-di Raimondo Meledina–
100 + 1 Il giorno di Pasqua, una Pasqua purtroppo triste e segnata da lutti e disgrazie per il nostro Paese, per il Cagliari Calcio cadrà la prima delle due importanti ricorrenze che lo riguardano: il cinquantesimo anniversario della conquista del primo (e sinora unico) scudetto della sua storia e poi, il 30 maggio, i primi cento anni di vita della Società, fondata, appunto, nel 1920.
Tutto ebbe inizio nel 1902 quando, in Piazza d’Armi, una squadra composta da studenti cagliaritani ne affrontò una di marinai provenienti da Genova. I liguri erano più preparati e scafati e vinsero, ma quello segnò comunque l’inizio, seppure non ufficiale, e prima della Guerra del ‘15-18 la squadra della Società Ginnastica Amsicora varcò il mare per confrontarsi con squadre del continente. Non fu gloria neanche allora, ma i sardi, si sa, non mollano facilmente la preda, e così si arrivò al fatidico 30 maggio 1920 quando il chirurgo Gaetano Fichera ed altri dirigenti fondarono il Cagliari Football Club. La prima gara “ufficiale” l’8 settembre, campo di gara lo Stallaggio Meloni, dove i cagliaritani incontrarono la Torres di Sassari, nata qualche anno prima, nel 1903, che peraltro batterono per 5/2 con reti di Cocchino, al secolo Alberto Figari, e goal di Cottiglia e Mereu. Il calcio cresceva e lo Stallaggio Meloni, si rivelava inadeguato, per cui si traslocò al più ospitale campo di Via Pola. C’è fermento e nel 1924 il Cagliari Football Club si fonde con l’Unione Sportiva Italia e nasce il Club Sportivo Cagliari, i cui giocatori vestono ancora il nero-azzurro. Dal 1927 la squadra acquisisce il rossoblu, colore della città, che dal canto suo li segue con passione ed interesse crescenti, e si matura…
Il nuovo Cagliari partecipa al campionato nazionale di Prima Divisione Sud, e si comporta più che egregiamente, tanto che, con in panca Ernest “Egri” Erbstein, va addirittura in serie B!! Seguono alti e bassi: nel 1935 lo scioglimento del Club Sportivo Cagliari, il cui titolo viene rilevato dall’Unione Sportiva Cagliari, lo stop per la seconda Guerra Mondiale, il ritorno in serie B, l’immediata retrocessione e nel 1951 il trasferimento all’Amsicora e la contestuale promozione in serie B. Poi ancora serie C, B…e finalmente, complice l’arrivo di Mario Martiradonna, Francesco Rizzo, Ricciotti Greatti ed un tale Gigi Riva, che l’accorto e lungimirante direttore sportivo Andrea Arrica scova nel Legnano, nel 1963/64 è promozione in serie A. Il condottiero è Arturo “Sandokan” Silvestri, che centra una doppia promozione e forgia i suoi ragazzi preparandoli a quella che sarà un’impresa irripetibile: la conquista dello scudetto nella stagione 1969/1970 nella quale i rossoblu dell’allenatore-filosofo Manlio Scopigno e del presidente Efisio Corrias, con cui collaboravano il vicepresidente e direttore sportivo Andrea Arrica, Paolo Marras, Bellu e Mariano Delogu, misero sotto, solo per citare le big, Inter, Juve e Milan, imponendosi come una delle squadre più forti di sempre, che fornì ben sei giocatori alla Nazionale italiana (Albertosi, Niccolai, Cera, Domenghini, Gori e Riva) finalista nei Mondiali di Messico ‘70. I rossoblu avevano già sfiorato l’impresa la stagione precedente ma poi la sfortuna e qualche contingenza negativa vollero che il titolo venisse conquistato dalla Fiorentina. L’anno successivo, complici gli azzeccati innesti di Domenghini, Gori e Poli, scambiati per Boninsegna all’Inter, che andavano ad aggiungersi agli arrivi dell’anno precedente di Albertosi e Brugnera in cambio di Rizzo ai viola, completarono una squadra di per sé già quadrata e… scudetto doveva essere e scudetto fu, in una stagione culminata nell’apoteosi di un’impresa che segnò, come scrisse Brera, il vero ingresso nella Sardegna in Italia, e rappresentò il trionfo e l’orgoglio di una Regione con tutto ciò che poteva evocare la straordinaria impresa di una piccola Società del sud.
La “rosa” scudettata era composta da Albertosi, Martiradonna, Mancin, Cera, Niccolai, Poli, Domenghini, Nenè, Gori, Brugnera, Riva, Reginato, Tommasini, Brugnera, Zignoli, Mancini, Nastasio e Poli e Gigi Riva “Rombo di tuono”, fu per la terza volta capocannoniere del campionato con 21 reti in 30 partite. Una media niente male, considerate le difese arcigne del periodo e, senza gli infortuni patiti Riva avrebbe sicuramente centrato il poker perché in quel periodo era fra i migliori attaccanti del mondo, Va sottolineato, peraltro, come Riva abbia sempre detto che lo scudetto era il frutto del lavoro di tutti, dividendone i meriti con i compagni della squadra, che per lui era una famiglia ”Siamo diventati campioni d’Italia –parole del Giggirriva dei cagliaritani- perché quando eravamo insieme ci trasformavamo, perché la cosa più bella di questo sport è che un gruppo può davvero diventare più della somma dei singoli talenti. Io ho amato il pallone per questo».
