Fiat 500 – I cinquecentisti
di Roberto Gerosa – Verona Area1 Veneto Trentino/AA
Verso la fine degli anni sessanta la piccola Fiat 500 era diventata qualcosa più di un’automobile; era un simbolo, un modo di vivere, tant’è che dal 1957 al 1968 ne furono costruite oltre due milioni di esemplari. Credo che la spiegazione di tale successo, che permane ancora oggi, sia dovuta al fatto che la 500 non abbia mai avuto un pubblico particolare in quanto la sua universalità era dettata dal prezzo, dalle prestazioni, nonché perché piaciuta a ogni livello sociale.
Ricordo che nei primi anni settanta (1973) con una Fiat 500 elaborata nel motore, nell’assetto, nel gruppo frenante (correre sì, ma in sicurezza) e con una marmitta di scarico nuova di zecca, mi recai all’isola d’Elba.
Senza dimenticare Napoleone che la scelse per il suo esilio nel 1814 (l’avrei fatto anch’io), quest’isola racchiude bellezze e storia con le sue rinomate spiagge e strutture come la Villa Napoleonica dei Mulini a Portoferraio, dove Napoleone trascorse i 300 giorni di esilio, il Forte Stella dove è situato un grande faro fatto costruire dal Granduca Leopoldo, il Forte Falcone oppure la piccola chiesa della Misericordia costruita nel 1677, dove sono custodite le reliquie di San Cristino patrono di Portoferraio, l’organo a canne del 1792, diversi lampadari scenografici, paramenti e vasi sacri del XVIII e XIX secolo e la pala d’altare del 1793 che raffigura la Madonna della Misericordia con San Cristino e San Cerbone.
La mia 500, con la marmitta “rombante”, viaggiava che era un piacere tanto che, al mio passare, non pochi mi seguivano con lo sguardo. Acquistata dopo la vendita della Triumph MKII per fare cassa, nel libretto di istruzioni si leggeva che avrebbe potuto percorrere 20 chilometri con un litro: magari! La mia, forse a causa di un piede troppo pesante sull’acceleratore, beveva tanto da “sbronzarsi”. Oggi ho una Smart Brabus, ma anche la mia “vecchia 500” era eccezionale nei parcheggi come quando, arrivato in ritardo al porto per salire sul traghetto sembrava non ci fosse più posto. Panico! Che fare? Solo un piccolo, ma per me più che sufficiente, spazio in un angolino. Tra i molti visi increduli, mi infilai dentro con un parcheggio da vero pilota e il problema fu risolto. Anche mia moglie la utilizzò per alcuni anni, apprezzandone la maggiore maneggevolezza rispetto alla precedente auto più voluminosa con la quale le capitava di girare a vuoto, lamentandosi spesso, prima di trovare un parcheggio. Oltretutto quest’auto aveva una qualità impagabile: non brontolava.
In quegli anni era un mezzo diffuso anche tra i medici di base che la usavano per recarsi dai loro pazienti; il mio medico di famiglia ne aveva una di colore bianco (come il suo camice) e, quando scendeva per entrare in ambulatorio, sembrava uscisse direttamente dall’ospedale. Oggi, invece, viene utilizzata meno. . . .
Alcuni miei amici la usavano invece per gare amatoriali nelle vicine colline mentre l’amico Angelo, che dopo la scuola raccoglieva i fiori nei campi per venderli nei ristoranti, riuscì nel tempo ad acquistarne una usata e con questa 500 sembrava di vedere il re del mondo per la felicità che sprizzava dagli occhi. Bei tempi!
Come non ricordare poi quando mi trovavo a Londra e due colleghi di studio italiani, avendo a disposizione una fiammante Fiat 500, invitarono due ragazze svedesi a uscire con loro. Nulla di strano, solo che le ragazze arrivarono accompagnate a bordo di una splendida Rolls Royce (vedi capitolo n. 35). In un secondo, il viso dei colleghi sbiancò, la piccola 500 non poteva certo competere con la Rolls, ma quando le ragazze videro “l’automobilina”, si dimostrarono entusiaste e non degnarono più di uno sguardo i possessori della lussuosa Rolls, con immediata felicità dei miei colleghi il cui viso ritornò roseo. Ancora oggi i cinquecentisti hanno in comune il piacere di stare insieme ritrovandosi in manifestazioni o gare. Con le loro auto super elaborate, con ruote speciali, trombe che suonano interi brani musicali, volanti di vari modelli, foderine e tappeti multicolore, cromature abbondanti, marmitte da urlo ed evidenti scritte tipo Abarth, spendono cifre tali che a volte superano quello dell’auto stessa. Loro sono così, e in tal modo attirano la simpatia del pubblico.
Le “vecchie” 500, alcune modificate nella carrozzeria o nel motore, dai vari Michelotti, Lombardi, Giannini o Abarth con costi che variano moltissimo tra un modello e l’altro anche in funzione del tipo di restauro, sono diventate “storiche”. Furono prodotte dal 1957, l’anno in cui l’URSS lanciò la navicella spaziale Sputnik con a bordo la cagnetta Laika, primo essere vivente a orbitare attorno alla Terra, fino al 1975. Le prime 500 progettate dal designer Dante Giacosa, avevano una cilindrata di 479cc e un costo di 490.000 lire, mentre l’attuale 500, degli anni 2000, è in listino a 16.250 euro.
“Questa è la storia, più o meno favolosa del piccolo miracolo di Dante Giacosa che in un modo o nell’altro, a dir la verità, è ancora tanto amata nonostante l’età”. -L. Masotto-
-Ringrazio come sempre tutti i lettori/lettrici e gli “affezionati” per i loro commenti.
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2 Comments
Angelo
E la famosa doppietta dove la mettiamo tra la prima e la seconda io quando mi sono sposato ho fatto il viaggio di nozze Verona , Venezia e Venezia Firenze ,e Firenze Verona e vi garantisco non ha mai perso un colpo però c’è la siamo goduta ma ora mi piacerebbe averne una a grazie Roberto si torna indietro con l’età
giacomo
aaah la mia mitica 500 f del 65 motore pompato della 126 e cerchi borrani… quante ne ho fatte e quante ne ho superate