-di Massimo Rosa–
La flessibilità può neutralizzare la forza bruta
Jigoro Kano
LA STORIA
Il Judo non è altro che l’evoluzione tecnica dell’antico Jujitsu, lotta praticata per difesa contro uno o più avversari anche armati.
Delle sue origini non si hanno notizie precise se non che il Jujitsu era anche chiamato con diversi appellativi: Yawara, Wajutsu, Torite, Kogusoku, Kempo, Hakuda e Kimiuchi.
La parola Yawara è menzionata, per la prima volta, intorno alla seconda metà dell’XI secolo.
La società dell’epoca vedeva una forte divisione tra le diverse classi sociali.
Allora solamente la casta militare era autorizzata a portare un’arma. Ma si pensi, tra l’altro, che gli stessi soldati se in presenza di un dignitario dovevano essere disarmati. E tra questi le stesse guardie di Palazzo e gli stessi impiegati. Dunque, i motivi di sicurezza attuati fecero sì che i più deboli trovassero il modo, a loro volta, di potersi difendere. Ed ecco allora nascere il Jujitsu.
Il Jujitsu così com’era stato concepito andò quindi avanti per altri settecento anni, sino a quando il professor Jigoro Kano, dal fisico debole, ma dallo spirito fiero, decise di apprendere l’antica arte marziale per difendersi dalla prepotenza dei compagni, fondando addirittura una propria scuola, chiamata Kodokan, dove si cominciò ad insegnare il moderno Judo.
Naturalmente le altre scuole dell’antico Jujitsu insorsero, ma nulla poterono contro Jigoro Kano, poiché il capo della polizia di Tokyo per sciogliere il dilemma le invitò al confronto, confronto vinto dai judoka del professore, stabilendo così, una volta per tutte, a chi toccasse la leadership filosofico-sportiva.
COS’E’ IL JUDO
Anche il Judo, come altre arti marziali, indica una via: la sua è quella della “cedevolezza o dell’adattabilità”. Judo è dunque una parola composta da: Ju, cedevolezza, e Do, via spirituale.
La funzione che si prefigge è espressamente educativa, infatti Jigoro Kano, una volta salvati alcuni aspetti del decadente Jujitsu ne inserì altri di nuovi, che costituirono il giusto mix per la nascita della nuova disciplina.
In sostanza i judoka devono, attraverso una serie di prese del judo-gi (abito di cotone pesante), e movendosi con grande agilità, squilibrare l’avversario, facendolo cadere.
Questa tecnica di proiezione per l’attacco si chiama nage-waza.
Il terreno di lotta si chiama tatami, che altro non è che un tappeto elastico. Il judoka impara anche a cadere (ukemiwaza) senza farsi male.
La lotta, comunque, può continuare anche a terra, dove si cercherà d’immobilizzare l’avversario. Tutti questi esercizi prevedono una preparazione specifica chiamata tai-so.
Il Judo, secondo Kano, è diviso in tre livelli:
- Inferiore o Shobu-ho, che mira, cioè, all’apprendimento dell’attacco e della difesa e all’efficacia.
- Medio o Rentai-ho, che mira all’educazione fisico-mentale.
- Superiore o Susshin-ho, che supera gli altri due perché trasmette anche le qualità della vita di ogni giorno a chi lo pratica.
LE CINTURE
Il Judo riconosce 6 gradi (Dan) di capacità, in ordine crescente: Bianca (esordiente), gialla, arancio, verde, bleu e marrone. Quella nera, più nota e sogno dei praticanti, è riservata ad una èlite.
L’ABITO
Per praticare il Judo bisogna indossare il caratteristico abito bianco chiamato Jiudogi composto da casacca e pantaloni. L’abito è rigorosamente bianco per indicare simbolicamente l’uguaglianza dei contendenti. Il suo taglio è ovviamente di matrice giapponese, ed il tessuto è fatto di cotone. E’ largo onde evitare che si appiccichi al corpo, essendoci in Giappone un clima caldo-umido.
IL NAGE-WAZA
Innanzitutto nel Judo c’è il rispetto per sé stessi e per l’avversario, definito rei-no kokoro.