Snodo chiave del campionato, la gara Juventus-Cagliari del 15 marzo, diretta dall’allora principe dei fischietti italiani Concetto Lo Bello, e conclusasi, dopo un’altalena di emozioni vietate ai malati di cuore, col pareggio che consentì ai giocatori con la casacca dei Quattro Mori di tenere i bianconeri ad un punto e cucirsi sul petto 3/4 di scudetto. Il resto è storia e la partita Cagliari-Bari sancì un’impresa fino ad ora non ripetuta e forse irripetibile per una squadra che rappresenta tutta un’isola ed in cui hanno operato, dirigenti, tecnici e giocatori che hanno fatto la storia del calcio. Per citarli tutti non basterebbe un intero volume, ma va detto che, fra i mister, oltre ai già citati, si sono seduti sulla panchina rossoblu tecnici blasonati come Allegri, Radice, Ranieri, Trapattoni, Edmondo Fabbri e Donadoni (gli ultimi tre tutti C.T, della Nazionale Italiana), gli uruguaiani Tabarez e Lopez, Carletto Mazzone, Puricelli, i sardi Cenzo Soro, Mario Tiddia e Gianfranco Zola, e tanti altri, ognuno dei quali ha dato il proprio contributo per far diventare grande il Cagliari. E per quanto riguarda i giocatori? Una platea immensa della quale è impossibile parlare diffusamente; oltre ai “tricolori” ,come non citare “El principe” Francescoli, Herrera, Fonseca, Suazo, Daniele Conti, i sardi Gianfranco Zola e Gianfranco Matteoli, Gigi Piras, Renato Copparoni, Gianluca Festa e Vittorio Pusceddu… ai quali potremmo e dovremmo aggiungerne tanti altri, ma non lo facciamo per questioni di spazio, e che ci piace riunire in un solo nome, quello di Gigi Riva, uomo simbolo del Cagliari e certamente rappresentativo di tutti i giocatori che, dalla fondazione ad oggi anno indossato la gloriosa casacca. Gigi Riva da Leggiuno, a soli 17 anni viene catapultato a Cagliari, a cui era stato ceduto dal Legnano, mandato in un posto sconosciuto senza sapere se mai sarebbe tornato a casa sua, tant’è che nello scalo di Alghero, si informa se c’era un volo per tornare subito a Milano…Vive male il trasferimento, arrivato peraltro qualche mese dopo la scomparsa della madre, ma resiste. Gli inizi, come capita, non sono facili, ed anche la critica non è tenera, infatti, Gianni Brera, che poi conierà per lui l’appellativo di Rombo di tuono, alle sue prime uscite commenta acido che il numero 11 del Cagliari sembrava “zoppo”, aggiungendo “gioca solo con il sinistro”. Poi, però, il “nostro” si ambienta e pian piano diventa sardo amando da subito, ben corrisposto, il Cagliari, la Sardegna ed i sardi, che nel tempo ne fanno una bandiera, non solo sportiva, facendo cambiare idea a Brera e ad altri opinionisti di vaglia che, all’unanimità, lo hanno poi collocato fra i migliori bomber di sempre, in campo mondiale.
Cannoniere rossoblu assoluto, recordman di reti in azzurro, vice campione del mondo da giocatore e campione del mondo da dirigente della Nazionale, più udienze papali, medaglia d’oro CONI al valore sportivo, molte onorificenze sulla giacca ed ora presidente onorario del Cagliari, è certamente un’icona del calcio, ma da sempre, rifugge la celebrità ed i riflettori. “Ero un orfano che il calcio ha reso adulto, pieno di debolezze umanissime, in una squadra di uomini come me, fatti di carne e di ossa, che erano diventati la mia famiglia”.
Parole che fanno capire di che pasta è fatto l’uomo, il Rombo di tuono di Brera, stimato anche da Dario Fo, che, non è diventato famoso per questo, ma è stato sportivo di vaglia nell’atletica, aeronautica e vela, e di Riva era non solo paesano, ma anche lontano parente, il Riva che secondo l’avvocato Nizzola, già presidente della FIGC, era un padre spirituale per gli azzurri, il Riva per il quale lo storico Francesco Cesare Casula invocava una “Die de Giggi Rivva”, il Riva ispiratore della celeberrima “Quando Gigi Riva tornerà” di Piero Marras e..potremo stare per ore a scrivere di questo sardo di Leggiuno, tanti sono gli episodi e gli aneddoti che lo riguardano, con una certezza, quella che ancora non è finita perché, a maggior ragione dopo che gli è stata attribuita la presidenza onoraria della Società, Riva resta, e sarà sempre, un irrinunciabile punto di riferimento per Cagliari e tutto il calcio italiano.
A festeggiare i 50 anni dello scudetto, e poi il primo secolo di vita, in un momento storico davvero triste, lo ripetiamo, in cui questo maledetto COVID 19 ha, fra le altre cose, anche interrotto quasi tutti i campionati di calcio del mondo, saranno un Cagliari ed una Sardegna storditi e straniti, ma il Cagliari del presidente Giulini, una Società moderna e ben organizzata che guarda al futuro, la squadra di mister Zenga ed i suoi tifosi sono pazienti e sapranno aspettare il momento propizio per iniziare il secondo secolo all’insegna di quei valori che li hanno fatti grandi. Buon compleanno Cagliari, Forza Casteddu e…ad meliora!!
Se volete comunicare con PANATHLON PLANET, scrivete a: