-A TU PER TU CON GIAMBATTISTA PASTORELLO-
di Massimo Rosa-
L’incontro avviene nella nuova sede del Verona di Corte Pancaldo, dove mi reco spesso per motivi legati all’attività di giornalista sportivo.
Questa volta però è diverso perché devo incontrare Giambattista Pastorello, presidente dell’Hellas Verona, poiché desidero metterlo tra i personaggi di questo libro, essendo stato al vertice societario di questo fine millennio, ed essendo quello che apre il terzo millennio, e poi perché ritengo che sia una persona che valga la pena approfondire.
Non lo nego, sono un sostenitore di Giambattista Pastorello, anche quando i tifosi erano contro di lui per le note vicende di Cesare Prandelli.
Di questo me ne è buon testimone l’amico Gaudio Pedalino che la pensava, e la pensa, come me a proposito di quella stucchevole vicenda: ma stendiamo un velo pietoso, poiché alla fine i fatti ci hanno dato ragione.
Ritengo che il presidente del Verona sia una delle persone più competenti in materia calcistica ch’io abbia mai conosciuto, e questa mia affermazione è maggiormente suffragata dopo l’intervista che gli ho fatto.
Di lui ne emerge una figura di alto profilo professionale, che è raro vedere in questo mondo del calcio sempre più lontano dalla realtà, sempre più impreparato ad affrontare nuovi scenari, vuoi per le incapacità dei suoi protagonisti, vuoi per i sospetti velenosi che sono capaci di instillare, ogni qualvolta, le cose non vanno per il verso giusto, senza mai volere ammettere i propri errori, o la propria errata filosofia gestionale.
In parole povere il sogno è una cosa, altra è la realtà.
Perché ha scelto di acquistare il Verona?
Bisogna dire che prima del Verona avevo provato ad acquistare il Vicenza.
Andò male la cosiddetta asta, nel senso che gli inglesi fecero un’offerta superiore alla mia e, quindi, mi ritrovai senza la possibilità di acquisirlo.
Il giorno dopo Mazzi, allora presidente del Verona, mi telefonò dicendomi di sapere che volevo acquistare una squadra, ben sapendo che mi era andata male con il Vicenza, offrendomi così il Verona.
Presi la cosa così, Mazzi era un amico, mandami la documentazione – dissi – così le do un’occhiata.
Quindi, quasi per scherzo, è cominciata la trattativa.
Prima mandò una parte della documentazione, poi la arricchì ulteriormente. E finalmente c’incontrammo, se non sbaglio era il mese di luglio, poi nel febbraio ho cogitato, acquisendo così il Verona.
Ha mai giocato lei a calcio?
Sì, ho giocato a calcio, un po’ come tutti gli italiani. Ho giocato anche in quarta serie.
All’età dei 16 anni facevo anche atletica leggera: ero dibattuto. Poi l’ho preferita.
A quei tempi facevo le corse la mattina e, quindi, era difficile giocare a calcio il pomeriggio.
Questo mi ha obbligato ad una scelta.
Per quale squadra ha tifato in gioventù?
Il Vicenza, credo sia abbastanza normale, essendo io un vicentino. Infatti, un po’ tutti abbiamo a cuore le sorti della squadra dove sei nato, ed hai vissuto.
Col calcio ho iniziato all’età di 7 anni.
Il Vicenza poi, non dimentichiamo, che è stata 20 anni in serie A, credo che molti nel Veneto venissero a vederla, anche perché è la squadra che più a lungo è rimasta nella massima serie.
Perché quel feeling con la famiglia Tanzi, che spesso fa mormorar la gente
Non capisco perché faccia mormorar la gente, anzi io credo che sia motivo d’orgoglio da parte mia perché se uno fosse amico di Agnelli, penso possa vantare questo tipo di amicizia.
Ho avuto modo di lavorare con la famiglia Tanzi, visto che ho fatto per 7 anni il DG a Parma, e vuol dire, parimenti, che i Tanzi, nei miei confronti, hanno saputo apprezzare la correttezza, l’onesta il modo di operare la professionalità. Quindi quando sono andato via da Parma, perché me ne sono andato via io, nessuno mi ha mandato via, è rimasto un franco rapporto di amicizia.
Anche perché al di fuori dell’ambito calcistico ho avuto degli inviti da parte loro, e perciò ne è nata una frequentazione mia e di mia moglie.
