Il calcio lusitano (al di là delle “stelle” Mourinho in panchina e Cristiano Ronaldo in campo) è oggi all’avanguardia se consideriamo anche il risultato degli ultimi Europei- Francesco Nicolato, vicentino, allenatore Uefa B con licenza match analyst Sics, collabora da tempo con tecnici portoghesi come analista degli avversari e scouting. AS
Analisi filosofico-tattica dell’evoluzione del calcio portoghese di Francesco Nicolato
L’ evoluzione spontanea calcistica di ogni paese si basa su una specifica filosofia e cultura di gioco. Il mio interesse da diversi anni è rivolto allo studio del calcio portoghese e alla sua scuola di pensiero che rispetto l’Italia nasce principalmente nelle aule universitarie oltre che nei singoli club calcistici e nell’ambito della federazione.
Oltre che per motivi personali che mi hanno portato a conoscere e vivere in Portogallo con continuità fino ad oggi, sono stato affascinato dagli allenatori di nuovo corso in primis il professore Josè Mourinho, a seguire Villas Boas, Vitor Pereira, Fernando Santos. Tutti allenatori accomunati da una scuola metodologica di pensiero che conferisce nella figura del professor Vitor Frade creatore della periodizzazione tattica, docente per molti anni alla FADEUP- Faculdade de Desporto da Universidade de Porto- Università di scienze motorie e del calcio di Porto.
Lo stesso professore ha lavorato al Porto negli anni novanta quando Mourinho era assistente di Bobby Robson all’ epoca allenatore della prima squadra. E successivamente Rui Faria è stato storico vice- allenatore di Mourinho e prima studente di Vitor Frade, divenendo così profondo conoscitore della periodizzazione tattica. Oltre a lui la cultura calcistica portoghese è stata influenzata dal professor Manuel Sergio creatore della Faculdade de Motricidade Humana a Lisbona, la prima a studiare il movimento con un fondamento umanistico predominante evoluto in scienza; lo stesso Manuel Sergio è stato mentore formatore di mister Mourinho soprattutto nell’approccio ispirazionale di leader e di cultura generale. Inoltre, una terza figura ha influenzato la scuola portoghese, il neuroscienziato Manuel Damasio che ha aiutato ad aprire nuove frontiere scientifiche nello studio dell’uomo applicate in seguito allo sport, ponendo la neuroscienza come fonte primaria di valore allenante con l’aspetto emozionale di scelta.
Tramite i miei ripetuti incontri con il prof. Manuel Sergio e Vitor Frade ho potuto creare la mia nuova visione culturale; con il prof. Manuel Sergio, filosofo prima che studioso in scienze motorie, ho sviluppato la cultura filosofica e di superamento dell’ uomo, capendo che il calcio non è una scienza matematica come spesso si vuole far credere con una visione meccanicistica imposta dalla stessa federazione italiana, ma una scienza di relazione umana basata sulla trascendenza in spirito nietzschiano, ove l’ aspetto volitivo e di leadership individuale è il principio cardine per un allenatore e per un giocatore.
Le parole che sono sempre primarie nella mia mente come un mantra sono: “Per essere un grande allenatore prima di tutto hai bisogno di essere un grande leader condottiero”. Me lo ripeteva continuamente nelle nostre intense conversazioni, mi incitava sempre ad allenare la mia potenzialità di leader perché è l’uomo che vince prima di tutto e trascina i propri uomini al successo, e mi ha trasmesso la necessità di ampliare la mia cultura a tutti i campi dell’ esperienza umana perché la vittoria nasce fuori dalle quattro linee di gioco; è ciò che sta prima del campo che porta a creare la tattica che induce ad alzare i trofei, non basta sapere solo di calcio come ricorda spesso lo stesso prof. Mourinho.
Il prof. Vitor Frade, anche lui studioso di filosofia primariamente, mi ha fornito le indicazioni specifiche. Lo studio della sua materia è risultato fondamentale nel mio cammino di vita: mi ha permesso di completare la mia cultura scientifica e metodologica e di evolvere in modo pratico il gioco. Ho studiato a fondo questo approccio sistemico periodizzato, il quale rovescia il modello prestativo dell’uomo allontanandosi dallo spirito materialistico cartesiano più vicino alla cultura italiana per arrivare ad una visione olistica dell’individuo ponendo come principio fondamentale lo sviluppo dell’unità bio-psico-funzionale del calciatore nella sua natura tecnico tattica fisica.
Quindi lo sviluppo dell’ allenamento è lo sviluppo del gioco tattico nella sua complessità umana dove predominante è l’ aspetto volitivo cognitivo in cui il vero principio allenante è l’intensità di concentrazione tattica (ritorno alla trascendenza filosofica) nella dinamica anticipatoria della sua azione/reazione percettiva di scelta; lo stimolo allenante è la scoperta creativa prodotta dalla specificità delle situazioni di allenamento ove tutto viene proposto in modo globale (senza carichi a secco dominanti) al fine di allenare con una modalità di progressione complessa i vari principi di gioco in una dimensione di alternanza orizzontale in specificità giornaliera per rispettare i tempi di sforzo/recupero cognitivo con relativa primaria sollecitazione muscolare nei tre livelli di forza, resistenza, velocità e conseguenti processi aerobico, anaerobico lattacido, anaerobico. alattacido anche se tutto ha un motore essenziale nello stimolo nervoso di scelta tattica (sistema nervoso centrale) che condiziona l’aspetto metabolico soprattutto tenendo conto della necessità di recupero condizionale rispetto al dispendio avuto nell’ ultima partita giocata in modo da poter essere il più freschi possibili per la nuova gara, soprattutto nella ricostituzione della curva del glicogeno e prima ancora della freschezza nervosa.
