–La Seconda guerra mondiale lascia sul campo molti protagonisti olimpici
Adriana Balzarini
Il numero dei morti di questa Seconda Guerra Mondiale, considerato il più grave conflitto armato della storia della umanità, superò di gran lunga i 70 milioni, fra militari e civili e fra questi anche campioni olimpici. Dal periodo dell’invasione della Polonia nel 1939 alla fine del Germania nel 1945 gli storici hanno stimato che i morti sono stati circa 72 milioni tra questi 47 milioni di civili. Fra questi morti non potevano non esserci molti sportivi fra cui anche alcuni protagonisti delle precedenti edizioni dei Giochi. Sempre attraverso gli archivi delle morti risultano ben 750 atleti . (lo studio più dettagliato e i numeri sono stati forniti dallo storico e ricercatore Volker Kluge che ha elencato gli atleti la cui scomparsa è riconducibile al periodo della guerra). Proprio da lui sappiamo che a Zloty Potok il primo caduto in un conflitto a fuoco fu Jan Wrzosek, polacco e appartenente al IV Battaglione a cavallo. Era stato atleta a Berlino con la prova di carabina; ma fu polacco anche l’ultimo dei caduti in ordine di tempo, Jan Grody, morto in Normandia, nel maggio 1945, in un campo americano ricoverato presso la tenda dell’ospedale di campo per delle profonde ferite d’arma da fuoco.
Il più sfortunato fu Joseph Edward, chiamato anche Jack; fu inquadrato anche come l’atleta più sfortunato. Morì in Italia per un banale incidente stradale fra militari e civili a pochi giorni dal termine della guerra e venne seppellito in un primo tempo nel cimitero di Guerra di Salerno . Era un mezzofondista britannico che si affermo negli anni 1925/28 come uno dei migliori atleti, venne spedito a Parigi per i Giochi ma non ottenne un gran risultato. Al suo ritorno in patria, dopo i Giochi, continuò il suo lavoro di bidello ma durante la preparazione per i Giochi di Amsterdam accettò qualche soldo come compenso per aver detto quale medicamento stava utilizzando e in seguito visto le ristrettezze economiche in cui viveva accettò un compenso per il viaggio per poter raggiungere Glasgow per una gara. Le regole del dilettantismo erano rigide e non ammettevano errori , venne così radiato per violazione alle norme del dilettantismo. Una vita difficile finita banalmente a pochi giorni dal rimpatrio e dal congedo dopo la Guerra.
Nei ghetti istituiti in Polonia come in quello di Lodz o di Varsavia, solo nei primi tempi, gli ebrei rinchiusi organizzarono sessioni di ginnastica per conservare un senso di normalità e di libertà, ma anche per non perdere del tutto un minimo di allenamento fisico che consentiva a loro di sopravvivere alla durezza delle condizioni nel campo in cui erano rinchiusi. Su un tratto del terreno dove ora sorge il cimitero ebraico dei morti del ghetto di Lublino (Polonia) furono obbligati a costruire il campo sportivo e il complesso nautico delle SS. A Terezín (in Cecoslovacchia). Venne imposta ai prigionieri al termine dei lavorigiornalieri una specie di corsa per testarne l’attitudine al lavoro forzato e l’esito della prova serviva a determinare la loro sopravvivenza; chi vinceva la corsa guadagnava il diritto di vivere ancora qualche giorno, ma quando i giovani prigionieri venivano riconosciuti dai loro aguzzini furono spesso umiliati e diventarono vittime di terribili torture “sportive “ specialmente se ebrei. Alfred Naka, arrestato e deportato ad Auschwitz-Birkenau con sua moglie Paule e la loro figlioletta Annie, assassinate nelle camere a gas appena scese dal treno, fu un giovane campione di nuoto francese che fu costretto a tuffarsi nei bacini di ritenzione idrica del Lager, su ordine di una guardia delle SS che gli imponeva quotidianamente di recuperare una moneta o un oggetto buttato sul fondo.Questo valeva come prova di sottomissione e puro divertimento per la guardia tedesca. Fu chiamato il “nuotatore di Auschwitz”. Fu uno dei sopravvissuti a tutta questa tragedia umana, raccontò le torture subite da loro giovani sportivi ed ebbe in seguito la forza di ripresentarsi ai Giochi del 1948 di Londra.