Quindi c’è stato questo rapporto che continua nel tempo e, posso dire, di esserne orgoglioso.
Sua moglie ha anche un ruolo nella sua attività?, diciamo di PR
Mia moglie è una persona molto riservata. Forse un po’ di PR le fa qui a Verona, ma così casualmente.
E’ contenta che lei sia presidente?
Sono diventato presidente perché la mia famiglia mi ha spinto a comperare una squadra di calcio. Magari il Vicenza prima ed il Verona poi, quando se ne è presentata l’occasione.
In quei momenti la mia insofferenza a non fare quello che era ed è il mio lavoro, quello che mi gratifica maggiormente, perché ne ho la passione, mi faceva sentire come un leone in gabbia.
E quindi sono stato sono stato letteralmente spinto dalla mia famiglia ad acquisire una squadra di calcio.
Fortuna mia o dei veronesi è capitata questa opportunità dell’Hellas. Con questo sono giunto al quarto anno di matrimonio: mi auguro si possa essere contenti sia di Pastorello che ha trovato il Verona, sia il Verona che ha trovato Pastorello.
Pastorello, che a mio avviso, ha trasmesso un equilibrio ad una società come il Verona, che negli ultimi anni era venuto a mancare, è una persona che ha il coraggio di non promettere quello che non si può.
Non sono mai stato abituato a vendere fumo. Questo in assoluto.
Dopo il terzo anno che ero qui, pensavo di essermi ritagliato un po’ di credibilità, invece non era così perché la gente mi guardava con molto scetticismo, chiedendosi che cosa era venuto a fare questo vicentino a Verona.
Ricordo cosa scriveva qualche tifoso all’Arena: “Arriverà questo, farà prestiti e cessioni, poi andrà via”.
C’era molta diffidenza inizialmente, e questa si è manifestata anche quando ho esternato quelli che erano i miei programmi.
Avevo portato un allenatore che nessuno conosceva, anzi un allenatore ch’era andato male. Avevo rivoluzionato la squadra, perché avevo portato tutta gente che non aveva la “pancia piena”, quindi, giunta a Verona con degli stimoli nuovi.
Ho forse modificato il modo di pensare della città stessa, perché ricordo i titoli dei quotidiani locali che parlavano di Trapattoni, di Scala, di gente che era al di fuori del mio modo di ragionare e pensare, sapendo quanto è difficile il mondo del calcio e conoscendo quella che è, meglio di molti altri, questa realtà.
Come giudica quelle dichiarazioni dello scrittore inglese Tim Parks, tifoso del Verona, apparso sul Corriere della Sera?
Ho avuto anche modo di commentarle, visto che qualcuno mi ha chiesto un giudizio. Ho detto che ognuno si deve prendere la responsabilità delle proprie azioni.
Tim Parks è sicuramente un gran tifoso del Verona, visto quello che ha affermato: a detta sua con ironia, forzando i toni.
Certo non posso condividere quando parlava dei contadini del Chievo.
I nonni miei avevano campagna, non credo che essere contadini sia un diminutivo, anzi “scarpe grosse e cervello fino”.
Quindi se Mister Parks ha scritto determinate cose sono affari suoi, il sottoscritto non le condivide. Quindi deve assumersene la paternità e responsabilità.
Cosa manca a Verona per essere la città leader del Veneto?
Niente, perché io che sono vicentino ho riscontrato tutto quello che manca a Vicenza, che a Verona c’è.
Credo abbia tutto, anche da un punto di vista geografico ha un qualche cosa in più, e questo è un valore aggiunto, proprio perché è in una grande posizione strategica di grande collegamento.
Un presidente della provincia (Fenzi) disse provocatoriamente qualche anno fa “Verona deve staccarsi dal veneto ed aderire al trentino”
Non faccio politica, non mi sento in grado di giudicare.
Lei non è più un “foresto”, come si dice a Verona: noi siamo i Capuleti e voi i Montecchi, e lei ha sposato Giulietta
Io ho sposato Giulietta, mi sembra che il matrimonio funzioni. Mi auguro che possa continuare, non so per quanto tempo. Oggi funziona.
Ritiene che Verona, alla luce di un esaltante trascorso, potrebbe essere rappresentata calcisticamente in Europa?
