–Alberto Braglia
–di Adriana Balzarini-
Da umile garzone a grande ginnastica … per poi ritornare un povero dimenticato da tutti!
Un ragazzo che da garzone diventò il ginnasta più forte di tutti i tempi perché appena terminato il lavoro i suoi pomeriggi li passava presso una palestra della sua città. Partecipò a due Olimpiadi e vinse sempre nelle discipline in cui si presentò ai Giochi senza dimenticare la sua presenza anche ai Giochi intermedi di Atene dove venne chiamato per rappresentare l’Italia. Anche in quel frangente portò a casa due medaglie d’oro. Al termine delle gare, ai suoi tempi i giudici non utilizzavano il punteggio con i numeri ma votavano dando giudizi, lui risultò uno dei pochi ginnasti ad ottenere sempre ottimo; ed ancora oggi è considerato uno dei più grandi ginnasti della storia. Era un ragazzo timido e dalle poche parole, forse anche per il suo problema di balbuzie ma sapeva bene che per fare ginnastica non serviva parlare ma allenarsi, allenarsi e ancora allenarsi, ricercando sempre la perfezione.
Era l’atleta che sugli attrezzi, cavallo, anelli, sbarra, parallele ed esercizi obbligatori faceva quello che voleva lui, erano irripetibili, come sottolinearono i giudici ai Giochi di Stoccolma, perché incarnavano la sua immaginazione del momento. Forse tutto questo era dovuto perché il giovane Braglia non iniziò, come molti giovani del tempo in palestra ma, vista la sua timidezza, non osò entrare in palestra della “Panaro” chiedendo di provare gli attrezzi. Non rinunciò comunque al suo sogno e si organizzò una palestra in un fienile appendendo corde al soffitto e iniziando a volteggiare con sotto della paglia per attutire le cadute. Capovolse una mangiatoia e la fece diventare il cavallo e con le travi costruì le sbarre su cui allenarsi. Grazie ad un suo amico, proprietario del fienile unico che sapeva di questo suo sogno, lo fece saper al guardiano della palestra e da quel giorno, dopo esser rimasto esterrefatto di fronte a quei volteggi fece in modo che anche lui potesse entrare nella palestra, palestra sognata ma che pensava non fosse possibile per lui frequentare visto le sue umili origini. Da quel giorno non smise mai di allenarsi, dopo il lavoro alla mattina e nel pomeriggio prima di entrare nel forno per lavorare tutta la notte. Iniziò così a vincere gare su gare e grazie alla sue capacità, su segnalazione del presidente della palestra fu invitato ufficialmente a festeggiare il decennale dei Giochi di Atene.
Incontrò tutti i grandi atleti ma lui vinse su tutti. Due anni dopo ripeté a Londra la sua performance e due anni dopo a Stoccolma per la terza volta vinse tutte le specialità della ginnastica. “Unico irripetibile ed indiscusso migliore ginnasta al mondo” venne definito.
Il rientro a Modena dopo Stoccolma fu trionfale, tutta la città lo accolse con il sindaco in testa e dopo i grandi festeggiamenti pubblici nel palazzo comunale il sindaco gli lesse la lettera dei complimenti del Re Vittorio Emanuele III e gli porse l’invito per andare da lui perchè voleva stringergli la mano. Durante l’incontro, alla richiesta del Re cosa desiderasse come ringraziamento per aver onorato l’Italia Braglia con la sua voce tremolante chiese di poter essere assunto come bidello delle scuole della sua città. Divenne così il bidello della scuola di giorno e acrobata in estate sfruttando le sue doti di ginnasta. Guadagnò parecchi soldi, iniziò anche a calarsi nel ruolo di alcuni personaggi chiamato dal “Corriere dei piccoli”. Divenne famoso al punto che venne addirittura chiamato ad esibirsi in alcuni teatri del mondo. Lo applaudirono Lo Zar di Russia, la regina Mary d’Inghilterra, i reali danesi mascherandosi nelle esibizioni dei personaggi “Cirillino” e “Fortunello”.
Diventato benestante tornò a Modena dove investì i suoi soldi in terreni e case ma purtroppo investì anche in imprese che andarono in malora perdendo a sua volta tutto. Grande ginnasta ma pessimo amministratore dei suoi averi perse tutto al punto di ritrovarsi alla mensa comunale per potersi sfamare, ormai sconosciuto ai giovani e dimenticato dagli adulti. Morirà nella povertà a settant’anni solo in un letto d’ospedale andando al camposanto accompagnato dai suoi ultimi averi depositati sulla bara: la maglia nera della società Panaro di ginnastica della città e una vecchia fotografia del 1912 con le tre corone appassite, segno delle sue vittorie olimpiche.
Fortunatamente dal febbraio del 1957 lo stadio della città di Modena ha assunto la denominazione di “Stadio Alberto Braglia”, in omaggio al più grande ginnasta italiano.
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