–Redazione “Gianni Brera”
–di Gianluca Martinelli–
Bruce Lee nacque a San Francisco nel 1940 e “tornò” subito a Hong Kong con i genitori che ebbero finito la tournée negli Stati Uniti. Bruce cresce nelle periferie della metropoli cinese ed inizia il suo percorso nelle arti marziali a causa del suo carattere esuberante che lo portava spesso a litigi pericolosi. Venne accolto nella scuola di Kung Fu del maestro Ip Man, che praticava lo stile Wing Chun e negli ultimi anni fu seguito proprio dal grande maestro in persona. A 18 anni si trasferì per motivi scolastici negli States dove fece il cameriere per sopravvivere, terminando la High School ed iscrivendosi alla facoltà di filosofia di Washington, che però non finì terminando al quarto anno. Lee in gioventù aveva appreso non solo il Wing Chun ma anche il Tai Chi dal padre, del quale prese soltanto la parte filosofica poiché la lentezza della disciplina lo ostacolava. Negli States il ragazzo continuò a studiare le arti marziali in autonomia ed essendo attratto dalle stesse in maniera totale provò diverse discipline occidentali come il pugilato e la scherma. Da piccolo Bruce Lee aveva alcuni soprannomi tra i quali “xiao long” (=piccolo drago) per il quale è famoso in tutto il mondo e “jun fan” (=ritorna ancora) datogli in occasione della partenza verso Hong Kong a soli 3 mesi di vita. Il cinese una volta in America iniziò ad insegnare arti marziali agli occidentali, col suo “nuovo” stile molto simile al Wing Chun di Ip Man denominato appunto “JunFan Kung Fu” divenuto poi “non classical kung fu” continuando a modificarsi. In seguito ai suoi continui studi sull’efficacia del combattimento creò il Jeet Kune Do. Bruce era appassionato dallo studio di quest’arte a tal punto da provare sempre nuove metodologie sia per il riscaldamento che per il rinforzo muscolare, che nel 1970 lo portarono ad infortunarsi gravemente alla schiena costringendolo a letto per circa 6 mesi, nei quali studiò e trascrisse i suoi pensieri, le sue idee e la storia del suo Jeet Kune Do; dai quali nasce il libro trascritto dalla moglie Linda “tao of jkd”. Moltissimi atleti di fama internazionale vollero allenarsi col giovane Bruce Lee per coglierne la brillantezza, tra i più noti a noi Joe Lewis e Chuck Norris. Nel frattempo ebbe l’opportunità di conoscere la moglie Linda, dalla quale ebbe due figli: Brandon, famoso per esser stato protagonista defunto nel film “il corvo”, e Shannon. Bruce fece anche l’attore ed il regista riscuotendo molto successo prima in America e poi in tutto il mondo, tra le più famose opere conosciamo “dalla cina con furore” e “l’urlo di chen terrorizza l’occidente”. Purtroppo il successo che ebbe il signor Lee non gli fu amico e fu, molto probabilmente, la causa della sua morte: fu assassinato sul set all’età di 32 anni (maggio 1973).
Il Jeet Kune Do di Bruce Lee pur essendo estremamente duttile si focalizza principalmente sulla difesa personale, seguendo per altro una filosofia abbastanza severa al contrario della difesa personale occidentale dei giorni nostri, minando alla vita dell’eventuale aggressore. Lee sosteneva che l’atteggiamento corretto dipende da una buona organizzazione interna del corpo e che la quindi fondamentale posizione di guardia sia una posizione favorevole al rilassamento e nello stesso tempo fornisca al muscolo quel particolare grado di tensione volta alla rapidità della reazione in buona coordinazione. “non essere mai rigido o teso, ma sii pronto e flessibile; è fondamentale l’equilibrio” suggerisce perciò un atteggiamento raccolto, quindi poco appariscente, con braccia e ginocchia flesse per avere la prontezza necessaria ed un ottimo equilibrio col baricentro leggermente spostato in avanti; questa è la posizione di guardia ottimale del JKD. L’arte marziale studiata da Bruce Lee conferisce elevata importanza alle estremità del corpo considerandole delle armi vere e proprie. Il JKD si sviluppa principalmente sull’abbattimento dell’aggressore, andando a colpire i suoi punti sensibili per poi destabilizzarne l’equilibrio e mandarlo al tappeto con un colpo oppure con prese di immobilizzazione proiettata. Per questo motivo il concetto di precisione, inteso come accuratezza dei movimenti, è molto importante ed è allenato al pari della potenza, della resistenza e dell’equilibrio. Bruce riteneva particolarmente importante anche la percezione ottica, che è una qualità che si acquisisce e può compensare la lentezza fisica. Un altro aspetto fondamentale di questa disciplina, come nelle altre arti marziali, è il tempismo e Lee lo interpreta più come un problema psicologico che un problema puramente atletico, deficitato dalla dispersione dell’attenzione o dalle emozioni del momento; “il vero competitore dà tutto sé stesso in ogni momento” termina Lee. Il Jeet Kune Do si sviluppa in velocità, raramente si è fermi e la difesa da un attacco è in realtà un attacco (o meglio un contrattacco); poiché l’aggressore si aspetterà esattamente l’opposto e cadrà in una prima confusione che ti darà lo spazio per agire: per questo motivo questa disciplina funziona.