Credo che quello sia stato un periodo irripetibile, come ho già detto in altre occasioni, per lo meno per quanto riguarda lo scudetto.
Dubito che oggi ci possa essere ancora una provinciale a vincere lo scudetto.
Sono convinto in assoluto che i grandi club continueranno ad aggiudicarselo.
Che poi una realtà come Verona possa riconfrontarsi in Europa, credo di sì, ma evidentemente questo vorrebbe dire pazienza e programmazione.
Io ho tutte due le cose, sia la pazienza che la programmazione.
Però non so se da solo sarei in grado di poter fare questo tipo di operazione, le spiego per quale motivazione.
Una società provinciale con i costi che ci sono oggi per mantenere i calciatori, considerando quelle che attualmente sono le nostre concorrenti, cioè le città metropolitane, mi riferisco al Milan, all’Inter ed alla Juve in particolare, non è in grado di essere competitiva più di quel tanto.
Necessariamente ogni anno per fare quadrare i decifit gestionali deve vendere; se noi avessimo la forza economica, ecco perché dico da solo è difficile che Pastorello riesca, magari riuscirà a mantenere sempre il Verona in serie A, e questo credo possa essere già qualcosa d’importante, ma per poter fare quell’ulteriore salto qualitativo necessita una forza economica a livello societario.
Se ciò si verificasse si lavorerebbe su un piano triennale di investimenti in uomini e mezzi, confermando un tecnico come Malesani, mantenendo l’ossatura della squadra, modificandola poco e di volta in volta: allora credo che l’obiettivo Europa potrebbe essere centrato.
Evidentemente oggi non siamo in grado, da un punto di vista economico a soddisfare quelle necessità enunciate.
Allora o ci sono mezzi propri, o si fa poca strada.
Come occupa il tempo libero?
Purtroppo di tempo libero ne ho poco e, quando posso, vado in qualche pinacoteca, o in qualche museo. Il mio hobby è comunque l’antiquariato.
Che spettacoli preferisce
Ogni tanto vado a teatro, ed in genere gli eventi sportivi.
Pratica qualche sport?
No, ogni tanto mi diletto fare un po’ di corsa, visto i miei trascorsi nell’atletica leggera, oppure vado in bicicletta. Qualche volta, ma di rado, gioco a tennis.
Qual è il sogno della sua vita
Nella vita ci si pone sempre tanti traguardi, poi gli stessi purtroppo non sempre si riescono a raggiungere.
Vede, faccio questa attività da tanti anni, ed è un’attività che mi ha dato tante soddisfazioni, gratificandomi molto.
Ecco, per esempio, quando lo scorso anno eravamo in difficoltà di sofferenza con la squadra, quando rischiavamo la retrocessione, le assicuro che mi sarebbe dispiaciuto non raggiungere la salvezza, perché non volevo tradire il cuore della tifoseria del Verona.
Ecco, pensi che oltre ad una cosa personale il mio pensiero era rivolto ai miei tifosi, a chi mi aveva effettivamente sostenuto.
Il mantenere le promesse fatte. Ecco questo è il mio sogno.
Quale genere di film preferisce, quale attore e quale attrice
Vedo pochi film. Mi piacciono Sordi, Benigni e Verdone. Quei genere di film rilassanti.
Tra le attrici mi prediligo Julia Roberts.
Qual è il più grande atleta di tutti i tempi
Ero innamorato dell’ “Uomo chiamato cavallo”, Emil Zatopek.
Io facevo mezzo fondo e fondo, quindi, mi ricordo, quando ero bambino, che il grande atleta era il mio idolo.
Altro atleta Carl Lewis, un fenomeno.
E’ comunque riduttivo menzionare un solo atleta.
Se avesse avuto Maratona, come lo avrebbe gestito?
Credo che ci sarebbero stati grandi problemi nel gestire l’uomo Maradona. Diventa difficile dire come l’avrei fatto.
Non so quanti e quali problemi avesse Maradona.
Ricordo perfettamente quando Juliano lo portò dal Barcellona al Napoli, per la cifra di 12 miliardi che sembravano una follia: allora il Barcellona se n’era privato perché c’erano già al quel tempo problemi. Perché, bisogna sapere, che il Barcellona è l’unica squadra al mondo che non ha mai venduto i giocatori, e tutt’ora è così perché devono essere i giocatori a chiedere di voler andar via, e se la società è d’accordo hanno il via libera.
