Redazione Gianni Brera
L’Italia vittima dei pregiudizi sul calcio femminile
di Deborah Bernardi
Come viene associata l’immagine della donna nel mondo del calcio? Perché al giorno d’oggi è un settore pieno di pregiudizi e frasi fatte? Per quale ragione il gentil sesso viene mal visto sui campi da calcio e non può essere considerato alla pari di un uomo?
Queste sono alcune delle domande che sorgono spontanee nell’immaginario collettivo quando si sente parlare di donne e calcio.
Siamo convinti che lo sport non conosca barriere, tanto meno quelle di genere. In realtà questo mondo offre ancora un terreno fertile per i falsi miti. Ad esempio, così come la società ci fa pensare che esistano giochi per bambine e giochi per bambini, è ancora diffuso il pensiero che ci siano sport da maschi e sport da femmine.
Da una parte ci sono tutti coloro che dipingono le calciatrici con etichette del tipo “fisico da urlo” e “belle più che brave” e tutto ciò la dice lunga su come molto, troppo spesso, si dia più spazio al corpo delle sportive che alle loro prestazioni e competenze. A differenza di ciò che accade nel raccontare eventi sportivi in cui gli uomini sono protagonisti.
Le calciatrici non devono essere belle. Possono esserlo, certo. Però non stanno giocando perché qualche uomo possa sessualizzarle. Dall’altra parte ci sono tutti coloro che le considerano “uomini mancati”, “lesbiche” solo per il fatto che in Italia il calcio sia considerato uno disciplina “maschile”. Nel resto del mondo, soprattutto al di fuori dell’Europa tutto ciò non avviene e non a caso il calcio è lo sport più praticato dalle donne.
L’informazione mediatica ha un ruolo fondamentale per fermare questi pregiudizi promuovendo la parità di genere e plasmando il modo in cui vediamo questo mondo, ma molto spesso sembra fare il contrario. Le cronache sportive sono, talvolta, il trionfo dello stereotipo sessista. Per fare un esempio, non molto tempo fa un giornalista napoletano, Sergio Vessicchio, ha definito “una cosa inguardabile” il fatto che ci fosse un guardalinee donna per la partita di Eccellenza Agropoli-S. Agnello. Il commentatore non ha risparmiato tutto il suo disprezzo non tanto contro la malcapitata Annalisa Moccia, ma proprio contro il fatto che ci fosse una donna ad assistere l’arbitro:
“È uno schifo – ha tuonato Vessicchio – vedere le donne che vengono a fare gli arbitri. È una barzelletta una cosa del genere”. Altro problema non poco irrilevante è che, secondo un’indagine Uefa, una bambina in Italia deve percorrere per spostarsi dal luogo di residenza a un campo da calcio, dove potersi allenare, tra i venti e i quaranta chilometri. In Germania la stessa distanza è dimezzata. Non è un caso che le tesserate tedesche siano dieci volte di più rispetto a quelle italiane.
Nonostante questi aspetti negativi sono stati fatti numerosi progressi a riguardo negli ultimi anni, infatti il boom dell’ultimo mondiale femminile ha prodotto un cambiamento fondamentale nel modo di percepire la donna calciatrice, apportando modifiche sostanziali nell’opinione pubblica. Inoltre, non tanto tempo fa (novembre 2018) abbiamo assistito ad un evento storico: l’attaccante del Lione Ada Hegerberg ha ricevuto per la prima volta il Pallone d’Oro, il prestigioso riconoscimento dedicato ai migliori giocatori di calcio al mondo. Ma quando tutto sembrava andare per il meglio ecco che Martin Solveig le chiede di fare un ballo molto sensuale, in cui si muove il bacino in modo sensuale, il twerking. Certo, ce n’è di strada da fare: ma proprio come il tennis, la pallavolo e la scherma femminile si sono evolute valorizzando al massimo le peculiarità fisiche della donna, allo stesso modo il calcio femminile potrà compensare in tecnica, leggiadria e spettacolarità le immancabili carenze di potenza fisica o di velocità esplosiva proprie dei maschi.