-di Enrico Brigi-
Giovedì 28 maggio è diventato il “D-Day” del calcio italiano. Dopo lo stop causato dall’emergenza per il coronavirus, per i calciatori si avvicina il giorno del tanto atteso ritorno alle partite ufficiali. L’intenzione è quella di portare a termine il torneo, ripartendo dal momento della sospensione (recuperi compresi) con l’eventualità di una fase play off in caso di nuova interruzione.
Nell’attesa, tuttavia, di conoscere quale sarà l’esito del campionato, uno dei temi più caldi sul tavolo riguarda l’argomento dei diritti televisivi. Come risaputo, infatti, rimane ancora in sospeso il versamento della sesta rata che ammonta a circa 230 milioni di euro, un gruzzolo di denaro decisamente considerevole.
Da qualche settimana è in atto uno “scontro” tra le parti in causa. Da una parte i club, rappresentati dal Consiglio di Lega, che non hanno alcuna intenzione di rinunciare ad un solo centesimo di quanto inizialmente pattuito. Dall’altra, invece, su posizioni diverse, troviamo le emittenti televisive. Mentre Dazn e Img si sono limitate a chiedere una semplice dilazione dei pagamenti, Sky ha deciso di puntare i piedi chiedendo un forte sconto in virtù della situazione di emergenza che ha causato lo stop. Si tratta, peraltro, della medesima richiesta fatta e poi ottenuta in Bundesliga.
In assenza di un ragionevole punto d’incontro, l’ultimatum inviato dalla Lega è rimasto inascoltato. A questo punto, non avendo effettuato il pagamento, nei prossimi giorni Sky sarà destinataria di un decreto ingiuntivo, inevitabile apripista di spiacevoli vie legali.
In un periodo dove le difficoltà non sono certo mancate, l’annoso tema dei diritti tv non è altro che l’ennesimo segnale di sofferenza in cui versa il calcio italiano, da diverso, forse, troppo tempo, figlio degli introiti derivanti dai contratti con le diverse emittenti. Forse sarebbe il caso di ragionare su un ridimensionamento generale ma l’impressione è che possa essere troppo tardi.
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