Questo l’ho saputo quando ho trattato il bulgaro Stoickov per il Parma.
La Spagna è una realtà diversa?
Sì, in Spagna la realtà è completamente diversa dall’Italia.
Là, c’è l’azionariato popolare, il presidente viene infatti eletto dal tifoso.
Questa potrebbe essere un’arma come avviene in politica, dove si fa campagna elettorale
Certamente!
Perché Sanza, presidente del Real Madrid ha perso la presidenza, perché l’attuale presidente è stato eletto: perché aveva promesso Figo, e Figo è arrivato, questo succede comunque sia in Spagna che in Portogallo.
Avete pensato anche voi di fare come loro?
No, perché loro stanno studiando il modello italiano, sinceramente non so se sia giusto o no.
Il calcio moderno è razionale, ragionato, o pura follia?
Se devo rispondere a questi tre aggettivi che lei ha usato devo rispondere che è pura follia. Perché credo che di razionale ci sia poco.
Il calcio è estremamente malato proprio perché poco razionale.
Infatti esso è come un’azienda, siamo noi dirigenti che ci comportiamo l’esatto contrario.
In un’azienda se ci comportassimo come facciamo nel calcio i direttori generali sarebbero licenziati dopo 8 giorni, perché vengono commessi tanti e tali errori, che in un’azienda normale la proprietà non potrebbe accettare.
Esistono delle società che si comportano come vere aziende?
Sono delle mosche bianche: il Verona credo sia gestito razionalmente.
Il presidente accetta gli strali dei tifosi più accaniti, però alla fine questo modo di gestire paga, evidentemente vuole dire che i messaggi che la proprietà lancia sono corretti.
Non ho mai promesso la luna, se questa non posso mantenerla.
Questo sono in grado di fare, e questo è l’obiettivo che mi pongo, e fintanto che riesco a mantenere gli obiettivi, la gente apprezza.
D’altronde l’attuale presidente non è né Moratti, né Berlusconi, quindi debbo accontentarmi di fare quello di cui sono in grado di fare, tento di farlo nel migliore dei modi.
Pastorello rimane, mentre i giocatori ed i dirigenti passano.
Sarebbe disposto a lasciare?
Se domani mattina ci fosse un’entità più forte economicamente che volesse rilevare, perché a Verona vogliono porsi traguardi diversi, sarei disposto anche a mettermi da parte, lasciando fare agli altri.
Lei permetterebbe ai suoi giocatori di andare in televisione a fare “i giullari”, come si è visto fare a Vieri durante il derby perso sonoramente. Non è mancanza di riguardo verso i compagni e la società?
Non lo ho visto, indubbiamente esigo che i nostri giocatori vengano a soffrire con noi anche quando sono squalificati, anche perché questo vuole dire partecipazione nel bene e nel male e nei problemi della squadra.
Sicuramente non condivido questo tipo di comportamento, soprattutto in occasione di un derby.
La manica larga di Massimo Moratti paga o non paga?
In base agli investimenti fatti dal presidente dell’Inter avrebbe dovuto raccogliere molto di più.
Può darsi che qualcuno abbia anche approfittato del buonismo del presidente.
Chi?
Io dico qualcuno, evidentemente una buona parte dei tesserati dell’Inter, non c’è dubbio.
Aveva un sogno da bambino?
Di sogni ne abbiamo avuti tutti, credo però che nella vita riuscire a fare il lavoro che più ti aggrada sia la cosa più gratificante del mondo. Io facevo l’imprenditore.
Certo che il mondo del calcio è affascinante per tutti. Essere oggi, da trent’anni dirigente di una squadra di calcio, mi ha appagato di qualsiasi tipo di sogno che potevo avere da ragazzo.
Cosa e come cambierebbe il calcio
Il Campionato Italiano era bello com’era nel passato.
Adesso con tutti queste esigenze televisive lo stiamo un po’ snaturando. E mi sembra si stia snaturando anche quella che era la vecchia Coppa dei Campioni. Nel senso che una volta c’era l’eliminazione diretta, e sicuramente questa aveva un fascino maggiore.
Oggi il fascino non c’è più, causa i gironi di Champions League. E questo lo si deve principalmente al business che si è creato attorno al calcio.
