di Lorenzo Fabiano della Valdonega
«Ma dove va, è matto?» E invece matto non era. I suoi calcoli Vittorio Adorni li aveva fatti per benino. Era il 1 settembre del 1968, quando il campione parmigiano conquistò l’iride a Imola, con una fuga pazza di 90 chilometri in solitaria. Al traguardo giunse con quasi dieci minuti di vantaggio sul belga Van Springel, il più ampio distacco mai registrato a un campionato del mondo. A 52 anni di distanza da quella torrida e gloriosa giornata, dal 24 al 27 settembre i pedali torneranno a girare sul circuito romagnolo, teatro dei motori a due e quattro ruote (e di tragedie, su tutte quella del 1994 che costò la vita ad Ayrton Senna). Italia batte Francia: e già questa è una notizia. Dopo la rinuncia svizzera di Martigny a causa delle restrizioni Covid che vietano nella Confederazione elvetica fino a fine settembre assembramenti oltre 1000 persone, due candidature erano sul tavolo dell’UCI: la Francia aveva proposto il percorso dell’Alta Saona (dipartimento della Borgogna-Franca Contea) incentrato sulla salita di La Planche des Belles Filles, dove sabato 19 settembre si correrà la cronometro, penultima tappa del Tour; l’Italia, Imola. L’abbiamo spuntata noi. E per più di un motivo. Primo, la sicurezza in tempi di Covid: se da un lato la situazione sanitaria francese con i contagi in vertiginosa impennata desta più di una preoccupazione, la Romagna garantisce in questo momento una sicurezza ottimale. A Imola tutto è tutto pronto con una sala stampa da 1000 posti, la possibilità di usare i box della Formula 1 per le varie nazionali (così da rimanere separati), le tribune che garantiscono la presenza di pubblico con il giusto distanziamento e le strutture alberghiere del territorio adatte a ospitare tutti i corridori. Secondo, l’aspetto tecnico: quelli dell’Uci chiedevano un percorso in linea duro come quello originario svizzero. Accontentati: 259,2 km per gli uomini con un dislivello positivo di 5000 metri, 144km per le donne con un dislivello positivo di 2750 metri. Partenza e arrivo all’autodromo Enzo e Dino Ferrari, nel mezzo un incessante mangia-e-bevi sulle colline della Romagna per poi rientrare a Imola per un circuito finale di 28,8km da percorrere 9 volte per gli uomini e 5 volte per le donne, con due salite toste e secche (3km in totale con pendenza media del 10% e punte del 14%). Percorso spettacolare che preannuncia una corsa dura e aperta a diverse soluzioni, proprio come richiesto dalla federazione internazionale presieduta peraltro da un francese, David Lappartient che ha rilasciato la segnate dichiarazione: «L’assegnazione dei Mondiali su strada in Italia quest’anno è di grande valore simbolico per l’Uci: in un Paese che ha sofferto enormemente per la pandemia Covid-19 ma ha saputo affrontarla con efficacia e coraggio, lo svolgimento del nostro evento annuale più importante sarà, a suo modo, un segnale di ritorno alla normalità in una regione dove la situazione sanitaria è ormai sotto controllo. Sono convinto – ha concluso – che i Mondiali di Imola consentiranno a tutti noi, nonostante la difficile situazione attuale, di assistere a una grande festa sportiva». Quattro titoli in palio: cronometro e prove in linea riservate alle categorie Élite maschili e femminili. Un successo su tutti i fronti per il nostro Paese, a cominciare dal presidente della Federciclismo Renato Di Rocco, la società di gestione dell’autodromo che il 10 novembre saluterà il ritorno sullo storico circuito della Formula Uno, e del presidente della Regione Emilia-Romagna Stefano Bonaccini che ha fortemente caldeggiato la candidatura di Imola. È il dodicesimo campionato del mondo ospitato in Italia: l’ultimo quello di Firenze nel 2013. Segno che qui il ciclismo è di casa.
«Spero che Vincenzo Nibali arrivi a braccia alzate come feci io nel 1968» ha detto Vittorio Adorni visibilmente emozionato. Due parole col saggio Vittorio il buon Vincenzo, forse all’ultimo treno iridato della carriera, farebbe bene a scambiarle. Lui sì, sa come si fa. Appuntamento al 24 settembre sulle strade di Romagna. L’Italia s’è desta, e non è poco; se vincerà anche, lo sapremo presto.
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