IL BIBI’ DI “AZZURRO TENEBRA”
di Adalberto Scemma
Il trenino del giornalismo sportivo storico ha perso un altro dei suoi vagoni. Dopo Gianni Mura ci ha lasciato anche Bruno Bernardi, cronista nobile de “La Stampa”, Bibì per tutti, soprannome affettuoso che stonava con l’aspetto burbero e la voce sempre accordata sui toni bassi. Bibì come le iniziali del nome e del cognome, come il piacere della sintesi che accompagnava i suoi pezzi sapientemente privi d’enfasi che onoravano anche nei dettagli meno evidenti il mestiere (mestiere, non professione!) del cronista. Molto gli deve Giovanni Arpino, che Bibì ha pilotato da sapiente navigatore lungo le strade, allora impervie per i letterati, del Pianeta Calcio. E in “Azzurro tenebra” ce n’è ampia testimonianza.
Bruno sapeva di calcio come pochi anche perché l’aveva giocato, e bene, con un tocco d’esterno che scintillava. Insieme abbiamo vestito la maglia della Nazionale Giornalisti in occasione di tante trasferte festose, lui centrocampista al fosforo con Giorgio Gandolfi, Bruno Longhi, Beppe Maseri, Bruno Perruca a fargli strada, Giampiero Galeazzi troneggiante in difesa, Sandro Ciotti libero, Gigi Garanzini superbomber e Ginone Bacci improvvisato portiere. Io vagavo lungo la linea dell’out, pronto a fiondarmi in mezzo quando dal piede di Bibì partiva il lancio smarcante. Duravamo un tempo, poi crollavamo regolarmente alla distanza. Ho ancora ben chiare in mente le cadenze di uno Svizzera-Italia Giornalisti a Zurigo in anteprima della partita Italia-Germania l’ottantesimo della Fifa. Gran primo tempo, gollazzo da sballo di Garanzini per l’1-0, tutta in apnea la ripresa con quattro reti svizzere sulla groppa e Bibì che se la prendeva con le sigarette (troppe, sempre troppe, le sue e quelle di tutti noi, giornalisti di un Mondo Perduto).
Il titolo è un’invenzione, come sempre brillante, dello Slalom di Angelo Carotenuto. Perché quel giornalismo, quello di Bruno Bernardi e dei tanti indimenticabili compagni d’avventura, è un Mondo che non c’è più, che va ricordato con affetto ma senza bisogno di rimpianti se non quello evidenziato da “La Stampa” nel “coccodrillo”, accorato, dedicato a Bruno. Il rimpianto per un mestiere che si è rimpicciolito anche e soprattutto nella sostanza. Ai più giovani Bibì non dava confidenza facile, non regalava notizie, ma elargiva un sapere resistente alle mode: “Quelle cose che scrivi le hai sentite con le tue orecchie? Le hai viste con i tuoi occhi? O è tutta roba di seconda mano?”. Non serviva la risposta per capire quale obbligo aveva, ha e avrà un vero cronista. Ecco, qui sotto, ciò che di Bruno Bernardi scrive lo Slalom di Angelo Carotenuto. La foto è stata scattata a Monaco il 26 giugno 1988 in occasione della finale tra Olanda e Unione Sovietica dell’Europeo di calcio. Insieme con Bruno e con me anche Sandro Ciotti e, più sotto, Roberto Perrone.
–Lo chiamavano Bibì-
Il Mondo Perduto saluta un altro protagonista
Bruno Bernardi aveva 79 anni. Ha lavorato per oltre 30 a la Stampa ed è stato un volto del Processo di Biscardi in tv. Ha scritto una quindicina di libri tra cui “Rombo di tuono”, la biografia di Gigi Riva. Era il personaggio Bibì nel romanzo “Azzurro tenebra” di Giovanni Arpino.
Com’era il Mestiere. «Beato lei che viaggia»: è la frase che tutti i giornalisti, sportivi e no, si sentono ripetere da amici e conoscenti. Non faccio eccezione alla regola. Solo mia madre, mia moglie e mia figlia non sono contente quando mi vedono preparare i bagagli. Ebbene sì, lo ammetto, ho viaggiato.
… Un mattino le strade di Buenos Aires erano allagate per un nubifragio. La mancanza di adeguate fognature aveva creato piccoli laghi dove, ogni tanto, un’auto si impantanava. Affrontare il viaggio in simili condizioni non era piacevole, ma decisi di farlo. Ne ho viste di tutti i colori. Sull’autopista, faticosamente raggiunta dopo aver superato il caotico traffico, c’erano larghi tratti con mezzo metro d’acqua. Così ho scoperto che la Fiat 133 si può trasformare in un anfibio, capace di navigare tra autobotti rovesciate e cariche di carburante.