Quando addirittura vediamo che i grandi club stanno pensando di avere una card, cioè una carta di credito, dove se non riesci ad essere protagonista nel tuo campionato, ti ripescano lo stesso per quello che hai fatto nel passato. Cosa vuol dire? Semplicemente che i soldi sono più importanti dello spettacolo fine a sé stesso, e questo significa snaturare quella che era la bellezza di questo gioco.
Perché la federazione non riesce ad eleggere un presidente
Abbiamo perso la misura. I soldi non bastano più. Evintemene chi produce i soldi per la sopravivenza del calcio indubbiamente di Lega di A e B, anzi di serie A.
Noi sappiamo che negli ultimi anni chi ha mantenuto lo sport italiano è stata la schedina del totocalcio.
Oggi c’è stata una caduta libera delle giocate, i proventi non sono più sufficienti, il CONI non ha più risorse per distribuire agli altri.
Il decreto Melandri, dove sono entrate a fare parte dell’organismo federale anche i calciatori ed i tecnici, che vorrebbero venire a comandare, anche essendo gli ultimi arrivati, concorre allo stravolgimento.
Non possono essere contemporaneamente del Consiglio Federale e controparte sindacale.
Purtroppo è stato approvato uno statuto che una volta poteva andare bene ma che oggi, visto che gli equilibri all’interno del consiglio federale sono radicalmente modificati, crea conflittualità, ed ecco il perché non riusciamo a trovare un presidente federale.
E’ ipotizzabile, un domani, una scissione della Lega
Non è pensabile, perché la FIFA riconosce una sola federazione per nazione.
Quindi è impensabile pensare che possiamo fare quello che vogliamo: come la Lega dicesse andiamo per conto nostro poiché non esiste una federazione.
Questo significherebbe anarchia, e sarebbe peggio ancora.
Credo necessiti mettersi attorno ad un tavolo con grande serenità, valutando tutti i problemi che ci sono, e cercare dei correttivi per tutti.
Oggi mancano i danari: perché al di là dei giocatori di serie A, legati magari ai grandi club, che prendono degli ingaggi stratosferici, noi troviamo dei giocatori dilettanti, che lo sono per modo di dire, perché percepiscono anche loro dei denari tali da mettere in difficoltà le società.
A livello di serie C ci sono calciatori capaci di guadagnare anche 500 milioni d’ingaggio, quando ben sappiamo che la Federazione da un contributo ad una singola società di C 500 milioni.
Quindi sono destinati alla bancarotta.
Cioè?
Gli ultimi dati che abbiamo avuto, e faccio riferimento alla categoria più vicina alla serie A, che è la B, che produce 320 miliardi di ricavi, contro 720 di spese, ma sia chiaro che dei 320 le voci per comporre questo numero sono due: una sono i ricavi reali e sono 120 miliardi; gli altri 200 sono i contributi che la serie A da alla B.
Quindi la realtà vera è che ci sono 120 miliardi di ricavi e 720 di spese.
Cosa vuol dire: è morte sicura. Così non si può andare avanti.
Quale potrebbe essere la soluzione?
Stiamo studiando: una potrebbe essere quella del tetto dei salari, la riduzione dei compensi, la meritocrazia nel pagamento degli emolumenti stessi.
Basta premi collettivi, nel senso: 100 lire è l’ingaggio di un giocatore: te ne do 50 garantiti, e 50 li devi guadagnare con il rendimento, la presenza in campo, il raggiungimento degli obiettivi; cioè è necessario e vitale trovare delle modalità per fare risparmiare soldi alle società, perché oggi così com’è il calcio è destinato a morire.
Un po’ come ha fatto la Juventus
Sì, adesso anche il Milan lo sta facendo.
Credo sia il criterio che ogni società deve seguire, pena il portare il libri in tribunale: lo ha già fatto la Fiorentina.
Se andiamo avanti così, e non ci diamo una regolata, noi come club ci troveremo tutti in tribunale.
Inter, Roma e Lazio, che spendono e spandono?
Il discorso vale per tutti.
Moratti è in grado di farlo di tasca sua: ha ricapitalizzato infatti tra luglio (2000) e l’approvazione del bilancio al 30 di ottobre con danaro proprio per 250 miliardi.
Noi che facciamo parte dello stesso campionato ci diventa difficile essere competitivi con loro.
E’ un calcio “malato terminale”.
