Di Ufficio Stampa Panathlon Roma Junior
Dopo la cerimonia di consegna del Flambeau d’Or del Panathlon International, prestigioso evento al quale il Distretto Italia ha partecipato lo scorso settembre a Roma con il Presidente Giorgio Costa e tanti rappresentanti dei Club italiani, il Presidente del Panathlon Club Junior Roma, Lorenzo D’Ilario, ha intervistato il Componente della Commissione per la Cultura, la Scienza e l’Educazione del Panathlon International, Piermarco Zen-Ruffinen (a sx della foto).
L’intervista è nata in maniera totalmente spontanea ed inaspettata in quanto nel 2021 il Presidente D’Ilario ha conseguito un diploma internazionale di specializzazione in management dello sport, il FIFA/CIES International Programme in Sports Management, presso il Pillai Institute of Management Studies and Research (Mumbai, India). Conversando con Zen-Ruffinen, Professore Emerito dell’Università di Neuchâtel di origini italiane dalla grande esperienza nel campo del diritto sportivo, con piacevole stupore ha appreso che era stato proprio quest’ultimo a fondare il CIES, noto istituto di ricerca sportiva finanziato dalla FIFA che, tra le varie attività, si occupa della formazione universitaria post lauream nell’ambito del management, del diritto e della sociologia dello sport, e quindi anche dell’organizzazione del corso internazionale da lui frequentato.
Come nella migliore tradizione aristotelica, a fare da cornice al dialogo peripatetico tra l’allievo e il maestro sono stati gli ampi e spaziosi corridoi situati all’interno del Centro di Preparazione Olimpica dell’Acqua Acetosa “Giulio Onesti”, che sono diventati teatro di una lunga passeggiata all’insegna della passione comune per il diritto dello sport.
Per tanti anni, oltre al diritto amministrativo e al diritto costituzionale, hai insegnato diritto sportivo prima di essere nominato Professore Emerito dell’Università di Neuchâtel. Qual è stata la tua esperienza nell’insegnamento di una materia come il diritto dello sport che negli anni Novanta non era certo conosciuta come oggi?
“In effetti ho avuto il grande piacere di introdurre l’insegnamento del diritto sportivo a livello universitario. Quando ho iniziato a insegnare all’università, infatti, non esisteva alcun corso di diritto sportivo in Svizzera. All’inizio non è stato facile perché ho dovuto spiegare ai miei colleghi cosa fosse il diritto dello sport e convincerli che avesse la stessa dignità accademica e professionale di altri campi del diritto, come il diritto fiscale o il diritto sanitario. In particolare, ho mostrato loro come si trattasse di una materia trasversale che abbracciava la conoscenza degli aspetti civilistici, contrattuali e pubblicistici del diritto ma che, al tempo stesso, gode di una sua autonomia e specialità rispetto alle norme giuridiche consolidate in ciascuno dei vari settori. Si pensi, ad esempio, alla regolamentazione delle competizioni, al calciomercato, al fair play, ai diritti TV, al doping”.
Nel 1994 hai fondato il Centre International d’Etude du Sport (CIES), di cui sei stato il primo direttore. Oggi il CIES è diventato una vera e propria istituzione in ambito sportivo, come è nata l’idea della sua creazione?
“Sin dal primo anno il corso di diritto sportivo che avevo inaugurato all’Università di Neuchâtel ha avuto un successo enorme. Molti studenti erano interessati a studiare lo sport da una prospettiva così innovativa! Inoltre, dopo aver iniziato a lavorare come consulente legale per varie società di calcio svizzere ed europee, tra cui Neuchâtel Xamax e A.S. Roma, ho proposto alla FIFA di investire sullo sport anche a livello accademico. Mi ero reso conto che all’interno delle varie federazioni sportive nazionali e dei club vi fossero diverse lacune dal punto di vista giuridico, e che questo fosse un freno al pieno sviluppo del calcio. Perciò ho dato la mia disponibilità alla FIFA a fondare un istituto di ricerca che potesse essere di supporto per la formazione dei dirigenti sportivi del futuro. Così è nato il CIES. Prima di dar vita al FIFA Master abbiamo organizzato varie conferenze, tra cui una sulla professione di agente sportivo, sulla regolamentazione anti-doping e sull’effettivo recepimento della sentenza Bosman nel mondo dello sport”.