I combattenti sono chiamati l’uno tori, cioè colui che esegue l’azione, ed uke l’altro, colui che la subisce. Tori deve comunque controllare sempre la caduta dell’avversario.
Chi cade, invece, deve applicare la tecnica di caduta assumendo una posizione consona e battendo il tatami con la mano.
APPRENDERE IL NAGE-WAZA
L’apprendimento iniziale viene insegnato un poco per volta, servendo così a trovare la correttezza della posizione, quella per l’esecuzione, quella del contatto corretto, e quella dell’armonia tra gli arti, oltre il giusto squilibrio di Uke.
IL GO-KYO
Il Go-kyo non è altro che la progressione standard dei cinque principi fondamentali delle tecniche di lancio, composti da quaranta figure, e mutuate dal Jujitsu su cui si basa il Judo:
I Kyo
- De ashi barai: spazzare il piede avanzante
- Sasae tsuri komi ashi: ruota sul ginocchio
- Uki goshi: colpo d’anca fluttuante
- O soto gari: grande falciata esterna
- O goshi: grande colpo d’anca
- O uchi gari: grande falciata interna
- Ippon seoi nage: lancio con caricamento sul dorso
II Kyo
- Ko soto gari: piccola falciata esterna
- Ko uchi gari: piccola falciata interna
- Koshi guruma: ruota sull’anca
- Okuri ashi barai: spazzare entrambi i piedi
- Tai otoshi: caduta del corpo
- Harai goshi: spazzare con l’anca o spazzare l’anca
- Uchi mata: colpire internamente
III Kyo
- Ko soto gake: piccolo agganciamento esterno
- Tsuri goshi: colpo d’anca sollevando
- Yoko otoshi: caduta sul fianco
- Ashi guruma: ruota sulla gamba
- Hane goshi: anca saltata
- Harai tsuri komi ashi: spazzare il piede tirando e sollevando
- Tomoe nage: lancio a forma di cerchio
- Kata gruruma: ruota sulle spalle
IV Kyo
- Sumi gaeshi: rovesciamento nell’angolo
- Tani otoshi: caduta nella valle
- Hane makikomi: saltare arrotolandosi
- Sukui nage: lancio a forma di cucchiaio
- Usuri goshi: colpo d’anca in contrattacco
- O guruma: grande ruota
- Soto makikom: arrotolamento esterno
- Uki otoshi: caduta fluttuante
V Kyo
- O soto guruma: grande ruota esterna
- Uki waza: tecnica fluttuante
- Yoko wakare: separazione sul fianco
- Yoko guruma: ruota sul fianco
- Ushiro goshi: colpo d’anca all’indietro
- Ura nage: proiezione alla rovescia
- Sumi otoshi: caduta nell’angolo
- Yoko gake: agganciamento laterale
ATEMI-WAZA
Questo termine composto vuole dire tecniche di colpi nei punti vitali. Ovviamente nel Judo questi colpi sono semplicemente simbolici.
L’Atemi-Waza può essere di due tipi: Ude, pratica del Judo con gli arti superiori; Ashi, pratica con gli arti inferiori.
La tipologia dei colpi Ude possono essere:
- Yubisakiate, cioè portati con la punta delle dita
- Kobushiate, con il pugno
- Tegatanaate, con il lato del mignolo
- Hijiate, con il gomito
Mentre quelli Ashi possono essere:
- Hizagashiraate, con il ginocchio
- Sekitoate, con l’avampiede
- Kakatoate, con il tallone
KATAME-WAZA
Il Katame-Waza altro non è che le varie tipologie d’immobilizzazioni derivanti dall’antico Jujitsu della scuola Tenshin-shin-yo-ryu, specializzata nel controllo e nell’Atemi-Waza. Secondo Jigoro Kano questa tecnica si esplica al 20% nelle posizioni erette, e l’80% quelle a terra sul tatami. Con l’introduzione del Judo si è stabilito un tempo di durata dell’immobilizzazione o resa dell’avversario.