O ci diamo una regolata, o il calcio com’è ora è destinato sicuramente al fallimento.
E la televisione che ruolo gioca?
La televisione è una parte purtroppo importante, perché è entrata distribuendo grandi somme, anche se le ha distribuite principalmente ai grandi club.
La parte maggiore degli introiti è stata suddivisa esclusivamente tra i club importanti, ai piccoli non sono rimaste che le bricciole. Ed è questo il grosso problema che il calcio oggi.
I cinque contratti in pay-per-view sono pari al 61% sono suddivisi per 5 club, gli altri 13 si spartiscono il rimanente 39%. Quindi c’è una disparità netta.
Per fare un esempio la Juve prende 115 miliardi, mentre il Piacenza ne prende 13, quindi quasi dieci volte tanto. Ed è allora evidente che noi abbiamo sempre meno risorse per poter far fronte al campionato e quindi ai grandi club.
Una volta i piccoli club potevano rivolgersi ai grandi per attingere quei giocatori magari relegati in panchina, ora con gli emolumenti che prendono nel grande club sono spese insopportabili da noi piccoli.
Se si vuole gestire la società come un’azienda è un discorso, se invece poi il presidente si diletta a tirar fuori 5/10/20 miliardi l’anno, allora questo diventa un altro discorso.
Affinché le società siano sane ed abbiano una gestione razionale dobbiamo darci tutti una regolata e, quindi, una diminuzione sostanziale degli emolumenti.
Non so però se questo sarà possibile.
Anche se in Europa ci sono 6 club che spendono soldi: 2 sono in Spagna, Real e Barcellona, e quattro sono in Italia.
Le otto “Grandi sorelle” del calcio italiano sono già diventate 4, auguriamoci che restino 4.
Perché potrebbe esserci anche qualche colpo di scena, dal momento che la situazione di qualche società è piuttosto pesante.
Ci saranno altre Fiorentine?
Mi auguro di non ma lo scenario attuale è tutto fuorché uno scenario tranquillo.
Quindi è uno scenario di grande preoccupazione.
Questo è stato ribadito in più di un’occasione sia in Consiglio di Lega, sia nelle Assemblee della Lega stessa.
Siamo in una situazione drammatica, perché mi creda il disavanzo delle società è passato da 410 miliardi a 1400 miliardi.
Quindi questo deve fare riflettere, di più. O ci diamo una regolata od il calcio è destinato a saltare.
Riuscirete nel salvataggio?
Dobbiamo riuscirci, pena la morte del gioco del calcio.
L’anno scorso avevamo il caso Ravenna. Però essendo una squadra della serie B, con l’aiuto della Lega, abbiamo portato a termine la regolarità del campionato, dando una aiuto alla società.
Quest’anno c’è la Fiorentina, ma se in luogo di una sola fossero 3 o 4/5 società, cosa succederebbe? Lascio a voi la risposta.
Quanto incide la “politica reale” nel calcio?
Questo non lo so, anche se ultimamente qualcuno ha puntato alla presidenza federale.
Il calcio è un fatto sociale che coinvolge milioni di persone, quindi la politica vuole metterci il naso. Nel passato, per esempio, per acquisire la Roma c’era sempre la lunga mano di Andreotti, che metteva la persona giusta.
Per me è bene tenere separate le due cose, anche se credo sia ormai impossibile.
Il Chievo deve la sua popolarità ad un fatto di comunicazione?
Credo di sì. Più che di comunicazione di risultati, perché, a mio avviso, il Chievo non era abituato a comunicare. Ne sono stati costretti essendo primi in classifica.
Ho visto i tifosi della Juventus a Torino applaudire il pullman del Chievo
Questo si è verificato anche con il Parma , nei primi anni in serie A.
Il fenomeno Chievo fa bene al calcio, perché lo ha umanizzato?
Questo sì, che poi possa piacere a tutti forse no. E, le spiego perché.
Se il Chievo dovesse rimanere primo in classifica sino alla fine del campionato, e le grandi squadre dovessero essere a 3/4 punti, i grandi quotidiani non ne sarebbero soddisfatti, perché diminuirebbe la vendita dei giornali, sembrerebbe un paradosso.
Le testate giornalistiche sono sempre a caccia di colpi sensazionali che diano loro la possibilità del titolo a nove colonne. Se manca questo presupposto c’è flessione nelle vendite.
