–Dietro la bellezza di un’Olimpiade ci sono sempre fatti e persone sconosciuti, così anche in quella di Stoccolma del 1912.
–di Adriana Balzarini
Donne…
“La decisione di far partecipare un certo numero di donne a Stoccolma era stata presa dal C.I.O. nella sessione del 1910. Il tema di quello che oggi chiamiamo “quote rosa “ comincia dunque a far capolino nonostante queste partecipazioni non intaccassero il pensiero di de Coubertin che, ribadì in un articolo pubblicato sulla Revue Olympique , “ Riteniamo che i Giochi olimpici debbano essere riservati agli uomini… forse che domani ci saranno delle corritrici o delle giocatrici di football? Questi sport praticati dalle donne costituirebbero uno spettacolo raccomandabile davanti alle folle che un’olimpiade riesce a riunire? Riteniamo che non si possa pretendere una simile cosa”. l’Italia si presentò ai Giochi solo al maschile perché lasciò a casa, anche se risultò iscritta alla prima batteria di qualificazione nella gara di tuffi la prima donna italiana, Elda Famà. Dovette purtroppo rinunciare all’ultimo momento perché risultò “una donna sola” non trovando lo chaperon … quindi sarebbe stata una donna disdicevole. Rinuncerà a malincuore di non poter essere la prima donna italiana ai Giochi e questo titolo spetterà ben otto anni dopo a Rosetta Gagliardi.
Pierre de Coubertin e i concorsi
I concorsi furono voluti proprio dal barone per affiancare alle prove sportive anche la cultura. Si tennero per la prima volta proprio nei Giochi del 1912 ma l’idea era una sua richiesta già effettuata nel 1906. Venne consegnato fra altri elaborati anche un componimento letterario dal titolo “Ode allo sport” scritto in tre lingue. In realtà era stato scritto dallo stesso De Coubertin con l’aiuto della moglie, naturalmente sotto falso nome: Georges Hohrod e Martine Eschbach. Vinse ! Lo stesso De Coubertin disse in seguito che aveva voluto colmare il vuoto provocato dal mancato invio di opere letterarie.
Maratona con sorprese : un disperso e un morto
Siso Kanakuri disputò la sua maratona come concorrente per il Giappone; a quei tempi l’interesse per lo sport in Giappone non era molto vivo ma decisero di selezionare alcuni giovani nelle scuole per fare in modo che potessero presentarsi all’appuntamento olimpico: ne scelsero due dopo una selezione fra novanta studenti. Uno di questi fu Siso Kanakuri con il suo compagno di classe Yahiko. Per permettere ai due di partire fecero una colletta fra i famigliari e i componenti della scuola che i ragazzi frequentavano e dopo un viaggio interminabile fra navi, treni lungo tutta la transiberiana, pasti rimediati e freddo arrivarono a Stoccolma, certamente non in condizioni ottimali. Orgogliosi di sfilare alla cerimonia inaugurale si presentarono con cartello e bandiera. Yahiko fu il primo dei due a gareggiare ma non fece una buona figura nei 100, 200, e nei 400 si ritirò alla semifinale perchè troppo affaticato. Le attenzioni si concentrarono a questo punto su SisoKanaKuri. Partì insieme a tutti i concorrenti con un clima torrido ma di lui non si seppe più niente e ci si è chiesto per molto tempo cosa fosse accaduto a quel giovane atleta… In verità scomparve! All’epoca, all’insaputa, non solo della scuola che frequentava, deteneva il primato mondiale ma pochi addetti ai lavori lo sapevano, quindi la possibilità di conquistare una medaglia non era per lui solo un sogno ma si sarebbe potuto concretizzare in un grande risultato storico. Se non che a circa 12 km dal traguardo venne invitato a bere a casa di uno spettatore, si sedette , scambiò due parole e consumò, anche se il regolamento non prevedeva ristori ed interruzioni. Si adagiò sulla poltrona per riprendere le forze e purtroppo per lui si appisolò al punto che quando si risvegliò era sera e la gara era ormai terminata. Il risveglio fu talmente amaro che dalla vergogna alla chetichella riuscì a ripartire in incognito per tornare a casa senza avvisare nessuno e l’organizzazione a quei tempi lo diede come disperso. Nel 1967, un giornalista lo ritrovò, venne a questo punto invitato a Stoccolma e potè così tagliare il traguardo nello stadio olimpico, quello stadio in cui non era mai entrato. Finì così la sua maratona con un record imbattibile: la sua maratona terminò 55 anni dopo la partenza con il taglio del nastro all’arrivo.
Partirono in 68 ma solo 34 riuscirono a terminare la maratona dei Giochi di Stoccolma e dopo il disperso, sopra descritto, ci fu anche un morto per disidratazione. L’atleta fu Francisco Lazàro, portoghese, che senza avvisare nessuno decise, visto la temperatura caldissima e la sua carnagione molto chiara , di proteggersi dai raggi di sole usando una cera che aveva nell’officina in cui lavorava. Pensava di proteggersi dalle ustioni che il sole gli avrebbe procurato invece la cera i sciolse entrando in tutti i pori della pelle ed eliminando di fatto la sudorazione. Al 30esimo km stramazzò al suolo per poi morire nella notte in ospedale. Il regolamento aveva deciso che nessun atleta potesse essere aiutato e cosi Francisco non venne aiutato subito dagli addetti ma solo al termine della gara quando ormai lo trovarono con una febbre altissima e le convulsioni. Venne portato in ospedale ma durante la morì perché la cera che si era sparso sul corpo aveva impedito una naturale traspirazione portandolo ad un grave squilibrio e ad una disidratazione irreversibile. Fu il primo caso di morte di un atleta durante Giochi.
La lotta al limite di Martin Kleim
Un incontro di lotta che segnò un record nella storia della disciplina sportiva. Nella greco-romana, Martin Kleim e Alfred Asikainen duellarono per 11 ore sotto il sole cocente per aggiudicarsi la finale. Al Termine vinse Klein (lettone ma di origini tedesche che gareggiava per la Russia). Era talmente esausto al termine del combattimento che non sriuscì a presentarsi per la finale che vide lo svedese Claes Johanson vincere, a questo punto, il titolo olimpico senza combattere.
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