-di Paolo Avezzù–
Dagli insulti razzisti ricevuti da un automobilista nel novembre 2019, a Cavaliere della Repubblica per alti meriti sociali. Se c’è un esempio da seguire è quello di Maxime Mbanda, non un eroe per caso, ma per scelta.Il giocatore delle Zebre e della Nazionale Italiana di rugby, durante il lockdown, e in piena emergenza Covid-19, invece di restare a casa a studiare, ad allenarsi o semplicemente a guardare la tv, si è offerto volontario alla Croce Gialla di Parma.70 giorni di puro inferno, con la paura, non quella di ricevere un placcaggio, ma di morire.Oltre 100 pazienti trasportati, e quegli occhi pieni di dolore e terrore di contagiati che cercavano una parola di speranza e di conforto. Lo ha fatto senza pensarci, c’era bisogno di dare una mano, portare barelle giù dalle scale di palazzi senza ascensore, e come nel rugby, si è messo a disposizione della squadra.
Non un eroe per caso, perchè il rugby predica il sostegno, un aspetto che nello sport ovale è il cardine del gioco e della vita. Questa volta non ha aiutato i compagni di squadra, ma l’Italia che gli è riconoscente, un simbolo che il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha scelto con altri volontari.
E’ stato ospite del Panathlon di Rovigo mercoledì 16 settembre, al fianco del presidente Gianpaolo Milan, del governatore dell’Area 1 Francesco Giuseppe Falco, del past president Federico Cogo, di coach Massimo Brunello attuale coach della Nazionale U20 e gloria rossoblù, e del giornalista Ivan Malfatto che ha magistralmente condotto la serata.
Una conviviale doppiamente speciale, non solo per gli illustri ospiti, ma perché è stata la prima del post lockdown.“A Rovigo ho il mio ricordo più bello – ha sottolineato Maxime Mbanda – lo scudetto vinto con il Calvisano nel 2015 allo stadio Battaglini con un uomo in meno per un’ora (espulsione di Salvo Costanzo, ndr), e con gli applausi finali della ‘temuta’ tribuna Quaglio. Una giornata che non scorderò mai, come i giocatori ‘ostici’ del Rovigo, Lubian era ovunque”. Presente all’Hotel Cristallo anche il patron della FemiCz Rovigo, Francesco Zambelli “nemmeno io scorderò mai quella partita” ha esclamato prima di consegnare al campione azzurro il calendario della Rugby Rovigo Delta, che nel 2020 ha dedicato anche una bella immagine contro il razzismo. Ma il flanker cresciuto nell’Amatori Milano di scudetti ne ha vinti ben due contro il Rovigo, anche l’anno precedente nella finale dei veleni del 2014 proprio a Calvsiano. Stuzzicato dalla domanda di Lello Salvan, che di fatto ha avuto l’idea di organizzare la serata, se in un futuro si vede rossoblù, Maxime Mbanda ha risposto “Con Massimo Brunello allenatore sì, mai dire mai. Per certo chiuderò la mia carriera nel club dove tutto è cominciato, nell’Amatori Milano”.
Qualità umane e caratteriali evidenziate proprio da Brunello “E’ un uomo caparbio, non molla mai, il fatto di essersi ritagliato presenze importanti in Nazionale, in un ruolo dove davanti aveva dei colossi, la dice lunga sul carattere di Maxime Mbanda. L’anno della finale della 2016 si era infortunato ad una spalla, mi disse che per i playoff ci sarebbe stato, ha fatto di tutto per recuperare in tempo”. Poi quella finale l’ha persa, e il Rovigo dopo un quarto di secolo ha rivinto lo scudetto, un ricordo indelebile per la città in mischia.
Ma non si è parlato di solo di sport, era una serata speciale, e l’esperienza in prima linea durante la piena emergenza del Covid-19, vale più di due scudetti. Una vittoria a prescindere, il padre è giunto in Italia dal Congo con una borsa di studio, è un medico (sta per conseguire la quarta laurea), la madre è della provincia di Benevento, Maxime deve molto ai suoi genitori, ora lui sta restituendo loro l’amore e il rispetto candidandosi a vero ambasciatore dello sport ovale. No alla violenza, solo risposte intelligenti, una laurea in Scienze Motorie in arrivo, e la notizia più bella, tra poco diventerà padre. Un 2020 che difficilmente dimenticherà Maxime Mbanda, un eroe del nostro tempo, mentre nel Mondo stanno succedendo cose indicibili per questioni razziali, lui è andato oltre insegnando all’Italia che il colore della pelle è solo un dettaglio.
Emergenza Coronavirus finita? Nemmeno per sogno. Illuminante la testimonianza del dottor Federico Stocco, anestesista rianimatore dell’Ospedale di Rovigo e dell’Area Covid di Trecenta “E’ una situazione complessa da gestire, ora siamo più preparati, ma per i pazienti e le famiglie è dura, i degenti non possono avere contatti, se non per telefono, confesso che molte volte mi sono commosso”. Area Covid chiusa prima dell’Estate, e poi riaperta in fretta e furia da qualche settimana dopo gli ultimi casi “L’emergenza non è finita – ha sottolineato Simone Bombonato, coordinatore infermieristico – i colleghi i primi giorni piangevano, avevano paura. Una situazione mai vissuta prima”. Più di 40 i decessi dall’inizio della pandemia in provincia di Rovigo, oltre 600 i contagiati, rispetto ad altre province il Polesine ha avuto numeri inferiori, ma sotto il profilo emotivo per il personale dell’Ulss 5 Polesana è stato qualcosa di devastante. Notti insonni, protocolli rigidi da da seguire e l’angoscia di non poter vedere i propri cari, per paura di trasmettere loro il virus.
Ma accanto a medici ed infermieri, eroi in trincea per vocazione, ci sono persone speciali che nel periodo dell’emergenza si sono rimboccate le maniche, in primis la Croce Rossa di Rovigo presieduta da Alberto Indani, figlio dell’ex pugile (Andrea, ndr), che ha svolto un prezioso lavoro di supporto per anziani e persone sole, e l’ Onlus “Bandiera Gialla” dell’inesauribile Sergio Davide Rossi, che con i giocatori della Rugby Rovigo Delta, Villadose e Badia, ha consegnato le mascherine donate dalla Regione Veneto, alle famiglie di Rovigo e frazioni. Ma non solo, innumerevoli le donazioni a famiglie in difficoltà e perfino al circo, che per mesi è rimasto bloccato alle porte di Rovigo (animali e 5 tigri incluse).
Come ha sottolineato Maxime Mbanda, tutti avrebbero meritato il riconoscimento del Presidente della Repubblica, pur non sentendo di meritarlo, il campione azzurro è il manifesto del rugby, un’icona moderna di sport, lealtà e sostegno verso il prossimo. Rovigo, la città in mischia, lo ha celebrato come merita.