-di Ludovico Malorgio–
Quando i posteri leggeranno la storia di Antonio Conte, allenatore di calcio, resteranno sicuramente affascinati, forse anche sorpresi. Il personaggio, le sue vicende di vita e di calcio non lasciano indifferenti, perché non si è fatto mancare nulla, ha vissuto intensamente, il bello e il brutto. In oltre 30 anni, da calciatore e da tecnico ha vinto tutto. Nel suo ricco ‘palmares’ ci sono scudetti, coppe, supercoppe e una Champions con la Juventus, lo scudetto e la Coppa d’Inghilterra col Chelsea. E’ stato vice campione del mondo con la nazionale di Sacchi a Usa 1994 e vice campione europeo nel 2000, ed ha condito tutto con tre ‘panchine d’oro ‘, il riconoscimento più prestigioso per un allenatore di calcio. Professionista serio, meticoloso, attento ai dettagli, determinato, ambizioso, mai banale. E non le manda a dire. Per questo é amato e odiato, osannato e denigrato, ammirato o detestato. Sempre in prima linea sui campi di calcio, sui titoli di giornale o davanti alle telecamere. Dell’uomo di calcio si sa tutto o quasi.
VITA – Le notizie sull’uomo, la sua formazione e il suo passato, invece, sono piuttosto scarne. Chi scrive ha il privilegio di aver visto nascere e crescere Antonio Conte a Lecce, come calciatore e come uomo e può assicurare che nella vita privata i suoi comportamenti sono stati sempre improntati ad equilibrio, sobrietà, eleganza e rispetto. Qualità che col carattere di ferro e una spiccata personalità gli hanno permesso di raggiungere tutti gli obiettivi che si é posto. E’ nato il 31 luglio del 1969 nella città del barocco. Nella sua vita, sin da bambino, lo studio e il calcio hanno sempre avuto un percorso parallelo. Non ha mai deviato in un senso o nell’altro. Bravo a scuola e leader in campo. Il diploma di ragioniere, poi il diploma ISEf, infine la ciliegina sulla torta: la Laurea in Scienze motorie all’Università degli Studi di Foggia. Lo sanno in pochi, ma il ‘mister’ Conte é anche dottore, di quelli veri, non quelli ‘laureati’… dai parcheggiatori interessati alla mancia. Nel calcio é quasi un ‘unicum’, se si eccettua il grande Fulvio Bernardini già passato alla storia. Il merito del suo successo di vita é ascrivibile anche alla sua famiglia, la tipica famiglia del sud, padre che lavora (titolare di un autonoleggio), madre casalinga, figli a scuola. Certo, Antonio ci ha messo del suo, come hanno fatto anche i fratelli Gianluca e Gabriele, ma papà Cosimo e mamma Ada hanno inciso molto sulla sua formazione.
INIZI – Tra i migliori ragazzi della Juventina Lecce, la squadra di calcio di cui il papà era il presidente e il factotum, Antonio a 12 anni finì nel mirino di Carmelo Russo, responsabile del settore giovanile del Lecce Calcio, che ne chiese il cartellino. Non fu facile per ‘don Carmelo’ ottenere il trasferimento di Antonio alla Juventina, il presidente-padre lo lasciò andare in prestito solo per un anno, legando il futuro calcistico al rendimento scolastico. In poche parole, se avesse accusato un calo nella media, sarebbe rientrato alla Juventina. Antonio presto s’impose anche nelle ‘giovanili’ del Lecce, in cui in quegli anni ’80 sbocciavano fior di calciatori , Moriero, Garzya, Morello, Petrachi, Monaco, finiti tutti in serie A. Eugenio Fascetti, allenatore del Lecce, che nel 1984/85 portò per la prima volta il Lecce in serie A, notò subito quel ragazzino che in campo non si fermava mai e lo fece esordire a 17 anni. Lo chiamava ‘il gobetto’ per il suo modo di correre un pò curvo in avanti, ne rimase affascinato al punto di chiedere, scherzosamente, al ‘mitico’ presidente Iurlano il suo cartellino al posto del contratto. Furono anni felici e importanti quelli trascorsi da Antonio nelle giovanili giallorosse e nella ‘primavera’ sotto la guida di Ciccio Cartisano, un grande maestro di calcio, ma non mancarono le preoccupazioni per via di un gravissimo infortunio. In uno scontro di gioco, infatti, a 16 anni riportò la frattura di tibia e perone. Ne uscì alla grande grazie anche alla sua ferrea volontà. A Lecce fece appena in tempo ad imporsi fra i titolari di Carlo Mazzone in serie B, nell’autunno del 1991 dopo nove partite fu ceduto alla Juventus di Trapattoni per 7 miliardi di lire.
