di Lorenzo Fabiano Della Valdonega
«Faccio questo sport perché mi piace sciare, non lo sento un lavoro. Bode Miller era il mio idolo anche per come viveva lo sci. Detto questo, il mio obiettivo è entrare quanto prima nel gruppo dei migliori. Non sono uno che si accontenta, ma voglio vincere. Lo sport è competizione».
Questo ci aveva detto Alex Vinatzer quando lo intervistammo lo scorso mese di agosto nella sua Selva di Valgardena. Fresco del titolo mondiale junior conquistato sul muro della Aloch a Pozza di Fassa, per il ventenne talento gardenese questa si presentava come la stagione della sua ascesa. E a quanto pare, lo è. Dodicesimo a Levi, Alex ha conquistato il suo primo podio in coppa del mondo sulla montagnetta di Zagabria, slalom non difficilissimo ma lungo, duro come il marmo, e disseminato d’insidie, dove Manfred Mölgg tre anni fa colse quella che rimane l’ultima vittoria azzurra tra i pali stretti. Una rimonta che dall’ottavo posto della prima manche, lo ha fatto risalire fin sul terzo gradino del podio nella seconda.
Che questo sia un ragazzo con mezzi tecnici e fisici e importanti, lo si sapeva, come del resto si conosceva la solidità del suo temperamento. È uno che ha i piedi per terra, sa ciò che vuole, e non teme i sacrifici per andarselo a prendere. La sua crescita è una manna per il nostro sci. Non è un caso che coincida con il ritorno in squadra di un tecnico di altissimo livello come Jacques Theolier. Dopo il podio di Stefano Gross a Val d’Isere, eccone allora un altro. Non lo assaporavamo da marzo 2017 (Gross secondo nello slalom di Kranjska Gora), segno che il lavoro di qualità paga.
AZZURRO VIVO
A Zagabria ha vinto Noel Clement, il nuovo astro della specialità che due anni fa fu a sua volta campione mondiale junior a Davos proprio davanti a Vinatzer. Come dire, ecco a voi la Next Gen dello sci. Zagabria è stato per noi italiani il miglior ricostituente per caricare le pile in vista dell’appuntamento sulla 3Tre nel tempio casalingo del Canalone Miramonti a Madonna di Campiglio: oltre a Vinatzer, il monumentale Manfred Mölgg ha chiuso ottavo, e Simon Maurberger, decimo (miglior risultato della carriera); tre italiani nei primi dieci in slalom non li vedevamo da un’eternità. Alleluja.
PINTURAULT E KRISTOFFERSEN STECCANO
Per quanto concerne la coppa del mondo, se Pinturault ha steccato, Kristoffersen è naufragato. I grandi favoriti per la grande sfera di cristallo rimangono loro, ma se i due, invece di sfruttare le occasioni a loro favore, inciampano, il numero di giocatori al tavolo si allarga. Kilde ringrazia e mantiene il comando; lo stesso fa Paris che in attesa delle grandi classiche della velocità conserva il secondo posto. Ora, Pinturault e Kristoffersen non possono più permettersi passi falsi: a Campiglio e Adelboden devono far punti pesanti, per non confermare la vulgata che tra due litiganti sia poi un terzo a far festa. Dovesse succedere, sarebbero da spedire entrambi in castigo nel cerchio degli scialacquatori.
LA TIGRE VLHOVA
Zagabria ha consacrato la classe e la forza dirompente di Petra Vlhova, una tigre che ogni tanto un graffio a Mikaela Shiffrin lo dà. La stella americana ha già la quarta coppa del mondo nello zaino degli scarponi; bene, spunti qualcuno che almeno ogni tanto qualche prurito glielo provochi. A guadagnarne è lo spettacolo. Le egemonie son sempre noiose, con tutto il rispetto che si deve a una fuoriclasse ovviamente. Applausi alla ventunenne di Folgaria, Martina Peterlini, quattordicesima, capace di risalire quindici posizioni grazie al quinto tempo realizzato nella seconda manche. Bravissima.