Anche quando c’era il sole, non mancavano gli intoppi. Una volta la prova della parata militare per la festa della bandera che mi obbligava ad allungare il percorso; un’altra volta una interminabile fila di camions bloccati da un incidente, ma adesso sento una forte nostalgia per l’Hindu Country Club. Vorrei tornarci per vedere, senza l’affanno del lavoro, come è fatto e visitarlo accuratamente. Per venti interminabili giorni, ho visto due campi da gioco, le vetrate e la sala-stampa. In compenso, conosco perfettamente una per una le rughe di Bearzot. di Bruno Bernardi Stampa Sera 27 giugno 1978
“Per tutti noi, alla Stampa degli Anni anta – ha scritto stamattina Gianni Rombo sul suo giornale – era semplicemente BB. Voce profonda da baritono, capelli ordinati ma non troppo, pettine in ogni caso sempre nel taschino, sigaretta sul labbro alla Humphrey Bogart, l’aspetto burbero che invano nascondeva una pasta d’uomo, ha attraversato nella redazione sportiva un’epoca, tante storie” Da giovane accompagnava allo stadio Vittorio Pozzo, “lo sosteneva a braccetto quando scalava la rampa verso la tribuna stampa del Comunale, vedeva per lui i particolari confusi delle partite. E intanto imparava molto. Raccontava Boniperti che certe vicende riservate dei giocatori veniva ad apprenderle dalla Stampa, prima che in sede. L’avvocato Agnelli lo aveva voluto alla Casa Bianca quando la Juventus aveva accettato l’invito di Bush senior, era stato fra i pochissimi giornalisti italiani ospiti al matrimonio di Maradona in Argentina”.
Maurizio Crosetti su la Repubblica lo ricorda così: “Bibì aveva gli occhi a fessura e il volto raggrinzito, da apache. Bibì cercava le notizie, le fiutava, le mordeva e le teneva tra le fauci, non le mollava più”.
I SUOI COMPAGNI DI VIAGGIO Notizie? Novità? Indiscrezioni? Era il codice Bernardi. Bruno ha chiuso il taccuino a 79 anni, non stava bene da un pezzo. Ci siamo frequentati dal 1974 al 2010, e dal 1992 sotto lo stesso tetto: la Stampa. Il suo giornale. Se Camin era poesia, Bruno era prosa. Non evase mai dal domicilio di cronista, scelta che non gli impedì di scrivere libri di calcio, sui calciatori: da I tre re della Signora (Boniperti Charles Sivori) a Pinturicchio, da Pavel Nedved a Gigi Riva, citatissimo. Juventino e sivoriano nato sotto il segno del Toro, a calcio aveva giocato. E dal momento che il savoir faire a volte non basta, ricorreva con sobrietà al faire savoir. Anche a Michel Platini.
Fece del telefono fisso una fissa, in tempi in cui i cellulari erano tutt’altra roba. Marcava i giocatori e i giornalisti che marcavano i giocatori. Non graffiava: indagava, riferiva, spiegava. Per questo, tutti lo rispettavano e molti lo amavano. Cominciò come assistente di Vittorio Pozzo, che de la Stampa era l’inviato di punta, finì al desco di Aldo Biscardi. Fumava mille sigarette, faceva l’alba col tresette (Sandro Ciotti ed Enrico Ameri permettendo), batteva i marciapiedi a caccia di un titolo. Noi lo si prendeva in giro, Bruno ci stava. E non mollava: né la parte né lo spartito.
di Roberto Beccantini, facebook
“Nella lama di luce fumosa apparve uno spicchio di Bibì, le carte in mano, mezzo volto, come passato al tritacarne.
Aveva un volto di bambino consunto, dove il rosa e il tenero andavano componendosi in rughe precoci”
Giovanni Arpino. Azzurro Tenebra (1977)
I SUOI COMPAGNI DI VIAGGIO
Siamo entrambi a Pasadena, alberghi diversi ma a distanza umana, e si va subito a cena assieme per parlare e sparlare in attesa dell’Italia in fase di trasferimento attraverso le Americhe. Si ride, si discute, si fa il riassunto delle vite di ciascuno, delle ultime settimane di calcio mondiale e di varia umanità. Lo accompagno in albergo e poi proseguo per il mio Radisson. Trovo altri giornalisti “reduci” e passa un’oretta dedicata ai drink, quando nel salone compare un ragazzo con il cartello Mr. Viglino comunicazione urgente. È l’ospedale di Pasadena, il centro cardiologico più conosciuto del mondo intero, che mi cerca su incarico di Mr. Bernardi per “…rischio di morte…”. Bruno ha avuto un attacco di cuore è riuscito a trascinarsi al telefono e alla sua reception è riuscito a dire soltanto la frase smozzicata “… Viglino… Radisson…”.
E adesso io sono lì con Bruno, intubato, pieno di aghi, e dietro ci sono i video, i grafici in movimento. Però è vivo! “Io capisco poco, decidi tu cosa mi devono fare. Fai tu, fai tutto tu”. A fianco si materializza un medico che mi prende per un braccio: “Dobbiamo decidere se operare a cuore aperto e fino a che non è aperto il cuore non sappiamo come potrà andare. Decida, ma subito”. Probabilmente è stato il momento più difficile della mia vita, e per fortuna ho detto “… sì, operiamo …”. Mancava ancora un ultimo passaggio chiave però, il numero della carta di credito e io presi la mia AmEx che per fortuna era Platinum e sopportava / supportava ogni addebito. Dopo furono 11 ore di intervento per BB e una dodicesima ora per me, per svegliarmi tutto rattrappito in quella poltrona d’anticamera e sentire il medico “… è andata bene, non credevo proprio di farcela. Ma questa è la California la terra dei miracoli”. “… già i miracoli – dicesti tu il giorno appresso quando ti raccontai tutto – pensa se la Fifa avesse deciso per il Marocco e non per gli USA !!!”. Ho fatto bene allora e mi piacerebbe tanto aver saputo ripetermi, ma non siamo in California BB, ma tocca a tutti, e spero che la terra ti sia lieve.
di giorgio viglino, facebook
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