In tredici stagioni da calciatore bianconero a Torino ha conosciuto i trionfi, ma ha anche le grandi, prima per un gigantesco un ematoma provocatogli da una ginocchiata alla coscia sinistra e poi dalla rottura del crociato di un ginocchio. Ne uscì sempre bene facendo leva anche sul suo carattere di ferro.
CARRIERA – A 35 anni, dopo aver appeso le scarpe al chiodo iniziò la sua carriera di allenatore . Nel 2005 esordì a Siena (serie B), come allenatore in seconda di Luigi De Canio, l’anno dopo fu ad Arezzo sempre in B. Dopo due promozioni in serie A con Bari e Siena ed uno sfortunato intermezzo alla guida dell’Atalanta, nel 2011 prese al volo la panchina della Juventus, che lasciò per la Nazionale dopo tre anni e tre scudetti. Dopo la brillante esperienza inglese e un anno sabatico é approdato all’Inter.
PROBLEMI – Da allenatore Antonio Conte ha vissuto dei momenti piuttosto travagliati soprattutto dal punto di vista ambientale. I più accesi tifosi del Lecce, infatti, non gli hanno mai perdonato di aver accettato la panchina del Bari e di essersi calato anima e corpo nella realtà degli ‘odiati’ cugini pugliesi. Per questo motivo, quando é tornato a Lecce da avversario, é stato sempre contestato duramente e spesso offeso dai suoi ex tifosi. Antonio non ha mai fatto un passo indietro rispetto al suo passato ed ha sempre rivendicato il diritto di fare le sue scelte professionali in assoluta libertà. ‘Vado dove c’é il lavoro’, é stato sempre questo il suo credo, non ha mai derogato e quasi per ribadirlo di recente ha fatto un altro salto della quaglia accettando la panchina dell’Inter immemore delle accese polemiche con il ‘professore’, José Mourinho. Emblematico, della sua antica allergia ai colori nerazzurri, fu la polemica a distanza che ebbe Marco Materazzi, quando ad una battuta infelice del difensore dell’Inter, sul trapianto dei capelli a cui si era sottoposto, Antonio rispose che aveva bisogno anche lui di un trapianto, ma di cervello. SENTIMENTI – Sempre schietto e diretto, carismatico, apparentemente cinico. In realtà Antonio Conte, da gran conoscitore dell’ambiente calcistico e dei personaggi che gravitano in quel mondo, si é adeguato, spesso attaccando per difendersi. Nel privato é molto diverso. Uomo di sani principi, di grandi sentimenti e di ammirevoli slanci. E’ nota a Lecce la sfortunata vicenda di Roberto, giovanissimo figliolo della professoressa di italiano di Antonio negli anni di ragioneria, in coma irreversibile a seguito di un incidente stradale. Per giorni dopo l’allenamento Conte correva al capezzale di Roberto, 17 anni, e gli parlava a lungo nel vano tentativo di risvegliarlo. Non vi riuscì, ma da allora ha preso il suo posto nel cuore della prof.
Da più di trent’anni anni Antonio vive a Torino con la moglie Elisabetta e la figlioletta Vittoria . Ha con sé anche i fratelli, Gianluca impegnato con lui nello staff tecnico interista e Daniele che ne cura gli interessi. A Lecce è molto legato, torna ogni tanto per trovare i genitori e d’estate per brevi periodi di vacanza che trascorre sullo Ionio, a Porto Cesareo. Con i vecchi compagni di giochi e di calcio, tra un bagno ed una partita di calcetto, ritrova la spensieratezza e l’allegria.
La sua vita per tutto l’anno, si snoda attorno ad un pallone con i suoi ragazzi che sa guidare al successo come pochi. Lo chiamano il ‘martello’ , non si arrende mai e dai suoi giocatori pretende lo stesso accanimento. Antonio Conte nell’Inter occupa il posto che fu di Josè Mourinho . Ai tempi, lavoravano su sponde opposte, tra di loro non si sono mai amati, ma sono molto amati dai tifosi. Il ‘professore’ ha già dato, ora tocca a lui! Il dottor Conte non li deluderà.
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