Sei stato docente del modulo di diritto del FIFA Master – International Master (MA) in Management, Law and Humanities of Sport, che si svolge a partire dal 2000 proprio presso l’Università di Neuchâtel. In cosa consiste questo prestigioso corso universitario post-lauream?
“Il FIFA Master è stato una mia scommessa personale. Con gli anni è divenuto il fiore all’occhiello del CIES. Il suo programma di insegnamento ha una durata di circa dieci mesi e si svolge, con il coordinamento del CIES, in tre università internazionali: De Montfort University (modulo di scienze umane), SDA Bocconi School of Management (modulo di management) e Università di Neuchâtel (modulo di diritto). Dopo aver fondato il CIES, infatti, ho preso contatto con queste tre università perché mettessero le loro competenze accademiche a disposizione del mondo dello sport. Il FIFA Master è diviso in tre moduli. Il primo modulo fornisce solide basi sulla storia dello sport, il secondo su tematiche di economia e finanza, che in ambito sportivo presentano molte peculiarità, mentre il terzo approfondisce il diritto dello sport sia dal punto di vista statale che federativo”.
Come mai il diritto svizzero è così importante nel mondo dello sport?
“Il diritto svizzero è quello utilizzato dalle numerose federazioni sportive internazionali, tra cui FIFA, UEFA e UCI, e organizzazioni sportive internazionali, come il CIO, che hanno sede in Svizzera. Sono tanti i giovani che sperano di trovare lavoro in queste ed altre federazioni e organizzazioni sportive internazionali, quindi la conoscenza del diritto svizzero è importante”.
Per il decimo anno consecutivo il FIFA Master è stato proclamato il miglior corso post-lauream in Management dello Sport in Europa. Qual è il segreto del grande successo?
“Se sei giovane e vuoi lavorare nel mondo dello sport il FIFA Master è il posto giusto perché ti apre le porte delle federazioni sportive internazionali e, in tanti casi, della FIFA stessa, delle federazioni nazionali e dei club. Inoltre, specialmente nel mondo del calcio, ha una rete di collegamenti con tutte le federazioni nazionali in maniera tale da poter formare dirigenti sportivi anche in Africa, in Asia e nei Paesi dove il calcio è meno sviluppato a livello legale e dirigenziale”.
Negli anni hai curato diverse pubblicazioni sul diritto sportivo, qual è quella a cui sei più legato?
“Sono rimasto davvero senza parole quando ho scoperto che alcune biblioteche degli Stati Uniti avessero una copia di ‘Droit du Sport’, un manuale che ho scritto nel 2002 inizialmente come supporto al mio corso di diritto sportivo e che in breve tempo è diventato una vera e propria guida di riferimento per tante federazioni e società sportive internazionali. Da quando è stato pubblicato mi hanno contattato diverse università americane e britanniche ed è stato emozionante riscontrare da parte di tante persone provenienti da tutto il mondo un interesse così grande nei confronti del diritto sportivo”.
Quali sono al giorno d’oggi le sfide più grandi alle quali il diritto sportivo è chiamato a rispondere?
“Allo stato attuale le due sfide più grandi sono sicuramente il rapporto tra la politica e lo sport e quello tra il diritto associativo dello sport e il diritto statale. Per quanto riguarda il primo aspetto, a seguito delle sanzioni sportive contro la Russia a causa della guerra in Ucraina, con il Panathlon International abbiamo organizzato a Roma una tavola rotonda su un tema di grande attualità e importanza dal titolo ‘Gli effetti dei conflitti e della politica nello sport’, che ha riscontrato un grande successo”.
E sulla seconda questione?
“Per tanti anni le federazioni sportive hanno pensato che fossero totalmente libere e indipendenti dalle norme statali. Le norme sportive si sviluppano nel quadro di libertà che dà loro il diritto statale. Questo pone un problema al mondo sportivo. Le regole che presiedono le competizioni sportive sono internazionali e sono le stesse per tutti gli atleti. Invece le regole dello Stato sono generalmente nazionali e possono essere differenti da uno Stato all’altro. Da qui l’esigenza di armonizzare il più possibile i vari ordinamenti sportivi e nazionali in maniera tale che in ogni competizione sportiva tutti gli atleti siano sottoposti alle stesse regole”.
