-di Roberto Gerosa–
I ricordi migliori mi portano ad una delle più blasonate corse automobilistiche che vedevano l’ uomo comandare e prevalere sulla vettura e non viceversa, come oggi, dove la tecnologia fa da padrona, senza dimenticare l’ importanza degli pneumatici moderni. La prima rievocazione della Mille Miglia del 1977 e quelle a seguire ricalcano, con qualche variante, il vecchio percorso di circa 1600 chilometri ( da qui in nome mille miglia) e, a differenza della storica MM che si disputò tra gli anni 1927 e 1957, sono di regolarità anziché di velocità.
Tra i piloti di allora, nomi altisonanti quali Taruffi, Castellotti, Moss, Fangio, Cabianca, Biondetti, Bandini, Nuvolari, Ascari, Villoresi, . . . con un’ unica parola d’ ordine: correre più veloce! I piloti più importanti passavano alle prime ore del mattino e poi via, via, tutti gli altri.
E’ probabile che qualche giovane scambi le rievocazioni come quelle che definiremo le originali ma che, diversamente da allora, ora sono guidate da appassionati e collezionisti, con cronometri che rilevano il tempo al centesimo e attentissimi ai pressostati (tubo gonfiato di aria collegato al cronometro dei cronometristi), che vengono sistemati sulla strada per rilevare il tempo di passaggio o di inizio/fine gara o in prove speciali concatenate.
Certamente queste rievocazioni rappresentano uno spettacolo unico di museo su 4 ruote e permettono di vedere auto di particolare interesse storico che normalmente si trovano custodite nei garages dei proprietari provenienti da tutto il mondo.
Allora, la Mille Miglia rappresentò la gara di velocità per eccellenza, che si disputò dal 1927 al 1938, nell’ anno 40’ in cui fu limitata al veloce circuito stradale Brescia / Mantova e poi dal 1947 al 1957, anno in cui cessò a seguito dell’ incidente accorso al pilota De Portago nei pressi di Guidizzolo in provincia di Mantova che causò la morte del pilota stesso, del navigatore e di altri nove spettatori. Soprannominata “freccia rossa”, durante questa gara diventata internazionale con gli oltre 500/600 equipaggi diversi pericoli ed imprevisti erano in agguato: la pioggia, che impediva una chiara visione della strada, lo sbandamento, le uscite di strada o contro un albero come accadde a Nuvolari, la carenza di benzina in certi anni; allora, ecco pronta la soluzione: alcol, benzolo o metanolo (oggi a distanza di circa settant’ anni riparliamo di girasoli, di riciclo dei rifiuti) creavano una miscela odorosa che al passaggio di alcune vetture si poteva annusare. Durante la notte sfrecciavano tra paesini contornati da spettatori, con viali alberati, curve a volte non segnalate bene, insidiosi tornanti, insomma non era certamente impresa da tutti i giorni. La frase tipica: “ Il pericolo è il mio mestiere!”. Ricordo quando, nella curva vicino alla mia residenza, una vettura andò a sbattere contro la porta d’ entrata di un negozio di macelleria, incendiandosi. Fortunatamente qualche graffio e non poche ammaccature al navigatore mentre la macchina finì mezza bruciata nonostante alcuni temerari del pubblico (io ero un bambino) accorsero con secchi d’ acqua tipo neo pompieri. Il pubblico cercava il luogo più strategico, dove i piloti avrebbero dovuto dare il meglio di se stessi, i ragazzini ed i papà con acqua e sportina dei panini, attendevano il rombante rumore del bolide in arrivo. Nessuno dei corridori o forse pochi consideravano cosa sarebbe potuto accadere se, a quelle velocità (fino a 280 km/h) e con le strade di allora, lo sterzo sollecitato avesse dato forfait, se fosse accorso un problema al tiraggio dei freni (bastava si allentasse un bullone) o scoppiata una gomma come accadde a De Portago nell’ incidente sopra descritto. Poche erano le indicazioni stradali e in alcune curve di paese considerate pericolose, li attendeva le famose “balle di paglia” che dovevano rallentare e proteggere in caso di sbandamento. I piloti che correvano in solitudine per diversi chilometri senza poter conoscere la propria posizione in classifica ne tantomeno quella degli avversari in assenza di collegamenti via radio, erano accompagnati solo dalla voglia di arrivare e perché no, da quella di vincere e di riscatto dalle condizioni precarie del nostro Paese nel dopo guerra.
Ancora oggi, alcune di queste auto si possono trovare nel museo delle Mille Miglia a Brescia .
Concludo con una curiosità: la Marca dell’ auto che ha avuto i maggiori piazzamenti è stata l’ Alfa Romeo.
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4 Comments
Stefano
Complimenti a Roberto per la professionalità ma sopratutto per la passione per i motori
Stefano
Complimenti a Roberto per la professionalità ma sopratutto per la passione per i motori
Lucio
Solo sentire nominare LE MILLE MIGLIA, mi fa sentire “il profumo” che I tubi di scappamento lasciavano nell’aria. La mia emozione passava anche da quelle sane “sniffate” che ricordo con piacere insieme al “profumo” di canfora che usciva dagli spogliatoi del vecchio Bentegodi quando giocava l’Hellas…. I protagonisti di quegli Sport occupavano la mia mente come fossero EROI quasi irragiungibili. I piloti delle Mille Miglia, erano per me irragiungibili in tutti I sensi ! … Poi qualche tempo più tardi, un giorno fui assunto alle Officine Adige , fabbrica che costruiva rimorchi. Nell’ organizzazione di vendita c’erano vari Rappresentanti e UNO si chiamava Giacomo Moioli ! era il Leggendario NORIS (nome d’arte) ! Ebbene, anche allora, quando mi capitava in Ufficio di incrociarlo per lavoro, non smetteva di trasmettermi un’ammirazione come quando, da piccolo, con mio papa lo vedevo premere sull’acceleratore della sua Lancia Aurelia B20 …. Scusate ma colgo l’occasione per annusare l’odore della mia infanzia / gioventù
Emanuele
Complimenti molto interessante. In particolare l’articolo di Roberto Gerosa.
Un saluto. Marangoni Emanuele