Qualcuno anche in montagna va di fretta
-di Massimo Rosa-
C’è stata una stagione della mia vita in cui ho conosciuto una montagna diversa da quella compassata ed ultrasecolare. Ciò accadde a Santa Caterina Valfurva quando mi affacciai al mondo dello snowboard per la prima volta come giornalista. Lì conobbi la spettacolarizzazione dello sport sulla neve. Segno del tempo che stava cambiando.
Lo snowboard è l’espressione, a mio giudizio, di libertà. Questo lo appresi vedendo i ragazzi sia in gara che fuori gara, quando con le loro tavole facevano evoluzioni impossibili da farsi con gli sci, regalandomi stupore ed ammirazione. Oggi è lo sci che si è adeguato allo snowboard, mutuandone il free style ed il bordecross, che tanto piace alle nuove generazioni, in cui si consuma adrenalina a tutta forza, l’elemento principe del divertimento Extreme dell’attuale generazione.
Ed a proposito di adrenalina, leggendo un importante quotidiano, un titolo ha attratto la mia attenzione: ” Steck, velocista della montagna tradito dai ghiacci dell’Everest”. Così scorrendo le righe dell’articolo scopro che questo alpinista, Ueli Steck detto “Swiss Machine”, era uno degli alpinisti più noti al mondo, specializzato in arrampicate veloci ed al limite della resistenza umana.
Al momento dell’incidente, che gli ha tolto la vita, lo svizzero stava preparando l’ennesima impresa, quella di superare due volte gli ottomila metri, cioè la traversata dell’Everest e del Lhotse, un qualcosa di mai tentato prima, e che purtroppo al momento resterà il sogno degli altri. Il particolare è che questa impresa avrebbe avuto come peculiarità la velocità.
La sua specialità, banalizzando, era la scalata contro il tempo, cosa che fa inorridire chi della montagna ha un’altra filosofia, cioè quella in cui non esiste tempo di fronte alla grandiosità millenarietà della natura.
Secondo Ueli Steck, e tutti quelli che la pensavano e la pensano come lui, invece è il contrario. In parole povere millenarietà sì ma con un limite al tempo di conquista. E per ottenere i risultati occorrono performance davvero al limite dell’umano, con tutti i pericoli connessi.
Lo scandir del tempo delle lancette dell’orologio hanno sostituito il passo cadenzato di chi ama la montagna, oggi si va di corsa, oggi c’è lo skyrunner, che ci si arrampichi o semplicemente si corra ad altitudini di 4 mila metri. Oggi è la sfida continua, purché questa non sia quella definitiva dell’Ok Corral.
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