Molti furono gli atleti periti in campi di concentramento dove anche le donne non furono risparmiate, specialmente quelle ebree, conosciute una per una, grazie al fatto di essere state schedate come atlete nei vari archivi sportivi con il cognome da nubile. La squadra olandese di ginnastica femminile di Amsterdam che vinse l’oro davanti alle nostre “ginnaste pavesi” fu decimata. Alcune vennero gassificate assieme ai figli altre furono mandate a morire nel campo di sterminio in Polonia. La stessa fine fece l’allenatore della squadra, Guerrit Kleerekoper , con moglie e due figli e anche il secondo allenatore Jakob Mozes. Solo Elka De Levi ebbe la fortuna di uscire viva da quella tragedia e ha potuto raccontare le atrocità che avevano subito le sue compagne prima di morire. Nel ghetto di Varsavia le SS in una spedizione punitiva uccisero per divertimento la nuotatrice polacca Ilia Szrajbman che partecipò ai Giochi a Berlino. L’atletica leggera vide la scomparsa in battaglia dei saltatori in lungo Long e Leichum,uomini che furono fra i protagonisti della grande gara di salto in lungo dei Giochi berlinesi; oltre quella del mezzofondista Rudolf Harbig, autore del primato del mondo degli 800 metri all’Arena di Milano.
Anche l’Italia ebbe come vittima della Guerra un suo atleta, medaglia d’oro di ginnastica nel 1912 e 1920, Paolo Salvi, che morì in un campo di sterminio a Mauthausen dove venne gassificato.
Árpád Weisz , polacco ma italianizzato in Veisz secondo l’autarchia linguistica del fascismo, giocatore di calcio ai Giochi del 1924. Dopo i Giochi venne in Italia a giocare e a Padova abbandonò la carriera di calciatore per iniziare quella di allenatore. Raggiunge una fama internazionale nel 1929/1930 quando riportò in auge l’Ambrosiana-Inter con la conquista del suo terzo scudetto.
Fu lo scopritore di Giuseppe Meazza e fu anche uno dei primi allenatori che vestì la tuta in campo coi suoi giocatori. L’apice della sua carriera coincise purtroppo con l’emanazione delle leggi razziali da parte del regime fascista e in quanto ebreo e straniero, Weisz, insieme alla moglie Elena e i due figli, dovette lasciare l’Italia nel gennaio 1939. Dopo una breve sosta a Parigi, i Weisz abitarono in Olanda, a Dordrecht, dove Árpád allenò la squadra di calcio locale ma l’occupazione nazista dell’Olanda segnò il destino di tutti gli ebrei. Nell’agosto del 1942 lui con tutta la famiglia furono arrestati dai nazisti e vennero deportati al campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau. La moglie e i figli trovarono una morte immediata nelle camere a gas, mentre Árpád non riuscì a sopravvivere ai lavori forzati in uno dei sottocampi di Auschwitz e il 31 gennaio 1944 morì di stenti.
Il nostro atleta Ottavio Missoni, giovanissimo campione italiano dei 400 ostacoli, passò ben quattro anni prigioniero degli inglesi in terra d’Egitto. Riprese in seguito la sua attività sportiva partecipando, anche se con un fisico provato, ai Giochi di Londra del 1948; purtroppo aveva ormai 27 anni e i migliori anni, come molti atleti italiani che parteciparono ai Giochi del ’48, li avevano persi con la guerra.
Lo sport non ha risparmiato gli atleti dalle atrocità umane perpetrate ma lo stesso sport ha saputo ridare speranza ad uomini e donne soppravissuti alla tragedia della guerra dando forza e speranza per un mondo futuro ancora più attento al valore della pace.
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