L’articolo è firmato dal compianto amico Roberto Contento, presente alla storica Olimpiade di Lillehammer, trionfo Azzurro nello sci mordico
Non usuale questa affermazione ma talvolta capita di condividerla e di essere orgogliosi del proprio tricolore, del proprio inno, che diventa anche il più bello del mondo.
Sono stato un uomo fortunato perchè questo sentimento l’ho provato più volte nel mio impegno lavorativo e vi assicuro che dà un senso di pienezza, che nei momenti bui e tristi della vita ti infonde certezze, conforto, è paragonabile alla vicinanza a Dio.
Non è una bestemmia, si pensi allo Scintoismo, religione di Stato fino al 1945 in Giappone, dove nazione, lavoro e famiglia sono la base di tutto, ovvero il senso e l’orgoglio dell’appartenenza.
Il 22 febbraio 1994, all’Olimpic Park Stadio di Birke Beineren, XVII° Giochi Olimpici Invernali di Lillehammer, quatto atleti italiani si sono consacrati campioni, eroi nel tempio delle prove nordiche degli sport invernali, di fronte a 250.000 spettatori, Re Arald V e la sua consorte ad attendere l’arrivo di Daehlie, il dio Thor norvegese che non ammette sconfitte.
Si doveva celebrare l’Unità dello stato Norvegese che si compì, proprio a Birke Beineren, quando, una serie di sciatori guerrieri, misero in salvo il piccolo re di 8 anni, Hakon IV, dai Vichinghi incalzati dai Danesi, eravamo verso lo scadere del XIV secolo.
Invece Davide ancora una volta con l’intelligenza, la volontà, l’orgoglio, sconfigge Golia.
All’ultimo chilometro succede di tutto: il Fauner, Sissio, il maccheroni e spaghetti italiano, fa il “sur place” con Daehlie, quasi come Maspes e Gaiardoni, gli altri avversari non ci sono, solo Norvegia ed Italia, anzi Italia e Norvegia, poi tiene testa al “dio dei Norvegesi” lo affianca, lo sopravanza, testa a testa, tiene, non molla, una scivolata e vince.
Un chilometro di tripudio, di bandiere rosse come il sangue delle balene, blu come il mare nordico ed i cieli incontaminati, bianco come la neve che piano piano si ammainano, si afflosciano, scompaiono, un urlo di incitamento gioioso che lentamente si soffoca in gola fino a scomparire e dar spazio all’urlo del silenzio: Munch.
Ero lì impietrito, frastornato, nella mia divisa azzurra che diventava ogni minuto più preziosa.
Un silenzio tombale il 5% di Norvegesi, che allora erano circa 4 milioni e trecentomila, era li.
Gli Stati Uniti avevano concesso 30 minuti di diretta alla gara, cosa del tutto inusuale per Giochi Invernali, il “Times” magazine di N.Y. concederà la copertina ai nostri eroi, i tre quotidiani Norvegesi non trovano sportivamente scuse ” gli italiani più forti sul piano tattico, tecnico ed atletico, mai in discussione la loro vittoria”, 8 milioni di Italiani in Patria avevano sospeso il lavoro nella tarda mattinata del 22 febbraio 1994 e si erano abbracciati dopo la vittoria: ebbri di gioia, con l’occhio lucido.
Poi la “Flower ceremony” sul campo: il tricolore, l’Inno di Mameli, gli occhi umidi degli eroi, dello staff italiano, il silenzio tombale, poi l’applauso forte e liberatorio dei Norvegesi , il loro “gratuliren” a tutte le tute azzurre.
Non eravamo più spaghetti, maccheroni, lasagne.
Eravamo più forti di loro: ci avevano adottati.
La sera la “Award Ceremony”, la premiazione ufficiale: ancora il tricolore, l’Inno di Mameli, i nostri tutti dipinti con porporina d’oro, ormai erano entrati nell’Olimpo, nella storia e tra gli eroi di Olimpia.
Bene tutto questo è stato rivissuto a Crevada di Susegana, ospiti del neo panathleta, Giorgio Polegato che presso la sua bottega Astoria ha ospitato l’incontro pubblico dei quattro eroi (Maurillo De Zolt da S.Pietro di Cadore, Marco Albarello da Courmayeur, Giorgio Vanzetta da Predazzo e Silvio Fauner da Sappada), il Direttore Agonistico di allora Alessandro Vanoi da Sondrio e l’allenatore Dario D’Incal di Belluno Nevegal, c’era anche il Vicepresidente della FISI del 1994 ed Assessore al fondo Luigi Ansemi da Valdobbiadene.
Il filmato della vittoria di allora ha girato per tutto il pomeriggio e la serata, Andrea Vidotti ha intervistato, vivisezionato gli ospiti, sempre attenti, spiritosi, graffianti, intelligenti. Un campione non può che essere intelligente.
Poi la cena in Val di Brunn ospiti di Astoria Polegato, 63 panathleti, il limite massimo del salone della casa di campagna dell’azienda, serata soft, tanto calore, tanta amicizia, tante battute.
Il Governatore Panathlon Area 1 Massimo Rosa ed il Past Governor e Presidente del Coni di Treviso Giovanni Ottoni a testimoniare l’eccezionalità dell’evento.
Un “grillo” spericolato (De Zolt), un “Alba” (Albarello) stimolante e signore, un taciturno ed espressivo Vanzetta, un “bocia” (Fauner) propositivo e due scatenati Nano (Vanoi) e Gufo (D’Incal) hanno animato una serata che ho voluto per celebrare 150 dell’ Unità d’Italia, i 60 anni dalla fondazione del Panathlon International e 55 anni del Club di Treviso.
Dopo 17 anni dalla celebrazione della XVII° olimpiade invernale, ricordando il 17 marzo Festa dell’Unità d’Italia, sette persone mi hanno onorato, gratificato e dato l’attestato più importante che un uomo di sport possa chiedere: la stima, unita a grande amicizia.
Tutti e sette non chiedendo una lira di rimborso, nemmeno il pernottamento: sono venuti, sono stati assieme disponibili a tutto, anche se tra loro nei 17 anni qualche screzio, qualche divisione si era palesata.
Una serata indimenticabile, dove unità e fair play hanno vinto.
Lo sport fino che vi saranno gli atleti, i campioni, gli eroi vincerà sempre.
Ringrazio ancora per questo grande regalo fatto alla mia persona e che ha gratificato il Panathlon ed il Club di Treviso.
Roberto Contento
Presidente Panathlon Club Treviso
nel 1994 Segretario Generale FISI