diciamolo chiaramente i “giovani” allenatori italiani sono tutti bandiere di una qualche società o ex campioni del mondo. Figli di o meteore. Non abbiamo un Negelsmann, ex difensore che dopo l’addio al calcio a 21 anni passa in panchina. Non abbiamo ragazzi come Tuchel, che con lungimiranza possono offrire ad un altro giovane incarichi di prestigio. Se tutti avessimo un pigmalione chissà quanti ragazzi meritevoli nel mondo del calcio, come in ogni ambito della società, avrebbero avuto storie diverse. Per essere un Pigmalione, però, ci vuole una tale sicurezza in se stessi da offrire ad un altro la possibilità di fare meglio. Negelsmann non è un predestinato, ma solo un professionista che ha avuto qualcuno che ha creduto in lui. Un giovane con una storia ancora tutta da scrivere.
di Alessandra Rutili