Il Chievo è una gran bella realtà, però limitata nel tempo.
Benissimo la favola del Chievo, ma è importante che ritorni al più presto nel suo alveo originale: la normalità.
Dico questo non perché io sia dall’altra parte gialloblù, bensì perché ricordo che le stesse cose sono capitate con il Parma, una realtà che era sicuramente superiore a quella del Chievo.
“Se il Parma dovesse vincere lo scudetto sarebbe un grosso problema per noi”: questo dicevano i giornalisti, perché vendiamo la metà delle copie, se invece dovessero vincere la Juve, il Milan, o……sarebbe altra platea.
Quindi, bella realtà sin che resta così, poi …..
Cosa raccomanderebbe alle società che gestiscono il calcio giovanile?
Quando prima dicevo che bisogna rivedere il mondo del calcio, ecco questa è una delle cose fondamentali.
Infatti quando vedo che una società di C spende 500 milioni per un giocatore, non sono consenziente, nel senso che è un tipo di politica che porta il calcio allo sfascio.
Credo sia molto più corretto, da parte della Federazione il dare sovvenzioni importanti e significative alle squadre minori, se le stesse però hanno una funzione.
La funzione che cos’è: non è quella di prendere ex giocatori di A e di B a giocare il serie C, che costano e basta.
Ma la funzione è quella di dire prendo il giovane di 18 anni, di 19 o di 20, ho l’obbligo di farlo giocare, lo faccio giocare e la mia funzione è quella di poter poi offrire questi giocatori, che si sono formati nella mia categoria, nelle categorie superiori.
Allora ritengo che la Federazione debba sovvenzionare in modo, come dicevo prima, significativo tutte quelle società che fanno questo tipo di programmazione, quindi di lavoro perché questi possano diventare calciatori per le serie superiori.
Ma se servono solo quale cimitero degli elefanti, solo perché le società di serie C devono continuare a mantenere questi giocatori che non hanno futuro, non ha futuro neanche il calcio.
Nel basket questo già avviene
In serie C, il presidente della lega Maccalli aveva messo l’obbligatorietà di due U/21 sempre in campo. Vuole sapere com’è finita? L’hanno tolta, perché il sindacato ha detto libertà per le società.
Perché allora, ci si chiede, dobbiamo dare un contributo se questo tipo di servizio non viene più fatto?
Perché la serie A deve dare un contributo alla C, se questa paga solo elementi di 30 anni.
Faccio un esempio “invece di dare 100 lire, danne 1000, ma che queste servano per trovare nuovi elementi”, allora sì avrebbe un senso.
Ci sono squadre in C, la cui età media è di 30 anni, ecco queste dovrebbero essere sovvenzionate solo dalla proprietà della società, mentre, al contrario, chi attua una politica giovanile deve essere premiato con i contributi federali.
In questo caso c’è una funzione, altrimenti non servono a niente.
Altri Paesi cosa fanno?
In Spagna tutti i club hanno una seconda squadra che partecipa ad un campionato come di serie B e, anche chi vince questo speciale campionato, non viene promossa, lo vince e basta.
Cosa vuol dire facciamo noi un campionato di serie C, ma con i ragazzi della Primavera, allora avrebbe un senso, perché espleterebbe una funzione.
Pastorello è ferratissimo, Pastorello potrebbe essere un buon presidente di lega?
Non ci penso proprio!
Non ho alcuna ambizione per cariche politiche.
Ho fatto parte di alcune commissioni, conosco i problemi ed i meccanismi sicuramente molto meglio di molti miei colleghi, questo sì: ma finisce lì.
Ma ci vogliono persone che hanno le idee chiare e moderne per una rivoluzione copernichiana
Preferisco dedicare il mio tempo al mio club, quindi all’Hellas.
Non voglio disperdere tempo ed energie, anche se mi rendo conto che sarebbe importante.
Potrei farlo il giorno che dovessi lasciare la società.
Fortuna per il Verona, sfortuna per la Lega.
Nel 2003 il Verona festeggerà i suoi cento anni di vita, c’è da augurarsi che assieme a tutta la città vi sia ancora il “Montecchio” Giambattista Pastorello, sposo di questa “Capuleti” non di nome Giulietta bensì Hellas Verona, tanto amata, e mai odiata in ogni parte del mondo.