Nel Panathlon International sei stato nominato membro della Commissione per la cultura, la scienza e l’educazione. Di cosa ti occupi esattamente?
“Questa Commissione è nata con l’idea di creare una piattaforma ad ampio respiro che potesse favorire l’espansione del Panathlon International nel mondo. Il bilancio è sicuramente positivo ma siamo a lavoro per fare ancora meglio. A volte siamo stati troppo prigionieri del ‘fair play’, la cui promozione è fondamentale ma non dobbiamo limitarci soltanto a questo. Ad esempio, il diritto dello sport ha un campo di applicazione così vasto che si dovrebbe aprire una riflessione più ampia su come potremmo essere di aiuto alle federazioni sportive e ai governi nazionali in diversi ambiti. La tavola rotonda sul rapporto tra politica e sport va proprio in questa direzione. Inoltre, potremmo proporre anche la discussione di tematiche più trasversali, come la sensibilizzazione sugli abusi sessuali nello sport. Il Panathlon International deve essere in grado di intercettare le problematiche più attuali dello sport moderno e lanciare proposte chiare per risolverle”.
In passato sei stato anche Presidente del Panathlon Club di Neuchâtel. Ci parleresti anche di questa importante realtà?
“Uno degli errori più ricorrenti che i Panathlon Club alle volte commettono è quello di rimanere eccessivamente ancorati allo sviluppo e agli interessi della propria regione. Ma il Panathlon ha una vocazione internazionale e, anziché pensare soltanto al proprio territorio di riferimento, dovremmo cercare di sviluppare tematiche di interesse comune. Così, quando sono diventato Presidente del Panathlon Club di Neuchâtel, ho subito cercato di stringere legami con gli altri Panathlon Club, andando ben oltre i confini del nostro Cantone. Per lo stesso motivo ho coinvolto i nostri soci in varie iniziative con l’obiettivo di allargare i loro orizzonti”.
Qualche esempio?
“Li ho portati a discutere con la TV nazionale sull’importanza dello sport nei loro programmi e sulla scelta delle programmazioni sportive, anche in riferimento alla trasmissione delle discipline meno conosciute o dello sport paralimpico. Abbiamo visitato la sede della FIFA a Zurigo e avuto un confronto riguardo alla politica della FIFA. Siamo andati anche al Centro Nazionale dello Sport a Macolin, il Coverciano svizzero, dove abbiamo assistito alla seduta di allenamento di Valery Adams, campionessa olimpica e mondiale neozelandese di lancio del peso. Inoltre abbiamo organizzato diversi incontri con rappresentanti federali del mondo dello sci, che in Svizzera è da sempre uno degli sport più popolari. Ma nel mio caso l’associazionismo sportivo non si ferma soltanto al Panathlon International”.
Cioè?
“Nel 2021 con alcuni amici abbiamo fondato la ‘FeNeSpo – Fédération Neuchâteloise du Sport’, un’associazione nata con la finalità di stimolare lo Stato a investire sullo sport. Non vogliamo certo che vengano ridotti i fondi alla cultura, che a Neuchâtel è sempre stata la priorità, ma cerchiamo di far capire alle istituzioni l’importanza di sensibilizzare la popolazione, dai più giovani alle persone anziane, sui vantaggi dell’attività sportiva e motoria. Abbiamo già stilato un elenco programmatico che nei prossimi giorni porteremo all’attenzione della ministra dello sport locale, Crystel Graf”.
Il tuo nome tradisce origini italiane. Qual è il tuo rapporto con l’Italia?
“Sono nato a Domodossola da padre svizzero e madre piemontese, quindi ho avuto modo di imparare bene l’italiano sin da subito. Sono sempre stato un grande appassionato di sport tanto che il mio sogno da bambino era quello di diventare commentatore sportivo alla RAI. Ma dopo la scuola elementare i miei genitori hanno deciso di farmi proseguire gli studi in Svizzera. Qui è nata la passione per il diritto sportivo”.
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