–Riflessioni su due “filosofie di gioco” contrapposte e sul cambio di “mentalità tattica” in atto nel nostro campionato.
di Romano Mattè
Nel nostro campionato abbiamo due filosofie di gioco contrapposte: il “giochismo” ed il “risultatismo”, che hanno rispettivamente in Sarri ed Allegri i due principali “testimonial”. Sarri allena il “gioco” e mette in campo i giocatori più in forma e quelli che meglio interpretano le sue idee, il suo credo tattico, che tenta ed aspira a coniugare il “bello” con il “concreto”, cioè con il risultato. Il “giochismo” è una forma di “integralismo tattico”, è l’assoluta convinzione del primato delle proprie idee, che non fa sconti, o il “tutto” o il “nulla”, o il successo o la sconfitta: non ci sono vie di mezzo!. L’allenatore è come preda di una “follia creativa”, di un’ossessione come quella che implode nell’artista, allorché questi si accinge a creare un capolavoro. È bastata però la presenza di un giocatore di grande personalità CR7 e di spessore tecnico, il più forte dell’ultimo decennio insieme a Messi, perché questo integralismo dovesse scendere a patti con la realtà, e Sarri si è dovuto adeguare, accettando suo malgrado la “diversità” di questo giocatore e rinunciando in parte alle sue idee, in altri termini, si è come si dice “juventinizzato”!. Del Napoli sarriano, che incantava con i suoi triangoli mobili e rapidi palla-a-terra, “alla Lobanowski”, con i “tagli” delle punte, con un “possesso-palla”, quasi preda dell’ossessione onanistica nel dominarla il più a lungo possibile (gioisco nel farla mia il più a lungo possibile!), ebbene di quel Napoli nella Juve vi è solo una pallida e sbiadita traccia. Allegri, per contro, è un “risultatista” (ricordiamo il paradigma bonipertiano: “la vittoria non è la cosa più importante, ma è la sola cosa che conta!”), allena i “giocatori”, mette in campo quelli più in forma e quelli più adatti a vincere quella determinata partita, ricorrendo quindi ad un massiccio “turn-over”, al contrario della filosofia sarriana, che lo penalizza pesantemente. Allegri ama un calcio concreto, pragmatico, poco dialogato, verticalizzato, il risultato prima di tutto, se poi si riesce a coniugarlo con lo spettacolo tanto meglio!. La Juve di Sarri ha dovuto affrontare anche un cambio di “mentalità tattica”, che richiede dei tempi di assimilazione, soprattutto per il reparto difensivo, che con Allegri, dovendo difendere lo spazio d’area, era divenuto quasi imbattibile. Con Max, persa palla, la squadra scivolava a ritroso, con Sarri invece si corre in avanti e la linea difensiva, per tenere squadra corta e compatta si deve alzare, lasciando campo aperto alle proprie spalle, ed esponendosi alle ripartenze avversarie, che non sempre le “marcature preventive” riescono ad intercettare. Ci si difende più di gruppo, più di reparto che di immediata “pressione” (atto individuale), cercando con sagge e studiate diagonali difensive di mantenere sempre superiorità numerica nella zona ove vi è la palla. Nel nostro calcio, è in atto da parte di alcuni giovani allenatori un cambio di “mentalità tattica”. Si tenta e si cerca di proporre un calcio più offensivo, più propositivo, tenendo sempre presente, che per vincere non bisogna subire gol!, quindi, si attacca senza perdere le equidistanze tra i reparti, e ci si difende più “alti” (ricordo, a tale proposito, l’iperbole di Klopp: “il mio miglior trequartista è la palla recuperata alta!”) , e già qualcuno vagheggia o parla di un primato del “pensiero giochista” nel nostro campionato!. Il cambio di “mentalità tattica” investe anche di conseguenza le caratteristiche dei difensori, che debbono avere buon piede nell’impostazione – Bonucci, ad esempio, è più bravo nell’impostazione e meno nella fase di stretta difensiva, al contrario di Chiellini, che ha piede più ruvido, ma è più difensore rispetto al compagno – perché più “qualità” si ha nell’uscita dalla fase difensiva e più si aiuta la finalizzazione. Guardiola su questo punto ha fatto scuola, perché preferisce arretrare a difesa un centrocampista di buon piede, piuttosto che schierare un difensore puro, che latita nella costruzione. Come si vede è un calcio in perenne divenire – come “filosofia tattica” e come “metodologie” di allenamento! – non esiste un calcio statico, ma dinamico, che accompagna, rimarca, sottolinea ogni nostra evoluzione sociale nel bene e nel male. Il calcio è la proiezione ludica della nostra società e dei suoi ritmi di vita: è come noi siamo, questo è il suo senso vero e profondo.