Il 103° giro d’Italia si presenta duro ma non durissimo. Descrizione della gara e delle tappe.
di Lorenzo Fabiano
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103° giro d’Italia: duro ma non durissimo. Su il sipario sulla 103 ma edizione del Giro d’Italia svelata a Milano dove il la corsa rosa tornerà a concludersi dopo due anni. Partenza da Budapest, per il quattordicesimo semaforo verde dall’estero: tre cronometro, sei tappe per velocisti, cinque in alta quota, e altre sette piene d’insidie su percorsi vallonati adatti ad azioni di brigantaggio. Corsa senza padroni, che al solito si preannuncia accesa, aperta e nervosa. Tre tappe nelle pianure magiare, quindi il volo in Sicilia dove la corsa s’infiammerà sull’Etna, prima vera salita del Giro. Anche la successiva frazione in Calabria con l’ascesa a Camigliatello Silano, non è certo da prendere con le molle. Come da copione, alla fine della prima settimana non sapremo chi arriverà in rosa sotto il Duomo di Milano, ma quasi certamente chi non ci arriverà. E questo è già abbastanza.
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La seconda settimana è invece quella degli indizi: la tappa di Cesenatico, a casa di Marco Pantani, ricalca il percorso della Nove Colli su strappi spaccagambe; la cronometro del Prosecco a Conegliano farà saltare più di un tappo; infine, l’arrivo in salita a Piancavallo (che sarà anche la Montagna Pantani) dopo aver scalato Sella Chianzutan, Forcella di Monte Rest e Forcella di Pala Barzan, delineerà una quadro più chiaro. La partita si deciderà come di consueto nella terza settimana, quella delle grandi salite: si comincia con l’arrivo a San Daniele del Friuli, con l’inedita scalata Monte Ragogna da sciroppar tre volte. La Bassano del Grappa– Madonna di Campiglio, il tappone dolomitico, presenta oltre 5.000 metri di dislivello con Forcella Valbona, Monte Bondone e Passo Durone prima del traguardo. La diciottesima tappa da Pinzolo ai Laghi di Cancano nel Parco Nazionale dello Stelvio lascerà il segno: Campo Carlo Magno, quindi Passo Castrin e il Passo dello Stelvio (Cima Coppi) dal versante di Prato allo Stelvio: quindi la salita finale ai Laghi di Cancano. Sarà tuttavia quasi certamente la ventesima tappa a scrivere i destini di questo Giro d’Italia; da Alba a Sestriere: Colle dell’Agnello, Col d’Izoard. Monginevro e arrivo a Sestriere dal versante di Cesana Torinese: roba da vertigini solo a vedere la planimetria. Il 103° giro d’Italia è duro ma non durissimo.
Parte finale
Gran finale, con la cronometro individuale da Cernusco sul Naviglio, a Milano in Piazza Duomo sotto la Madonnina. Crono piatta di 16,5 km. Questa la corsa sulla cartina; quella vera la fanno però i corridori. Con la presenza di Peter Sagan, che ha confermato il suo battesimo alla corsa rosa, lo spettacolo è garantito; troverà sulla strada Elia Viviani e gli altri velocisti a dargli battaglia; poco ancora si sa invece sugli uomini di classifica; Richard Carapaz ha già annunciato che difenderà la maglia rosa conquistata all’Arena di Verona. Attendiamo notizie dai vari Roglic, Dumoulin, Lopez, e Landa. Bernal è invece un sogno difficilmente realizzabile: il Tour rimane infatti in cima alla lista della spesa della corazzata Ineos. Froome, dopo quello che gli è capitato, ha al momento ben altri pensieri per la testa. La sua vera maglia, gialla o rosa che sia, è tornare a correre. Con il via della prossima stagione e la definizione dei programmi ne sapremo certamente di più. Per il bene della corsa, l’augurio che facciamo a Mario Vegni è poter avere al via di Budapest un lotto di contendenti di spessore. E gli italiani? Corrono tempi grami; se ci difendiamo nelle corse di un giorno, soffriamo maledettamente a tappe. In un giardino che poco fiorisce, spuntano ancora i petali di Vincenzo Nibali; in attesa di capire cosa sarà di Fabio Aru, non ci rimane che sperare nella crescita di Davidino Formolo e Giulio Ciccone. Altro all’orizzonte, non si vede. Tant’è.