Le tecniche si suddividono in:
- Osakomi-Waza, che è l’arte del trattenere
- Kwansetu-Waza, cioè leva articolare
- Shime-Waza, tecnica di soffocamento
KATA
Il Kata nel Judo non è altro che l’aspetto teorico della disciplina e si suddivide in cinque principi fondamentali:
- Randori-no-Kata: composto 15 principi d’azione di proiezione
- Kime-no-Kata: è la decisione senza riserve
- Ju-no-Kata: è il Kata della cedevolezza, tradotto in un’alternanza tra energia nascosta e passività (Yin) da una parte, ed espressione appariscente dell’energia (Yang) e dell’iniziativa
- Koshiki-no-Kata: sono i passaggi storici dei movimenti di lotta
- Itsutsu-no-Kata: è il cammino verso la Verità, in cui l’uomo incontra gli elementi della natura, armonizzandovi. Metaforicamente è rappresentato dalla salita dell’uomo al monte Fuji.
LA MEDITAZIONE
Secondo il maestro Jigoro Kano meditare fa cambiare le persone, ed anche in questo caso il Judo non fa eccezione. Attraverso la meditazione, secondo la teoria del maestro, vengono perseguiti alcuni importanti fini: l’unificazione dell’essere nella impiego dell’energia, o dello spirito del rispetto.
Lo spirito del rispetto è il vertice di una piramide sostenuta da tre elementi basilari:
- Rispetto per il corpo, che si traduce secondo i dettami in giusto cibo, giusto sonno e giusto sesso.
- Rispetto per sé stessi, non è altro che la costruzione di ideale.
- Rispetto per tutto, che vuole dire: vedere, osservare, comprendere, crescere e non attendere.
IL GLOSSARIO
A
Ashi: piede o gamba
Ate: è il suffisso indicante le tecniche per colpire
B
Barai: spazzare
Bo: bastone
Budo: la via del combattimento
Bushido: la via del guerriero
D
Dan: gradi della cintura nera
Do: la via spirituale
Dojo: luogo dove si svolge l’attività
G
Gake: agganciamento
Garami: arrotolato
Gari: falciare
Gatame: immobilizzazione
Go-kyo: i 5 principi delle tecniche
Goshi: anca
Gyaku: rovesciato
Guruma: ruota
H
Hidari: sinistra
Hikkomi: trascinare a terra
Hiza: ginocchio
J
Jime: tecnica di soffocamento
Ju: cedevolezza
Ju-do: via della cedevolezza
Judogi: abito per praticare il Judo
K
Kake: fase finale di una tecnica
Kami: da sopra
Kansetsu: tecnica di leva articolare
Katame: immobilizzazione
Ki: energia
Ko: piccolo
Koshi: anca
Kuzure: variante
M
Mae: cadere in avanti
Migi: destra
N
Nage: lancio
O
O: grande
Obi: cintura
Osaekomi: immobilizzare
Oyoshi: caduta
R
Randori: libero esercizio
Ritsu-rei: saluto in piedi
Ryu: scuola
S
Shime: soffocamento
Shintai: spostamenti
Shio: quattro lati
Shisei: posizioni
Sutemi-waza: tecnica del sacrificio
T
Tai: corpo
Tatami: tappeto
Te: braccio
Tori: chi esegue l’azione
U
Ude: gomito
Uke: chi subisce l’azione
Ukemi: cadute
Uki: fluttuante
Ushiro: caduta all’indietro
W
Waza: tecnica
Y
Yoko: caduta laterale
Z
Za-rei: il saluto più importante del cerimoniale
Zempo: saltato
POSIZIONI FONDAMENTALI
Possono essere naturali (Shizen tai) e di difesa (Jigo tai), vengono eseguite in tre diversi modi: quello fondamentale, quello a destra e quello a sinistra.
Shizen tai
Per effettuare la posizione naturale è necessario divaricare le gambe con un’ampiezza uguale a quella delle spalle. Spalle e ginocchia sono rilassate, mentre il torace deve essere normale, cioè non spinto in avanti, invece pancia e stomaco sono in tensione. Mani aderenti ai fianchi e sguardo rivolto ad un punto lontano.
Per eseguire Shizen tai a destra si compie un passo dalla posizione fondamentale con la gamba destra (lo stesso vale al contrario), cercando di mantenere il peso del corpo ben in equilibrio sulle gambe, mentre il tallone del piede che resta dietro deve essere leggermente girato in dentro.
