Le relazioni delle docenti Chiara Milanese e Valentina Cavedon- Francesca Porcellato e Xenia Palazzo testimonial d’eccezione- Gli interventi di Emanuele Padoan, Silvia Boscaini e Fabio Merlino- Il patrocinio di Panathlon e Coni per dare continuità al progetto
Convegno a Marmirolo sulla ricerca scientifica
Di Adalberto Scemma – Redazione Panathlon Gianni Brera Università di Verona
“Come la ricerca scientifica cambierà lo sport paralimpico”: un tema di stretta attualità quello trattato in Sala Civica a Marmirolo per iniziativa del Comune, dell’Università di Verona (Dipartimento di scienze motorie), del Panathlon e del Coni. Al centro dell’attenzione la ricerca che due docenti illuminate, Chiara Milanese e Valentina Cavedon stanno portando avanti in vista dei Giochi di Parigi 2024. Accanto a loro, come testimonial d’eccezione, una campionessa plurimedagliata come la mitica Francesca Porcellato, e una new entry ai vertici dello sport paralimpico come Xenia Palazzo. In più due studenti prossimi alla laurea magistrale, Emanuele Padoan, centrocampista della Nazionale amputati, e Silvia Boscaini, presente da tempo nel mondo del tennis, oltre alla squadra di hockey in carrozzina dei Warriors, capitanati da Fabio Merlino.
Rispetto al passato, quando le disabilità erano racchiuse in sei voci a seconda della patologia, del grado di disabilità e delle funzionalità atletiche, oggi i tipi di impedimento sono dieci, racchiusi in tre grandi gruppi: disabilità motorie, disabilità visive e disabilità intellettive. Ed è un aspetto questo che il Dipartimento di scienze motorie dell’Università di Verona sta perfezionando attraverso il laboratorio di ricerca affidato a Chiara Milanese e a Valentina Cavedon. Perché proprio Verona? La risposta è nella qualità dell’ateneo scaligero, oggi al quarto posto nel ranking internazionale dopo aver scalato negli anni la classifica e dando continuità alle intuizioni visionarie di Walter Bragagnolo poi proseguite attraverso la regia attenta di Carlo Morandi e, oggi, di Federico Schena.
Dopo l’introduzione di Chiara Milanese, è spettato a Valentina Cavedon il compito di inquadrare sotto il profilo scientifico gli aspetti del lavoro di ricerca.
“L’incontro con il mondo paralimpico -ha raccontato- mi ha permesso di vedere lo sport sotto un’altra luce, non più come un modello preconfezionato e indeformabile cui era l’atleta a doversi adeguare. Mi ha poi affascinato il fatto che, quando si parla di sport paralimpico, non c’è un unico modello teorico a cui l’atleta fa riferimento per eseguire un gesto sportivo bensì un compito motorio e infinite modalità per eseguirlo. Sono proprio le tante peculiarità e specificità di questo mondo sportivo a rendere la ricerca scientifica tanto intrigante quanto complessa. Una vera e propria sfida”.
“Un tema molto dibattuto in letteratura scientifica -ha proseguito Valentina Cavedon- riguarda i sistemi di classificazione, il cui obiettivo è quello di promuovere la partecipazione sportiva da parte di atleti con disabilità nel più appropriato livello di rivalità minimizzando il più possibile l’impatto della disabilità sul risultato della prestazione. In altre parole, all’interno di ciascuna classe, un atleta non dovrebbe vincere solo perché la sua disabilità è meno grave rispetto a quella degli avversari. Nelle competizioni “giuste”, infatti, vittoria o sconfitta dipendono da come e da quanto un atleta si è allenato, dal suo talento individuale e da come riesce a gestire le emozioni durante la competizione. Nei suoi atti, il Comitato Internazionale Paralimpico ha sancito che, per garantire lo svolgimento di competizioni “giuste”, il numero di classi per ciascuna disciplina paralimpica e i criteri per assegnare un atleta ad una classe piuttosto che ad un’altra dovrebbero essere basati e confermati da evidenze scientifiche. È compito di chi come noi si occupa di ricerca studiare l’adeguatezza degli attuali sistemi di classificazione negli sport paralimpici ponendosi delle domande e cercando delle risposte attraverso il metodo scientifico. Le domande migliori nascono proprio dal confronto con gli atleti che sono i veri protagonisti e con i loro allenatori”.
A emozionare un pubblico molto attento hanno contribuito in larga misura gli interventi di Francesca Porcellato, atleta unica per i risultati agonistici ma anche per la sensibilità con cui sa trattare gli aspetti peculiari dello sport, e di Xenia Palazzo, che ha raccontato come in un film una vicenda umana che a tratti ha davvero dell’incredibile. Sulla medesima lunghezza d’onda, infine, le testimonianze di Emanuele Padoan, Silvia Boscaini e Fabio Merlino e l’intervento conclusivo dell’avv. Elena Betteghella, assessore allo sport di Marmirolo e vicepresidente del Panathlon Mantova Tazio Nuvolari e Learco Guerra che con il club gemello Panathlon Gianni Brera-Università di Verona ha patrocinato l’iniziativa destinata a trovare continuità: in primavera il secondo step e in autunno l’uscita di un libro-documento destinato a coinvolgere anche gli studenti di scienze motorie dell’ateneo scaligero.