-Redazione “GIANNI BRERA”-
Tra storie e immagini del magnifico Fosco Maraini
UN’IMPRESA RIMASTA MEMORABILE
Alessandro Giorgetta narra le vicende di un gruppo di alpinisti che nel 1958 ha fatto storia
di Pablo Pimazzoni
L’esplorazione ha sempre avuto un ruolo centrale nella storia dell’umanità, fin dai tempi dei
cacciatori-raccoglitori che dovevano conoscere l’ambiente circostante per individuare acqua, cibo e potenziali pericoli, poi con le prime civiltà alla ricerca di risorse, materiali e territori fertili fino ai giorni nostri in cui il pianeta è stato quasi completamente analizzato e trascritto su mappe.
Per molto tempo l’esplorazione si è concentrata sugli ampi spazi orizzontali, pochi si avventuravano ad esplorare le altezze, anche perché non rappresentavano un grande interesse dal punto di vista economico e commerciale.
Dalla fine del ‘700, con l’illuminismo, subentrò l’esigenza di conoscere queste aree bianche che pur non avendo valore per il commercio erano di grande interesse per la ricerca scientifica.
Da questo periodo si è quindi rivolta l’attenzione anche verso le alte quote, inizialmente in Europa, con l’esplorazione, la salita e la conquista del Monte Bianco. Un passaggio importante in quanto questa montagna era situata al centro della cultura e della civiltà europea.
Alpinisti e scienziati potevano cominciare a sperimentare e a scoprire come funzionava l’alta quota e come rispondeva il fisico umano alle sollecitazioni di questa, come ad esempio la riduzione della pressione parziale di ossigeno.
Si può quindi affermare che la base dell’esplorazione dell’alta quota sia scientifica prima ancora che sportiva, l’obiettivo era infatti quello di vedere, studiare, approfondire e documentare tutto il possibile.
Dalla metà dell’800 le cose cambiarono ancora e ci fu una vera e propria corsa, in alcuni casi
persino competizione, all’esplorazione degli spazi verticali.
Questo periodo vede anche l’istituzione delle associazioni alpinistiche nazionali in tutta Europa come il CAI in Italia, fondato nel 1863 a Torino.
Nel libro “Gasherbrum IV: la montagna lucente”, Alessandro Giorgetta, curatore editoriale del CAI, racconta la salita di una delle poche montagne da 8000 metri al mondo attraverso una raccolta delle fotografie di Fosco Maraini.
L’impresa narrata è la conquista di una vetta che veniva considerata impossibile, Il Gasherbrum IV (7980m) in Pakistan, in una missione che era stata percepita come una vera e propria provocazione.
La spedizione era composta da 8 alpinisti, tra cui spiccavano Walter Bonatti, Carlo Mauri, Riccardo Cassin e Fosco Maraini.
Fosco Maraini era un alpinista e fotografo ma anche un poeta e visionario, capace di raccontare con un click la storia di un volto, di un paesaggio o di una cultura.
Alessandro Giorgetta ritiene che Fosco sia stato un innovatore sia dal punto di vista dell’espressione artistica sia per quanto riguarda l’equilibrio dei rapporti umani, era professore di antropologia e questo suo interesse lo aveva portato a completare numerosi viaggi in oriente.
Fosco Maraini trasmetteva quanto visto e appreso nei suoi viaggi sia attraverso studi, libri sul
mondo orientale (Pakistan, India, Giappone) sia attraverso la sua fotografia.
Tra le sue opere salienti ricordiamo “Ore giapponesi”, “Incontro con l’Asia” e “Segreto Tibet”.
La conquista del Gasherbrum IV, documentata fotograficamente da Fosco Maraini, segnava la nascita di un nuovo modo di intendere l’attività alpinistica di ricerca sia da un punto di vista culturale che tecnico-scientifico.
L’aspetto culturale era stato favorito proprio dalla presenza di Fosco Maraini nella spedizione, che era un alpinista ma prima ancora un professore, antropologo e studioso di usi, costumi e religioni dell’area. La spedizione al Gasherbrum IV si era svolta in un punto di cerniera tra varie culture; quella induista, quella musulmana e quella buddista. In questa zona la popolazione era estremamente varia eppure queste diverse etnie convivevano pacificamente. Come racconta Alessandro Giorgetta, Fosco Maraini non si limitava a fare delle belle fotografie dell’ambiente era interessato soprattutto all’aspetto della civiltà che ha voluto approfondire tramite le sue foto.
Dal punto di vista tecnico questa spedizione è stata unica in quanto gli alpinisti arrivarono alla vetta (a quasi 8000 metri) senza ossigeno. Era la prima volta nella storia della conquista delle grandi cime che si era salita un’altezza tale senza l’aiuto di ossigeno supplementare. Le difficoltà nella scalata erano tali da lasciar loro poca scelta: potevano arrampicare solo con lo zaino o solo con l’ossigeno.
Complessivamente la spedizione è durata 4 mesi, con la salita del ghiacciaio del Baltoro per
avvicinarsi alla fase alpinistica vera e propria della montagna. La distanza coperta a piedi è stata di 240km dei quali 160 sul ghiacciaio e gli altri 80 di avvicinamento.
Gli 8 “uomini d’oro” raggiunsero da soli la vetta ma la prima parte dell’impresa comprendeva 450 portatori, metà dei quali trasportavano il riso, la farina e tutto il necessario per la sopravvivenza della lunga colonna di persone che si spostava attraverso questo territorio. L’avvicinamento durò 2 mesi e mezzo e questo dette modo a Fosco Maraini di studiare e di stabilire dei rapporti con la popolazione locale. Un aspetto unico di questa spedizione fu infatti l’elemento culturale che raramente emergeva durante le spedizioni alpinistiche nelle quali speso l’unico obiettivo era salire la montagna.
Nella prefazione del libro si può leggere una frase emblematica riguardo la conquista del
Gasherbrum IV: “è stata l’impresa di 8 uomini che sono riusciti in modo disinteressato non solo a realizzare un sogno ma anche ad indicare una via alle generazioni dei conquistatori dell’inutile”.
Alessandro Giorgetta sostiene che l’alpinismo sia infatti un atto gratuito, l’alpinista sale la montagnaper una necessità interiore non c’é un motivo pragmatico per cui gli alpinisti siano indotti ad assumersi questi rischi e ad affrontare tali fatiche.
Si tratta sostanzialmente di una sfida a sé stessi e per sé stessi, una ricerca dei propri limiti e un voler superarli. Non c’è necessariamente una ricompensa materiale, la si può forse trovare nel conoscere sé stessi o nel vedere come attraverso il proprio impegno e il proprio sforzo sia possibile indicare una via per andare oltre.