-di Carlo Baldari-
Questa giornata ha rappresentato un momento fondamentale di divulgazione scientifica e il dibattito sul tema dei “transgender nello sport” utile a costruire un linguaggio comune e ad avviare una riflessione condivisa, necessaria a declinare un nuovo concetto di inclusione nel rispetto delle differenze e del diritto allo sport per tutti. Ciò al fine di scongiurare le discriminazioni legate all’orientamento sessuale e ai pregiudizi razziali e poter contribuire ad una equa regolarizzazione delle competizioni. Questo significa costruire un fondamento scientifico che nella consapevolezza e certezza delle differenze genetiche, endocrine, anatomiche, fisiologiche, ormonali sappia “definire quali sono le caratteristiche di questo fenomeno”, tracciare una sintesi e, dunque, una proposta capace di combattere le discriminazioni legate all’orientamento sessuale e di genere nello sport e, nel rispetto della persona, costruire/incidere su fattori importanti per la qualità di vita e il benessere degli atleti/atlete transgender scongiurando azioni di transfobia e/o omofobia da parte di coloro che si occupano dell’allenamento e della preparazione fisica delle atlete e degli atleti. Allo stesso tempo dobbiamo però adoperarci affinché l’eguaglianza dei diritti e la lealtà della competizione sia realmente e onestamente garantita per tutti; per dirla con le parole del compianto Prof. Arsenio Veicsteinas: L’etica dello sport è che si gareggi ad armi pari. Sappiamo che lo sport è potenzialmente uno strumento capace trasmettere valori e tra questi quello del rispetto delle differenze ma anche del diritto a partecipare a competizioni eque per tutti i partecipanti. L’attuazione di tale potenziale è la sfida, etica e scientifica, che abbiamo deciso di raccogliere e che ci spingerà ad affrontare una tematica così delicata che chiede innanzitutto di spogliarci dei pregiudizi culturali e poi, scevri di qualsiasi stereotipo, impegnarci nel contribuire alla costruzione di una concreta ipotesi di superamento dell’impasse in cui si trovano le istituzioni sportive rispetto a questo tema. Raccogliendo i preziosissimi contributi di questa giornata e la sollecitazione della Prof.ssa Marisa Arpesella, Presidente Panathlon Club Pavia, di trovare soluzioni che siano le più oggettive possibili, vorrei concludere i lavori rilanciando alcune importanti sollecitazioni per aprire la via a nuovi appuntamenti. Alla luce delle conclusioni tratte della Prof.ssa Silvia Migliaccio al termine della sua esaustiva comunicazione in cui evidenzia che “le differenze di genere sono fondamentali per determinare l’ottimizzazione della preparazione atletica degli atleti ma anche per considerare le differenze nelle prestazioni ottenute da atleti di genere maschile e femminile”, vorrei riproporvi la domanda che il Dott. Matteo Mangiagalli, Psicologo Associazione Omega, si è posto e ci ha posto: come è possibile superare la barriera del “vantaggio competitivo sleale”? È sufficiente sfruttare il potenziale aggregante dello sport declinando un nuovo concetto di inclusione? Se così fosse mi domando quali strumenti/azioni/interventi mettere in atto per l’inclusione dell’atleta transgender nelle competizioni sportive. Qual è il ragionevole punto di equilibrio che permette di raggiungere l’obiettivo del rispetto delle differenze posto dal Prof. Roberto Russo? Potrebbe essere sufficiente, come sostiene il presidente del Panathlon Club di Napoli, Francesco Schillirò, una valutazione dell’idoneità sportiva individuale che non sia limitata al solo livello di testosterone? Potrebbe essere possibile accogliere tra le possibili soluzioni quella che ha proposto il Dott. Michele Priolo, Presidente Panathlon Club Tigullio-Chiavari, vale a dire, assegnare nelle gare due stesse medaglie, associando i partecipanti sul medesimo podio? Infine il Dott. Marco Arlati Consigliere Nazionale con delega allo Sport Arci Gay ha posto l’attenzione sul fenomeno crescente del drop out sportivo tra le persone transgender vista l’impossibilità di partecipare alle competizioni, proponendo di riflettere sull’introduzione da parte della UISP del tesserino alias, come possibile soluzione, oltre a suggerire un cambiamento nei regolamenti sulla base della differenza di forza fisica e/o resistenza richiesti dalle discipline sportive, all’attuazione di piani formativi specifici e all’applicazione di sanzioni disciplinari per coloro che agiscono con azioni transfobiche/omofobiche. Considerando la ricchezza di queste prime riflessioni sarebbe importante avviare una seconda fase di confronto etico-scientifico per poter affrontare insieme la complessità di questa tematica che riguarda lo sport, ma innanzitutto le nostre coscienze, come ha evidenziato la giornalista Dott.ssa Giulia Stronati, mantenendo l’approccio transdisciplinare che ha caratterizzato questa giornata, non dimenticando che nella diversità di saperi e nel reciproco riconoscimento del valore delle competenze di ognuno è possibile costruire risposte non solo oggettive ma soprattutto condivise, coraggiose ed eque per tutti.