–di Ludovico Malorgio-
Nel cimitero germanico di Motta Sant’Anastasia, a pochi chilometri da Catania, su una lapide di ardesia di una fossa comune é inciso il nome Carl Ludwig Long, uno delle migliaia di militari tedeschi caduti in Italia durante la seconda guerra mondiale. Da oltre 70 anni da quel sepolcro, avvolto nel silenzio, rotto solo dal fruscio dell’erba e dal canto degli uccellini, si leva forte e chiaro un messaggio di vita e di speranza che proviene dalle storie degli innocenti uccisi dalla follia della guerra.
La storia di Carl Ludwig Long, detto Lutz Long, nella sua singolare drammaticità, é una di queste. Luz é uno dei tanti ragazzi tedeschi caduti in guerra, ma in vita, ma non era stato ‘uno dei tanti’. Nel 1936, sette anni prima di morire, aveva conosciuto la gloria sportiva conquistando la medaglia d’argento nel salto in lungo alle Olimpiadi di Berlino del 1936. Quelle Olimpiadi, che nella mente di Hitler dovevano servire per propagandare la superiorità della razza ariana, ma che, invece, si ritorsero proprio contro il folle dittatore, in quanto registrarono il trionfo di Jesse Owens, atleta nero, afroamericano, vincitore di quattro medaglie d’oro. Fu il successo di Owens ad innescare, indirettamente, gli eventi che portarono Luz Long a morire in guerra a soli 30 anni. Carl Ludwig Long, nato a Lipsia nel 1913 da una famiglia di famosi accademici, amava l’atletica ed era diventando un campione di Germania del salto in lungo. Agli ‘Europei’ di Torino nel 1934 aveva conquistato la medaglia di bronzo, anche per questo era considerato un serio candidato all’oro olimpico del salto in lungo. Sulla pista dello stadio olimpico di Berlino, infatti, i destini dei due campioni si incrociarono indissolubilmente. Tra i due avversari che aspiravano medaglia d’oro nacque un’amicizia straordinaria che travalicava i confini geografici e soprattutto razziali. La vicenda umana che coinvolse i due campioni nel 1936, in pieno periodo nazista, costituisce una testimonianza che il rispetto, l’amicizia, il fair play sono sempre possibili nonostante le guerre, le divisioni e le barriere razziali. Nella semifinale del salto in lungo, infatti, accadde qualcosa che sarebbe passato alla storia come il più fulgido esempio di fair play umano e sportivo. All’Olympiastadion, davanti a centomila spettatori, si era capito subito che l’oro sarebbe stato un affare tra Luz e Jess. Ma mentre l’atleta di casa era concentratissimo in pedana, tanto da stabilire il nuovo primato del mondo in semifinale 7,73, l’americano era distratto dall’impegno nelle batterie dei 200 metri. Dopo due salti nulli, Owens rischiava seriamente di essere eliminato. Fu allora che Luz, prima del terzo e decisivo salto, si avvicinò all’atleta nero e gli sussurrò all’orecchio “Parti più indietro di 30 centimetri”, poi con un fazzoletto segnò il punto preciso di battuta. Owens accettò quel consiglio e si qualificò per la finale in cui vinse l’oro e stabili il nuovo record del mondo con 8,06 ai danni proprio di Long, che dovette accontentarsi della medaglia di bronzo. Un abbraccio tra i due sugellò una grande amicizia che spinse Owens a dichiarare, qualche anno dopo: ” Fondendo tutte le medaglie e coppe vinte nella mia carriera, nulla potrà essere paragonato al senso di amicizia a 24 carati, che in quel momento provai per Long”. Successivamente i due atleti si scambiarono una corrispondenza piena di sentimenti. A Luz quel nobilissimo gesto di fair play e l’abbraccio con Owens furono aspramente rimproverati e ritenuti addirittura un affronto al Reich da parte delle alte gerarchie naziste. Forse lo pagò con la vita. Alto, biondo, di carnagione chiara , Luz rappresentava il prototipo dell’atleta di razza ariana e non avrebbe dovuto permettersi di abbracciare un avversario nero. Sei anni dopo le Olimpiadi, nel 1942, pur avendo stabilito in nuovo primato europeo del salto in lungo con 7,90, fu richiamato alle armi e spedito in prima linea col grado di caporal maggiore, nonostante avesse la laurea in giurisprudenza. Fu una sottile e infame rappresaglia, che costò la vita al campione per aver ‘tradito’ la causa ariana. Infatti, fu ferito a morte in una battaglia dalle truppe americano e morì dopo qualche giorno in un ospedale da campo inglese. Si narra che Luz con la sua ultima lettera avesse scritto a Owens: ” Quando la guerra sarà finita vai in Germania a trovare mio figlio e raccontagli di suo padre. Parlagli di quando la guerra non ci separava, e digli che le cose tra gli uomini possono essere diverse, su questa terra. Tuo fratello Luz». E’ un manifesto ai sentimenti di amicizia e fratellanza tra i popoli, una fulgida testimonianza che i buoni sentimenti non devono conoscere barriere razziali, diversità religiose e sociali, né le guerre devono intaccarli. Da tempo, noi del Club di Lecce andiamo nelle scuole e raccontiamo questa storia. I ragazzi ascoltano in silenzio, presi e affascinati dai due Campioni che con la loro vicenda umana hanno toccato il cuore di milioni di persone in tutto il mondo. Lasciando i ragazzi così colpiti, ci viene da pensare che forse Carl Ludwig Long, detto Luz, non sia morto invano. Sarà così? Crediamolo! Per onorare meglio la Sua memoria.
Questa storia é stata raccontata nel film “Race, il “Il colore della vittoria“.