Un lunedì diverso al Bar dello Sport
-di Lorenzo Fabiano Della Valdonega –
C’è qualcosa di strano in questo lunedì mattina al banco del bar all’ora del caffè. La Lazio ha spennato l’Inter, le prime tre stanno racchiuse in tre punti, e una corsa allo scudetto così aperta e avvincente, non la si vedeva dalla notte dei tempi. Eppure, per una volta non si parla di calcio, ma di biathlon. Di biathlon…??? Sì, di biathlon. Incredibile, ma vero. «La Wierer è stata fantastica, che gara!» sentenzia il barista davanti al suo capannello di fedelissimi pensionati intenti nelle sacre letture delle pagine sportive del lunedì. Il signor Mario poi, a sentirlo parlare, dev’è essere proprio uno che se ne intende. Piacevole scoperta, perchè in tanti anni mai l’avevamo sentito farne solo un breve accenno. E così per una volta siamo testimoni diretti di qualcosa che solo fino a qualche ora fa mai avremmo nemmeno lontanamente immaginato.
Il biathlon ha tradizionalmente due patrie: Norvegia dove i nascituri alloggiano nei grembi materni con sci ai piedini e carabina sulle spallucce, e Germania dove è lo sport più seguito in assoluto con numeri di ascolti persino superiori al calcio; a queste due, vanno aggiunti i paesi dell’ex blocco comunista (il biathlon ha genesi militare) e in tempi più recenti la Francia, che si è giovata delle imprese di Martin Fourcade, fenomeno nella storia di questo sport secondo solo alla leggenda di Ole Einar Bjorndalen, il più vincente di sempre, una sorta di Eddy Merckx della casa biathletica. Da noi è limitato a una nicchia, che ha nella valle di Anterselva la sua culla. Un luogo immacolato e fiabesco che si nutre e si alimenta di sci e fucile, e ancora ringrazia e omaggia la lungimiranza e la tenacia di un uomo come Paul Zingerle, un pioniere di ampie visioni che fece grande questa piccola vallata. La Südtirol Arena è da anni un grande classica del circuito, e lo stadio più bello al mondo in uno scenario da favola.
Biathlon : il sesto Mondiale
Questo è il sesto mondiale che ospita, ed è ormai un’assodato modello di organizzazione ed efficienza, tanto che tra sei anni avrà pure la ciliegina dell’olimpiade. L’oro conquistato da Dorothea Wierer nell’inseguimento di domenica, è la ventinovesima medaglia mondiale che l’Italia porta a casa dal 1979 ad oggi. Non male per una nicchia. I cinque metalli dello scorso anno sulle nevi svedesi di Östersund, sono il bottino più ricco mai raccolto; l’appuntamento iridato di casa lo abbiamo battezzato con un argento in staffetta mista e l’oro della regina Dorothea nell’inseguimento. Non sappiamo dove potremo arrivare, ma di sicuro siamo sulla buona strada. Intanto due tabù, li abbiamo sfatati: nei sei precedenti campionati del mondo in Italia, eravamo sempre rimasti all’asciutto di medaglie; Dorothea Wierer è inoltre la prima donna a vincere un titolo mondiale sulle nevi dove è nata e cresciuta: alla faccia di Nemo, colui che mai fu profeta in patria. Gli italiani scoprono e s’infiammano per uno sport la cui bellezza sta nella sua complessa eccentricità del binomio sci-carabina e nell’assoluta incertezza di un risultato sempre in discussione fino all’ultima cartuccia.
I media tambureggiano, Dorothea Wierer è ormai un’icona del nostro sport, e il lunedì mattina nei bar e negli uffici il biathlon si prende la sua bella fetta di torta. Taluni esibiscono conoscenze e affezioni che ci rimandano alle notti insonni di Luna Rossa nella baia di Auckland: erano tempi in cui gli italiani si scoprirono d’incanto provetti nocchieri; persino quelli che al massimo governavano, e a fatica, un pedalò sulle acque della riviera romagnola davano sfoggio di un lessico da vecchi lupi di mare. Fantastico. Proprio vero che in quanto a immaginazione e capacità emotiva non ci batte nessuno. Ora con il biathlon stiamo assistendo allo stesso spettacolo. Ben venga, ne siamo felici. «Vedere sempre appassionati italiani sulle tribune, ci rende felici – ha detto il presidente della Fisi Flavio Roda -. Il merito è di questi ragazzi che da anni stanno ottenendo grandi risultati. Questo è un ottimo biglietto da visita in vista delle olimpiadi».
I Campionati di Anterselva
Ad Anterselva è in arrivo persino il nostro primo ministro. «Vedere che sempre più italiani sono attratti dal biathlon, è la vittoria più bella» ha commentato Dominik Windisch, l’ultimo frazionista della nostra staffetta d’argento. Il mondiale entra ora nella sua fase più calda, tante ancora le medaglie da assegnare che potrebbero riservarci altre soddisfazioni. Non chiediamo nulla, quel che verrà, sarà: ci basta vedere l’attempato signor Mario infiammare al bar il Processo del Lunedì spostando il tiro dal calcio al biathlon, sport del quale fino all’altro giorno scambiava sci e fucile per una battuta di caccia all’orso. L’avreste mai detto…? Dice bene Windisch: è proprio questa la medaglia più bella. Cose del genere non hanno prezzo e succedono solo da noi. Unici e inimitabili, come sempre.