Jigo tai
Qui al contrario di prima necessita allargare maggiormente le gambe, avendo cura che le ginocchia siano flesse, mentre il tronco va abbassato. Il peso deve essere distribuito equamente sulle gambe con il viso dritto in avanti. Il tallone del piede, come nella posizione precedente, resta in dietro.
LE PRESE
Sia le posizioni naturali che quelle difensive sono eseguite con prese sulla casacca, applicando le tecniche di proiezione.
SHIZEN TAI
Il Tori che esegue l’azione Shizen tai(Kumi kata destro) prende il risvolto sinistro di Uke (l’avversario che subisce) con la mano destra, e con quella sinistra la sua manica destra, all’altezza del gomito. La presa però, perché sia efficace, deve essere fatta partendo dalle dita mignolo ed anulare, completandola quindi l’indice.
JIGO TAI
Tori, per effettuare la presa di difesa dalla posizione destra, passa la mano destra sotto l’ascella sinistra di Uke. Quindi con l’ascella e la mano sinistra Tori stringe il braccio destro senza però afferrargli la casacca.
SHIN TAI
Gli spostamenti che si fanno devono essere sempre eseguiti in modo razionale con movimenti leggeri e rapidi, mantenendo il massimo equilibrio possibile.
In questi spostamenti i modi di camminare sono due: l’uno con camminata regolare (ayumi ashi) e l’altro, tsugi ashi, con un piede conduttore, ed il secondo che si avvicina a qualche centimetro dal piede trainante, anticipando così il passo successivo. Lo Shin tai viene eseguito in tutte le direzioni.
TAI SABAKI
Il Tai sabati è il movimento rotante del corpo usato sia per difesa che per attacco.
LE CADUTE ROTTE
Per i giapponesi queste sono le Ukemi Waza.
USHIRO UKEMI (caduta all’indietro)
Partendo dalla posizione naturale (Shizen tai) Uke (chi si difende) solleva le braccia davanti a sé sino a tenerle orizzontali. Flette quindi il collo puntando lo sguardo all’altezza del nodo della propria cintura, perché in questo modo la sua nuca non toccherà il tatami. A questo punto si flette sui talloni, e curvando la schiena si lascia rotolare all’indietro. Toccando con la schiena il tappeto batte le mani sullo stesso. Le gambe così non si flettono, restando sollevate.
YOKO UKEMI (caduta laterale)
Può essere eseguita da entrambe le parti, destra e sinistra. Ancora Uke, dalla sua posizione eretta, solleva il braccio destro, avanzando con il piede sinistro (oppure al contrario). Quindi fa scivolare la gamba in avanti, flettendosi in progressione sulla gamba sinistra sino ad accucciarsi sul tallone sinistro (o sempre viceversa), lasciandosi quindi andare in caduta sul lato destro, battendo sempre il tatami con la mano e l’avambraccio destri. In questo modo il suo braccio forma con il corpo un angolo di 30 gradi, lasciando le gambe sollevate ad angolo retto.
MAE UKEMI 1-MAE MAWARI ZEMPO KAITEM UNEMI
Più semplicemente caduta rotolata in avanti. Sempre Uke avanza con il piede destro, flette poi sulle due gambe, posando la mano sinistra sul tatami davanti al piede sinistro. Tronco inclinato in avanti con gamba destra più flessa della sinistra. Uke quindi appoggia la mano destra sul tappeto tra quella sinistra ed il piede destro. Il braccio destro è flesso ad arco con la schiena ricurva e la testa rientrata in mezzo alle spalle. A questo punto Uke distende le gambe e rotola sul braccio destro. Nel momento in cui il fianco sinistro tocca terra batte molto vistosamente il palmo della mano.
MAE UKEMI 2
Sempre Uke si lascia andare in avanti, ma prima di toccare il tappeto tende le braccia in innanzi, toccando così il tatami con le mani e gli avambracci, dondolando quindi sulle braccia. Questa posizione si può fare sia partendo da posizione inginocchiata che da quella eretta.
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