Questa visione ecologica di creazione qualitativa dell’energia se ben condotta permette la diminuzione degli infortuni perché i carichi non sono slegati dall’ aspetto di riposo/recupero prioritario visto che l’accumulo di stanchezza nervosa è spesso la causa di successivi infortuni muscolari o fisici nella sua generalità oltre che essere motivo di ritardo nella scelta di gioco con relative conseguenze in uno sport di contatto/contrasto come il calcio. Tutto ciò perché l’ individuo è percepito nella sua totalità e migliorato in modo contestualizzato alla dinamica di gioco espressa; solo il giocare in senso primario allena alla partita garantendo adattamento efficace nel tempo. E’ importante riproporre in allenamento situazioni il più vicine possibili alla gara con regole e input motivazionali che portino l’aspetto emotivo volitivo a creare la massima intensità cognitiva al fine di creare quella fatica tattica che dovrà essere affrontata e superata in partita tramite lo stimolo cooperante dell’allenatore stesso e del suo staff nei singoli sviluppi tattici.
Questo tipo di allenamento è sempre rivolto alla pura funzionalità, non apportando carichi aspecifici per esempio di forza, componente primaria nel calcio, resistenza, velocità operando prevalentemente sulla capacità di sviluppo nella creazione del gioco tramite i propri principi acquisiti; in tal senso si parla di forza, resistenza, velocità tattica espressa sempre tramite circuiti di gioco o esercizi con palla riproducenti una specifica dinamica da potenziare.
Lo stimolo di scelta tattica nel suo dosaggio è il principio movente su cui modulare tutti gli sviluppi degli allenamenti. Lo scopo è creare la capacità di gioco individuale/collettivo al di sopra della cultura individuale di gioco del calciatore; si vuole ottenere cioè la formazione interiorizzata tramite la ripetizione continua e diversificata dei propri principi tattici applicati sia come propria struttura squadra sia come adattamento strategico al singolo avversario di un’unità sistemica di intenti risolutrice delle singole situazioni tramite l’evoluzione della coscienza collettiva. In ogni momento tutti i giocatori pensano alla stessa situazione sapendo quale scelta posizionale, di segmento, di reparto, tra reparti, di squadra compiere in modo cooperativo per uscire dalla difficoltà e proporre disequilibrio all’ opponente; a tal proposito si parla di cultura frattale ove i principi di gioco strutturali della squadra vengono riproposti nelle varie dimensioni della partita in forma diversa adattati alle singole specifiche situazioni e caratteristiche dei giocatori. (dall’ 1v1 alle situazioni crescenti di complessità fino all’ 11v11).
La squadra verrà riconosciuta per questa sua cultura tattica espressa tramite le interazioni sempre più evolute, dinamiche e consolidate. Il collettivo, partendo dal De Anima di Aristotele, si differenzia per le tre dimensioni primarie: forma (quale sistema di gioco, quale modo di esprimersi, quali valori di espressione), sostanza (qualità dei calciatori e loro applicazione al proprio modello di gioco); substrato (nuovo stato nascente di squadra) con esito di uno stato momentaneo di trascendenza che va oltre la somma delle parti. Per questo è essenziale apprendere il gioco calcio come cultura di relazione umana perché il mutamento dei singoli componenti e dei singoli posizionamenti, legami espressi dai giocatori, apporta un cambiamento sistemico continuo non riconducibile a delle dinamiche di gioco chiuse statiche o a codifiche ripetitive che la complessità può rompere con facilità soprattutto quando si incontrano squadre avversarie con consolidata esperienza e cultura tattica ben evoluta. Le interazioni sono continue, imprevedibili e mutevoli per poter essere aperte al cambiamento di stato (transizioni) e guidate dalla necessità di allenarsi in uno stato prestativo tattico di disequilibrio nascente, creare maggiori difficoltà rispetto a ciò che realmente è previsto tramite la manipolazione delle situazioni di gioco, uscire dal controllo prestazionale per raggiungere nuovi limiti di crescita cognitiva tattica. Per questo il modello fisico prestativo ha poco senso nel calcio (se non come supporto integrativo) dove le componenti di abilità tecnica, coordinazione e interazione tattica sono dominanti essendo un gioco di scelta percettiva in uno stato di necessità che permette la creazione del superamento del limite tattico precedente. Lo scopo è creare un calciatore pensante intelligente e non ripetitivo. Allenare all’ imprevedibilità. Le squadre portoghesi e allenate dagli allenatori lusitani di mio riferimento sono: Porto 2002/04 Mister Josè Mourinho il quale è stato pioniere nell’ applicazione di questa metodologia: tramite le grandi capacità del suo leader allenatore Josè Mourinho alla prima vera esperienza in panchina, il Porto ha potuto creare un biennio meraviglioso con la conquista di due campionati nazionali, una coppa di Portogallo, una supercoppa Candido de Oliveira, una coppa Uefa e una Champions League; Porto 2010/11 Mister Andre Villas Boas il quale è stato assistente e tattico di Josè Mourinho prima al Porto, poi al Chelsea e al suo primo anno all’ Internazionale Milano. Vincitore del campionato portoghese, della coppa del Portogallo, della supercoppa Candido de Oliveira e dell’Europa League; Porto 2011/12 Mister Vitor Pereira il quale era stato allenatore aggiunto di Andre Villas Boas nella stagione precedente. Ha vinto il campionato nazionale, supercoppa Candido de Oliveira. Infine la Selezione nazionale del Portogallo di Fernando Santos. Vincitore dell’Europeo 2016.
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