SCORRETTISSIMO IL PUBBLICO, TUTTO SCHIERATO RUMOROSAMENTE A FAVORE DEL SERBO PER DECONCENTARE IL RUSSO.
Tennis Il di Alberto Capilupi – REDAZIONE G. Brera Università di Verona – Area1 Veneto Trentino/AA
Novak Djokovic ha perso con un triplo 6-4 la finale di Flushing Meadows giocando una delle peggiori kpartite della sua vita.
Irriconoscibile nel controllo dei colpi e nel sostenere gli scambi di lunga durata, cioè nel gioco in cui invece è normalmente uno dei più forti del mondo.
Ma, proprio perché si è reso conto di trovarsi in tale situazione, ha deciso di cercare punti avventurandosi verso la rete, zona che conosce meno, esponendosi così ai passanti bassi e precisi dell’ avversario.
Medvedev ha messo in campo una tattica che ormai ha collaudato perfettamente. Nella risposta alla battuta rimane molto indietro, sia in risposta alla prima che alla seconda palla, rinunciando pertanto a cercare subito il punto con colpi anticipati. Ma, rispondendo da così lontano, è come se invitasse l’avversario a portarsi avanti, rischiando quindi di cadere nella sua trappola: il russo predilige infatti tale situazione, perché riesce quasi sempre a mettere la palla sui piedi, cioè dove è più difficile eseguire la volèe. In alternativa Djokovic ha cercato anche di giocare la carta della palla corta, ma anche qui Medvedev ha saputo nella maggioranza dei casi arrivare sulla palla, grazie alle lunghe leve di cui dispone, abbinate ad un’eccellente rapidità.
Il serbo ha scelto quindi di sfidare l’avversario con un gioco verticale, soprattutto perché l’alternativa di rimanere a fondo campo sarebbe stata ancora meno fruttuosa a causa del notevole numero di errori non forzati che stava commettendo. Quindi Djokovic ha dovuto giocare così, perché si è reso conto che rimanendo a fondo campo avrebbe sicuramente perso in una giornata in cui continuava a sbagliare. Ma come mai si stava verificando tale anomalia per un giocatore come lui? Probabilmente perché anche lui è umano, nonostante sia sempre stato raffigurato come una fredda macchina, priva di sentimenti, se non quello dell’ira, che qualche volta gli ha giocato brutti scherzi. Invece anche Djokovic, forse il più grande tennista di tutti i tempi, nelle occasioni più difficili conosce l’ansia e la paura e non riesce a dominarle. Ieri è successo proprio questo, perché sapeva che sarebbe stato molto difficile battere un avversario con le caratteristiche del russo, n. 2 del mondo ma molto più giovane e grande atleta. La conseguenza è stata che non è riuscito a giocare con la solita fluidità, dando sempre l’impressione di essere piuttosto rigido, in particolare con le gambe.
Il russo, invece, ha fatto leva su un servizio inesorabile e su una notevole capacità di cambiare ritmo con improvvise accelerazioni, che gli hanno fruttato molti punti. Infine Medvedev è persino riuscito a liberarsi del fortissimo condizionamento generato da un pubblico molto antisportivo, che ha tifato contro di lui fin dall’inizio, facendolo entrare in totale confusione, dopo che nel terzo set aveva preso il largo, portandosi sul punteggio di 5-2. Nel game successivo il pubblico è stato tanto rumoroso e scorretto da deconcentrarlo totalmente, al punto che, dopo un primo match point, ha commesso due doppi falli, subendo l’unico break dell’incontro.
Persino nell’ultimo game Medvedev, dopo essersi procurato altri due match-point, ha commesso un altro doppio fallo indotto da quel pubblico così vergognoso. Ma il russo ha tenuto duro, espugnando così New York, città-simbolo dell’America.
Questa sconfitta è stata disastrosa per Djokovic, perchè in questa partita ha perso la finale degli US Open, non ha compiuto il miracolo di vincere nel medesimo anno solare tutti e quattro i tornei del Grande Slam (impresa riuscita finora una sola volta solo a Don Budge e a Rod Laver) e persino non ha superato Federer e Nadal nel numero di slam vinti (che restano 20 per tutti e tre). La posta in palio era così grande che persino il n. 1 del mondo non ha saputo controllare le proprie emozioni, rivelandosi tuttavia, anche lui, umano.