Bruce Lee creò il Jeet Kune Do non solo come arte marziale ma anche come stile di vita, poiché la filosofia in esso contenuta supera il limite sportivo e comprende la totalità quotidiana della vita dell’atleta. In questa disciplina, definita un’arte senza arte, ci si focalizza molto sulla fluidità fisica e mentale che porterebbe il cultore ad essere “come l’acqua”, ovvero l’essere capace di modellarsi a seconda della situazione e non partire con un’idea già in mente. Con la frase “nessuna tecnica è tutte le tecniche” Lee conferma appunto il distacco tra mente pensante ed azione, lasciando quindi l’inconscio a governare il momento. Per Bruce era di fondamentale importanza l’essere semplici nel capire le cose e le situazioni, risolvendole quindi con semplicità. Il JKD non si propone di danneggiare o di far male; è uno dei modi mediante i quali la vita ci rivela i suoi segreti, è un passo verso la conquista dell’autoconoscenza. Io Jeet Kune Do per il maestro rispecchia esattamente la persona che lo pratica, motivo per il quale la filosofia di quest’arte si collega alla vita quotidiana dell’atleta. Secondo Lee noi crediamo più nelle cose che imitiamo che in quelle che creiamo noi stessi, poiché quest’ultime non ci danno la stessa sicurezza; l’insicurezza deriva dalla solitudine e quando imitiamo non siamo più soli. “per poter cambiare, per diventare diversi, dobbiamo prima sapere cosa siamo. Se non ci consociamo non possiamo verificare se il cambiamento è vero o falso” afferma Bruce continuando col dire che gli insoddisfatti o quelli che vogliono acquisire un’altra identità sono quelli che si conoscono meno, poiché avendo rinnegato il proprio ego non desiderato, non hanno mai potuto esaminarlo. Il pioniere del JKD afferma inoltre che la paura deriva dall’insicurezza, perché se si è assolutamente sicuri di valere o, per assurdo, di non valere allora ci sembra possibile tutto. Riflette inoltre che sia l’orgoglio che l’eccesso di umiltà sono entrambe frutto della scarsa autostima, intesa come non conoscenza delle proprie caratteristiche o della loro non accettazione. “quindi quando sentite dire che il Jeet Kune Do è diverso da questo o da quello, non vi formalizzate: è solo un nome”.
Quando iniziai a praticare le arti marziali, all’età di 5 anni, fu per una scelta dei miei genitori provocata dalle mie continue liti con i miei pari; ero preso di mira ed io rispondevo alle provocazioni in modo esagerato e spesso alzando le mani, purtroppo essendo da solo contro più persone, seppur mie pari, mi trovavo sempre a tornare a casa segnato. Inizia così il mio percorso, con ottimi traguardi sia dal punto di vista atletico che soprattutto dell’autocontrollo e della gestione delle provocazioni. Quando fui un po’ più grande iniziai ad appassionarmi a Bruce Lee, cogliendo semplicemente ciò che faceva nei miei primi anni di avvicinamento, era il mio idolo. Studiandolo scoprii che avevamo iniziato con le arti marziali per lo stesso motivo, o quasi e questo mi avvicinò a lui. Personalmente nella mia disciplina avanzai molto in fretta e già in prima media mi ritrovai nel gruppo degli adulti per allenarmi con atleti del mio stesso grado. Nella mia palestra sono sempre stato come una mascotte, ero il più piccolo e di molto, ed ero spesso coccolato nei ritiri e nel dopo allenamento un po’ da tutti gli atleti. Approfondendo la mia conoscenza su Bruce Lee iniziai, grazie al mio maestro, ad imparare a combattere con i nunchaku e mi allenavo spesso anche guardando gli spezzoni dei suoi film. Bruce è stato nella mia infanzia un riferimento, così come il mio migliore amico, sia nelle arti marziali che nella vita; anche se non avevo la costanza per mantenere un programma di allenamento così duro. Il mio essere bravo a fingere, ad impersonare soggetti e situazioni mi hanno anche portato a girare sporadiche scene teatrali e