di Massimo Rosa
A poche ore dall’edizione 2020 della Marcialonga sveliamo il suo segreto.
“Sei il più bello del mondo, sei il più bello del mondo”, mi urlava rincorrendomi una bimbetta mentre stavo uscendo da Canazei. Era il 1982, ed io mi stavo cimentando nella mia prima delle cinque Marcialonga a cui ho partecipato. L’emozione che precedeva la gara, lo sparo del cannone che dava il via alla cavalcata- avventura di 70 chilometri, le migliaia di concorrenti, io ed i miei amici Franco, Luciano ed Agostino che facevamo parte dei bisonti, le difficoltà tecnico-fisiche di una gara di endurance, il numeroso pubblico che t’incitava da Moena a Predazzo, il senso di solitudine che ti poteva colpire da Predazzo a Cavallese nelle lande solitarie, ed allora sarebbero stati guai, l’ultimo chilometro dove ti tornavano le ali agli sci, il rettilineo finale, che a qualsiasi ora tu arrivassi il pubblico era numeroso e ritmava il tuo nome, come fossi il vincitore. E finalmente il traguardo dell’arrivo, con le conseguenti lacrime di gioia, almeno per me. Ebbene tutto questo ha creato il mito, la favola della Marcialonga. La più bella esperienza dello sci di fondo.
Nei giorni in cui questa estate mi trovavo in vacanza a Moena ho conosciuto una straordinaria persona, una persona che ha stretto la mano a tre papi, a due presidenti della repubblica e financo ad un re, oltre ad un numero imprecisato di personaggi famosi: il Generale Mamante D’Incal, primo ufficiale con quel grado a comandare la Scuola Alpina della Polizia di Stato di Moena, quella di Chicco Pellegrini, lo sprinter fondista che ci regala successi su successi di livello mondiale.
Il Generale D’Incal è un vivace signore di novantuno anni, sì avete letto bene, a cui non manca di certo la loquacità. Infatti anticipa la mia curiosità circa il suo nome precorrendo la mia domanda. “Il mio inusuale nome nasce dalla leggenda della fontana del Santuario omonimo secondo cui il pastorello Mamante riuscì a nutrire un neonato abbandonato con il latte sgorgato dal proprio seno che aveva prima bagnato con l’acqua di una fonte vicina, divenuta da allora meta delle donne in fase di allattamento, tradizione che ancor oggi continua”.
Poiché da subito mi ha chiesto di dargli del “Tu”, ne approfitto per non utilizzare più né grado né cognome, chiamandolo semplicemente con il suo originale nome.
Mamante ha un curriculum sportivo davvero lungo. Mamante è un amante della montagna, è nato a Belluno, da madre maestra e padre falegname. A otto anni, Figlio della Lupa (1936), partecipa alla sua prima gara di sci. Evidentemente quella prima esperienza fa di lui un atleta, ma anche il fatto di dovere percorrere sedici chilometri al giorno a piedi per andare a scuola ha la sua importanza formativa.
Chiamato a fare la naja entra da subito nel corpo degli Alpini, dove inizia la propria carriera militare, che va di pari passo con quella sportiva. Evidentemente il ragazzo è dotato e si distingue per le proprie capacità, entrando così da subito nel settore agonistico del corpo. Nel corso della sua carriera sportiva è talmente portato che prende tre brevetti: Sci, Roccia ed Educazione Fisica.
Il suo curriculum evidenzia, tra le tante gare, la sua partecipazione con la squadra nazionale militare di fondo a sette campionati del mondo: in Svezia, in Finlandia ed in Norvegia. Sono tali le sue capacità e tanta la conoscenza degli uomini che la Fisi lo nomina consigliere tecnico. Partecipa così a tre Olimpiadi e tre Coppe del mondo.
Nel corso della sua carriera garantirà la sicurezza a Charles De Gaule e Saragat, incontratisi al traforo del Monte Bianco. Come la garantirà a re Hussein di Giordania durante i Giochi Olimpici di Cortina del1956.
Ad oggi è l’unico Generale ad avere comandato la Scuola Alpina di Polizia di Moena. Nei quattordici anni di attività conosce tre papi: Paolo VI, Luciani e Wojtyla. Ma conoscerà anche presidenti della repubblica: Cossiga e Scalfaro.
Pur essendo un grande fondista paradossalmente non ha mai partecipato alla Marcialonga, eppure di questa splendida gara ha un posto nella storia, addirittura un primo posto!
Furono quattro amici di ritorno dalla Vasalopet ad aver l’idea di dare vita alla versione italiana, era il 1970. Un anno dopo prendeva il via la prima edizione. Teatro della Marcialonga le valli di Fiemme e Fassa. Come detto il Generale Mamante D’Incal pur essendo un numero uno viene letteralmente dimenticato negli annuari storici: ci sono tutti tranne lui!
Ed è per questo motivo che gli ho dedicato questo articolo.
Cosa e perché Mamante c’entra nella storia della Marcialonga? Eccolo svelato.
Il comandante d’allora, il colonnello Cappello, lo delega in rappresentanza della Scuola a fare parte del primo comitato organizzatore. Il ruolo subito assegnatogli fu quello, non facile ed importante, di individuare il percorso di 70 chilometri. Così Pedibus Calcantibus comincia a macinare chilometri su chilometri, tra non poche difficoltà.
Ma alla fine tra Sali e scendi si partirà dalla piana di Moena e si arriverà a Cavalese, dopo avere attraversato tutti i comuni delle due valli ed avere percorso sugli sci i 70 chilometri. E qui sta il colpo di scena. Perché i chilometri non erano 70 bensì 60.
Così il Generale Mamante D’Incal, uomo tutto d’un pezzo, si toglie questo mattone dallo stomaco. Spetta così a Lettera22 l’onore di fare conoscere questo simpatico personaggio, portando alla luce il segreto custodito per ben quarantott’anni tra le splendide montagne delle valli di Fiemme e Fassa.
“ 100 di questi anni” Generale D’Incal.