MARADONA TE QUIERO
–di Alessandra Rutili–
Ci sono uomini che nella loro vita riescono a fare cose straordinarie, lasciando una traccia di sé più profonda rispetto ai comuni mortali. Diego Armando Maradona è uno di questi uomini straordinari. Uno di quelli che, al di là dei risultati raggiunti, per il suo temperamento, o si ama o si odia.
Io lo amo.
Lo amo perché sin da bambina, vedendolo giocare, credevo fosse un funambulo, un illusionista che riusciva a tenere la palla sempre attaccata al piede sinistro. Mancino come me, quando scendeva in campo sembrava ballasse. Ragazzo dal sorriso vero e dallo sguardo sempre segnato da un velo di tristezza, tipica di molti argentini. Un tanguero del pallone. Lo amo e lo amavo perché invidiavo il modo in cui la gente lo osannava. Non per la bellezza, ma per quel carisma che solo i veri leader hanno. El Pibe de Oro mi ha stregata da bambina, ed ora, dopo 30 anni, continuo a seguire le vicende di questo uomo che, nel bene e nel male, riesce sempre a far parlare di sé. Professionista per oltre 20 anni ha ammaliato i tifosi del Boca, del Barca, del Siviglia e del Newell’s Old Boys. Stregando letteralmente Napoli. Tutti ricordano i quarti di finale contro l’Inghilterra in Messico quando segnò il famoso gol con la mano de Dios e pochi minuti dopo il gol del secolo. Tutti gli attribuiscono il merito dello scudetto del Napoli. Ma questa è solo una parte della vita di Diego. Il calciatore adorato. L’uomo Maradona, però, rimane una figura controversa della storia del calcio. Nella sua esistenza vi è una costante; la dipendenza. Cocaina prima, efedrina poi, alcool, cibo e donne. Le donne hanno segnato profondamente la sua vita. Da lui tutte volevano un figlio. La prima moglie Claudia Villafane gli diede nel 1987 la prima figlia Dalma, peccato che l’italiana Cristina Sinagra nel 1986 avesse partorito Diego J. Ci vorranno 21anni perché il Pibe riconosca la sua fotocopia. Schierato politicamente, con il Che tatuato sul polpaccio, è stato grande amico di Fidel Castro, Hugo Chavez, Memen e Cristina Kirchner. Eroe popolare dalle umili origini, sempre schierato contro i poteri forti, incarnò a Napoli la figura dello scugnizzo, che conquista il mondo. Lo specialista della rabona, guardava dal basso all’alto gli avversari. Ottimo finalizzatore riusciva a sfruttare il baricentro basso e le gambe forti per segnare reti rimaste nell’immaginario collettivo di tutti gli amanti di calcio. Appese la scarpe al chiodo, Diego tenta la carriera di allenatore. Ma è più la sua vita privata, i problemi con il fisco e con la salute, a fare notizia che i risultati raggiunti. Riappare sul campo da calcio in occasione della Partita della Pace il 1 settembre 2014. A chiedergli di partecipare sono due argentini eccellenti; il Santo Padre Papa Francesco e l’amico Javier Zanetti. Per tutti i 90 minuti giocati illumina lo Stadio Olimpico di Roma.
Perché Maradona è così un impulsivo, estroverso e geniale uomo. Un ragazzo che ha compiuto da poco 60 anni, vissuti ai 300 all’ora. Un uomo fragile nell’anima. Una fragilità che lo ha portato a rifugiarsi nella droga, nelle abbuffate per colmare un vuoto che solo lui conosce. Da piccola non avrei scommesso che sarebbe invecchiato. I ribelli muoiono giovani. Lui ora, ricoverato in ospedale per un rimuovere un edema subdurale, dovrà fare i conti con un fantasma da sconfiggere; l’astinenza. Sarà difficile, ma Maradona ci ha sempre stupito. Questa volta spero che riesca ad alzarsi per poter realizzare un sogno intervistarlo e chiedergli: “ Quante volte avresti preferito essere Diego invece che Maradona?”.
Le foto ed i video presenti su PANATHLON PLANET sono state in parte prese da Internet, e quindi valutate di pubblico dominio. Se i soggetti o gli autori avessero qualcosa in contrario alla pubblicazione, basterà segnalarlo alla Segreteria di redazione: segreteria.redazione@panathlondistrettoitalia.it, che provvederà prontamente alla rimozione delle immagini utilizzate, segnalando prontamente il nome del fotografo. Si ringrazia comunque l’autore.