un cortometraggio natalizio al piano giovani zonale; ma spesso erano il timore e l’agitazione a farla da padrone ed in questo pensare a Lee come un attore mi aiutò ad entrare in scena sicuro delle mie possibilità. Durante il mio percorso nelle arti marziali ebbi la fortuna, nel 2013, di conoscere uno dei suoi ultimi allievi: Raul Gutierrez, ad uno stage internazionale di difesa personale tenutosi a Barcellona; un’esperienza emozionante ed indimenticabile. Colsi l’opportunità della tesina di terza media per approfondire questo personaggio, Bruce Lee, conoscendone la storia ed iniziando a leggerne la filosofia. Purtroppo gli anni seguenti furono molto confusi, l’adolescenza e le prime cotte mi portarono lontano da quel che in realtà volevo dimostrare di essere. Sicuramente la società moderna ed i suoi canoni sociali non mi hanno aiutato costringe domi spesso ad indossare delle maschere, poiché il mio “io” sembrava non andare bene. Inizia così la mia carriera calcistica nel 2016, passione nata 2 anni prima in occasione del primo memorial in onore del mio defunto zio a cui ero molto legato, ricca di soddisfazioni sociali tra pari che le arti marziali non sono mai riuscite a darmi.. ed ho lasciato tutto a metà fino a che, addirittura, una stagione mi concentrai esclusivamente al calcio raggiungendo livelli neanche immaginati quando iniziai. Col tempo però, i continui infortuni mi bloccarono e finalmente tornai a studiare le arti marziali nel 2018 culminando il mio percorso “adolescenziale” con la cintura nera. Quest’estate a lavoro ho conosciuto una collega, arrivata nuova in albergo, con la quale ho iniziato un percorso più esoterico alla scoperta delle energie e sul togliermi quelle maschere nominate in precedenza. Ora più che mai torna di nuovo ad affiorare Bruce Lee nella mia vita, con le sue idee e la sua filosofia sulla semplicità e sulla fluidità: il concetto di modellarsi alla situazione per risolverla facilmente pur restando integri nel proprio essere. Sto implementando i miei studi su Lee iniziando, anche grazie agli studi di didattica pedagogia e psicologia all’università ed al percorso che sto facendo sulla mia energia, a comprendere molti più concetti ed a riconoscermi maggiormente in molte cose citate da Bruce. Grazie a questo esame, sto avendo la possibilità ma soprattutto l’input giusto ad analizzare meglio i testi di Bruce Lee, trovandomi spesso a dover lavorare anche su me stesso per capire alcuni concetti. Il mio ultimo infortunio, insieme al periodo di lavoro invernale ed alla lettura di alcuni paragrafi del libro “Tao of Jeet Kune Do”, mi ha portato molta più autoconsapevolezza. Sto riflettendo molto sulle parole del maestro Lee riguardo al conoscere sé stessi arrivando spesso alla conclusione di iniziare a conoscermi solo adesso per come sono veramente; ho sempre vissuto nell’immagine che gli altri avevano di me e questo non sempre è stato positivo, ma ora sto iniziando a capire chi sono e che in realtà non c’è nulla di più semplice nel rispettare la persona che sono, sto riconoscendo giorno dopo giorno le mie potenzialità e i miei limiti, sto iniziando a conoscermi e a rispettarmi. A differenza di Bruce io mi reputo molto meno aggressivo, cercando in tutti i modi prima il dialogo e forse una parte di lui avrebbe fatto la stessa cosa, cercare di capire il perché prima di risolvere le cose; anche se in realtà dai sui scritti si deduce che se qualcuno avesse osato aggredirlo fisicamente, non avrebbe dato molto spazio alle parole tra un colpo e l’altro. Ma una cosa è certa, mi sta aiutando a capire ed accettare me stesso invogliandomi indirettamente a farlo con i suoi scritti.
VIDEO; https://youtu.be/pE6Bm1iUmbg?t=4
Ecco perché ho deciso di approfondire lui, il mio idolo, colui che riesce a capirmi ed aiutarmi non avendomi mai conosciuto, il mio invisibile compagno, Bruce Lee.